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 2009  febbraio 10 Martedì calendario

TANTI SUCCESSI UN GRAVE ERRORE: COMPRARE FERRE’

Ci ha provato fino all’ultimo, Tonino Perna, classe 1947, a tenere duro. Incontri con le banche, tentativi di cedere Ittierre o di fare entrare un fondo austriaco che ricapitalizzasse la holding per ridare energia al motore ormai grippato della sua It Holding. Ma alla fine anche Tonino l’industriale - molisano come l’altro Tonino, Di Pietro, ma di Pettoranello, provincia di Isernia - ha dovuto arrendersi di fronte all’evidenza: chiusi i rubinetti del credito, non ha potuto che alzare bandiera banca. Ma a sentire banchieri e consulenti il declino attuale parte da lontano. «Il suo errore - nota qualcuno - è stato quello di aver affiancato la sua originaria strategia di licenziatario di marchi, un lavoro che sa fare molto bene, alla gestione diretta del marchio». E quell’errore arriva tra il ”99 e il 2000, quando acquista il suo gioiello, la Gianfranco Ferré, la griffe dello stilista scomparso nel giugno di due anni fa, «che pagò cara, indebitandosi, senza farla poi diventare davvero redditizia», nonostante oggi sia in bonis e rappresenti l’asset più ambito da piazzare sul mercato. Ma proprio i debiti, accumulati negli anni dall’imprenditore amante dell’arte e che sognava di costruire il primo polo del lusso italiano, l’hanno portato a fare un passo indietro. Attorno a lui si è creata una tenaglia senza via di scampo, fatta di azioni in pegno sui finanziamenti e garanzie dei marchi sui bond emessi. Una prigione da cui ha tentato invano di evadere. Lui che con le banche ha sempre avuto un rapporto di vicinanza, dalla Efibanca che lo ha sorretto fin dai tempi di Fiorani alla Banca Popolare del Molise di cui è stato presidente. Per diversificare acquisirà, per poi cederla a Citigroup, perfino Diners Italia, il marchio di carte di credito oggi scomparso. Senza dimenticare una digressione nell’editoria, con l’acquisizione temporanea della parmense Franco Maria Ricci.
Tutto era partito da Pettoranello e da Isernia per finire in Lussemburgo, dove ha sede la sua holding di controllo. Fin da giovane ha spirito d’artista. Piglia la maturità artistica, a Napoli conclude gli studi presso l’Accademia delle belle arti. La laurea in economia arriverà ad honorem. Pensa all’impiego pubblico, ma si decide per l’imprenditoria. E’ il 1971 e, col fratello Remo (ma il sodalizio industriale terminerà), fonda quella che sarebbe diventata l’Ittierre, che quoterà in Borsa nel ”97. Comincia con i jeans «Pop 84» e non si ferma più. Acquisisce licenze e raggiunge un portafoglio ragguardevole, da Dolce & Gabbana a Versace, da Cavalli ad Husky. E poi i marchi, da Romeo Gigli fino a Malo, Extè, Ferré. L’ultimo gioiello che paga il prezzo di un’ambizione costata sempre troppo cara.