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 2009  febbraio 11 Mercoledì calendario

ISRAELE, LA LIVNI IN TESTA MA IL VOTO RAFFORZA LA DESTRA

Il partito di centro, Kadima, guidato Da Tzipi Livni, in testa con 28-30 seggi. Il Likud del leader conservatore Benyamin Netanyahu secondo, distanziato soltanto di un paio di deputati. Israel Beitenu, la formazione d´estrema destra proiettata da Avigdor Lieberman verso un traguardo fino a ieri impensabile.
 la terza forza politica israeliana, con 14-15 seggi avendo realizzato un sorpasso, questo sì storico ai danni del partito laburista, relegato al quarto posto con 12-13 rappresentati.
 questo il verdetto provvisorio degli exit poll lanciati dai principali canali televisivi israeliani. Le cifre suggeriscono il massimo della prudenza nel trarre le dovute conclusioni. Ma il quadro che ne emerge è persino più complesso del precedente, al limite dell´ingovernabilità, Basti riflettere sul seguente dato: la vittoria andrebbe al partito di centro ma la maggioranza dei seggi è appannaggio della destra. Tanto che qualcuno, ad urne ancora calde e a conteggio appena iniziato, s´è spinto a sollecitare una riforma elettorale che assicuri la stabilità.
Detto che, come è successo molte volte in passato, alcuni dei dati forniti in questa fase potranno subire importanti aggiustamenti alla luce dei risultati definitivi che si conosceranno soltanto stamani, va aggiunto che gli stessi exit poll già incoraggiano aspettative e speculazioni sul futuro assetto di governo. Entrambi i principali contendenti, per cominciare, pur evitando di rivendicare la vittoria, fanno sapere di poter riuscire a formare il nuovo governo. Ma che tipo di governo? I primi dati assegnano al blocco della destra 62-64 voti contro i 52-56 assegnati al blocco di centro-sinistra. In teoria Netanyahu potrebbe raggiungere la maggioranza mettendo insieme il Likud, Israel Beitenu (Lieberman), i partiti religiosi e gli scampoli dell´ultradestra confluiti nella Unione Nazionale. Questo è un dato di fatto.
Ma quale tipo d´accoglienza avrebbe un governo siffatto da parte di quei settori della comunità internazionale fautori della ripresa del negoziato coi palestinesi, del dialogo con i paesi arabi moderati e di una soluzione equa del conflitto mediorientale? Per dirla in parole povere si può immaginare qualcosa di più lontano dai propositi di Barak Obama delle idee xenofobe propugnate da Avigdor Lieberman? E vorrà Netanyahu, sempre che le urne confermino il successo delle destre, relegarsi ad un ruolo nella migliore delle ipotesi di guardiano dello status quo? Il punto è che nelle elezioni israeliane chi vince non è il partito (e dunque il candidato premier) che ottiene il maggior numero di voti ma quello che è in grado di ottenere il sostegno di una maggioranza di almeno 61 voti su 120. Non è una legge, ma una consuetudine che il presidente, sentiti gli altri protagonisti della scena politica, conferisca l´incarico al leader del partito di maggioranza relativa.
Tzipi Livni, che allo stato degli atti non ha una maggioranza di almeno 61 voti, dovrà dunque puntare su un governo di unità nazionale, imbarcando il Likud e il partito laburista, soltanto per citare i maggiori. Nessuna sorpresa, perché questo è stato il disegno coltivato dalla Livni in questa campagna elettorale e ribadito anche ieri sera da due pezzi grossi di Kadima, il vicepremier Haim Ramon e la speaker della Knesset, Dalia Yitzhik. Per Ramon, lo stratega del Big Bang da cui nacque Kadima, già negli exit poll si può vedere il successo dell´idea politica di centro, non degli estremismi. Per cui, secondo Yitzhik la Livni stavolta riuscirà a formare il governo, cosa che non le riuscì all´indomani delle dimissioni di Olmert, fallimento che portò alle elezioni anticipate.
Sarà comunque difficile capovolgere il successo di Lieberman nella sconfitta della destra. Di sicuro, qualunque sia l´aggiustamento che verrà coi dati definitivi, è lui, il leader di Israel Beitenu, il nuovo ago della bilancia. Senza il contributo di Lieberman non potrà esserci una maggioranza di destra, così come sarà molto difficile che la Livni, se il suo disegno andrà in porto, possa resistere alla tentazione di coinvolgere anche Lieberman, non fosse altro che per guadagnare un margine di manovra nei confronti di Netanyahu e di Barak. In questo senso, Israel Beitenu in queste elezioni ha preso il posto che era tradizionalmente del partito ultraortodosso sefardita Shas, dato a 9 seggi, in discesa di tre rispetto ai 12 ottenuti la scorsa legislatura.
Il primo dei leader a presentarsi davanti ai riflettori è stato Ehud Barak, il perdente. Presentatosi ai blocchi di partenza con un partito forte di 19 seggi, se ne vede oggi riconoscere soltanto 13-14. Una sconfitta netta, ma non tale da costringere Barak ad una inversione di rotta verso l´opposizione, come suggerito da altri esponenti laburisti. Barak ha promesso che resterà leader del partito e al servizio del popolo israeliano, senza il timore di andare all´opposizione ma senza dare nulla per scontato. Dunque, tutte le possibilità restano aperte.