Domenico Quirico, La stampa 10/2/2009, 10 febbraio 2009
LA GUERRA DEI DUE BOSS BRUCIA IL MADAGASCAR
La Spiegazione, per decine di morti nella strade di Antananarivo e per i saccheggi dei grandi magazzini che sono sempre la fase iniziale e purtroppo spesso anche unica delle «rivoluzioni» africane, è nella guerra tra due uomini di affari, ricchi, voraci e senza scrupoli. Marc Ravolamanana, il presidente del Madagascar e Andry Rajoelina detto TGV il sindaco della capitale: due tipi polposi, piccanti.
Innanzitutto il presidente. Meglio qualcosa di più: proprietario del primo gruppo economico del paese, «Tiko», uno Stato nello Stato. Specializzata nell’agroalimentare, l’azienda, imbarazzante coincidenza, è cresciuta e si è moltiplicata a partire dalla sua elezione. All’inizio degli anni novanta infatti produceva solo latte e aveva, secondo un ex dirigente dell’ufficio imposte, una cifra di affari pari a quella «di una piccola drogheria».
Contemporaneamente il dinamico e fortunato industriale avvertì una irresistibile pulsione a lanciarsi in politica. Fondò un partito che aveva una assonanza sonora con l’impresa («Tiako i madagasikara» amo il Madagascar) e divenne sindaco della capitale con una campagna elettorale da nababbo. Soldi ben spesi: una impresa di lavori pubblici, che aveva appena costituito, ottenne l’appalto del tirare a lucido i ruderi della città. Dal 2002 con la ascesa al Palazzo del boss è stata per Tiko una baldoria di investimenti e sinergie milionarie: riso, olio, costruzioni, supermercati, televisioni, radio, due quotidiani. Sarà per questo che hanno soprannominato Ravalomanana, tra invidia e ammirazione, «il Berlusconi dei tropici».
I malgasci sono gente paziente come tutti i poveri, i grandi lavori della Tiko non hanno portato loro un soldo. Ma hanno sempre sopportato; qui il conflitto di interessi è un concetto esotico, il presidente in fondo è padrone, lo Stato è suo, si è indulgenti sotto il bel cielo d’Africa. Hanno sopportato questo scirocco morale fino a quando non hanno letto che Ravolamanana aveva intenzione di comperare un nuovo lussuoso Boeing presidenziale. E che aveva affittato 1,3 milioni di ettari di terre incolte, la metà del Belgio per capire, alla coreana Daewoo che vuole trasformarle in un grande business agricolo. Pazienti, poveri, certo ma anche patrioti. Non si svende il paese.
E allora hanno cominciato a prestare ascolto alle accuse del grande rivale, Andry TGV, il sindaco che ha appena 34 anni, autoproclamato ripulitore di angolini corrotti. Quando vinse le elezioni nel dicembre del 2007 era politicamente nessuno : un ex DJ che aveva inventato le serate «live» dove faceva ballare, all’Hilton, tutta la gioventù ricca della capitale, poi industriale della pubblicità. E oggi, come da due settimane, la plebe dei suoi sostenitori, decine di migliaia di persone, cola giù come lava inferocita dalla collina di Andohalo, fino alla avenue dell’indipendenza, dove lui la incita alla insurrezione contro il presidente corrotto. Domenica hanno tentato l’assalto al Palazzo, la guardia presidenziale ha sparato; almeno 40 morti. Ieri il ministro della difesa si è dimesso: «Dopo la strage non sto più in questo governo», ha detto Cecile Manorohanta.
«Andry TGV» è diventato sempre più ricco, ha sposato una ragazza dell’alta borghesia della capitale, ha costruito una Disneyland malgascia. Il suo colpo più sensazionale, però, è stato aver fatto esibire a Tana Michael Jackson. La sfida diretta al presidente l’ha lanciata appunto comperando una catena di radio e televisioni. Senza però dimenticare di fare carità e assistenza nei quartieri più diseredati. Tutta l’opposizione è riunita attorno a lui. Si è proclamato capo di una «Autorità di transizione» (è troppo giovane per essere eletto presidente), ipotizza la famosa operazione di Graziani: «PG» ovvero pulizia generale, e punta tutto, con grande rischio, sul sostegno della strada (e di alcuni ambienti affaristici che vogliono prendersi gli appalti del presidente miliardario). Tra i due chi ha il businnes migliore?