Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 11 Mercoledì calendario

NEW YORK

La scure dei tagli si abbatte nuovamente sul personale di General Motors. Il colosso di Detroit annuncia altri 10 mila licenziamenti di lavoratori salariati entro la fine dell’anno per far fronte agli impegni assunti col governo al momento dell’erogazione degli aiuti federali. La manovra riguarda in particolare i colletti bianchi destinati a ridursi del 14% a un totale di 63 mila unità. Solo negli Usa i tagli saranno 3400, pari al 12% dei lavoratori. Nel piano presentato alla fine dello scorso anno in Congresso, Gm si era impegnata a ridurre complessivamente la forza lavoro entro la fine del 2012, da 96.537 unità a una quota compresa tra 65 mila e 75 mila dipendenti. I tagli saranno effettivi dal 1 maggio così come quelli sulle retribuzioni dei dipendenti che rimangono in azienda. I dirigenti vedranno la loro busta paga decurtata del 10%, mentre per gli altri le riduzioni saranno tra il 7% e il 3%.
Per dare il buon esempio lo stesso amministratore delegato, Richard Wagoner, ha accettato di lavorare per un dollaro l’anno fino a quando Gm non avrà ripagato il prestito governativo. La stretta rientra nel più vasto programma di rilancio aziendale che il primo produttore americano di auto deve presentare a Washington entro il 17 febbraio per avere accesso all’ultima tranche di aiuti. Sino ad oggi Gm ha ricevuto 13,4 miliardi di dollari ed avrebbe diritto ad altri quattro miliardi, ma se l’esame del governo non dovesse dare esito positivo potrebbe essere costretta a restituire tutta la somma ricevuta.
I vertici di Detroit inoltre sono pronti a chiudere nuovi impianti, mentre Uaw, il principale sindacato di categoria deve da parte sua acconsentire a ridurre i salari ai livelli dei dipendenti degli stabilimenti giapponesi in Usa. Per il gruppo, che alla fine del 2009 vedrà partire il vicepresidente Bob Lutz sostituito da Thomas Stephens, si tratta di una lotta contro il tempo, dopo il nuovo calo delle vendite registrato in gennaio (-49%), l’arrivo di una nuova trimestrale pesante, e il ritorno dello spettro dell’amministrazione controllata. Il Tesoro Usa è infatti ricorso alla consulenza di un grande studio legale per valutare l’opzione di diventare il primo creditore da rimborsare, in caso di fallito accordo.
Francesco Semprini