Matteo Pandini, Libero, 7/2/2009, 7 febbraio 2009
CI MANCAVA GENCHI, L’ORECCHIONE TRUCCATO DA MARTIRE
«Un grande». Di più: «Un eroe». Ancora di più: è come «Falcone e Borsellino». Ore 15,40 di ieri. Basta un clic su internet: Facebook è un sito dove, se ti iscrivi, incontri una moltitudine di persone. Vip, amici, parenti, quel vicino di casa con la faccia un po’ così. Lo chiamano social network. Oltre a una lista interminabile di personaggi (è una sorta di elenco telefonico, peschi tutti o quasi) ci sono gruppi a cui si può aderire per sostenere una causa o proclamarsi tifosi di questo o quest’altro.
Ebbene, ci sono un paio di club virtuali dedicati a Lui, Gioacchino Genchi martire. Uno conta 773 iscritti, l’altro 36. Le cifre sono destinate ad aumentare. I suoi tifosi lo riempiono d’elogi. Gli dicono: grazie, non mollare, resisti, non siamo in una democrazia, spero di incontrarti presto. In altri dieci casi ci sono utenti che chiedono al popolo di Facebook di sposare cause quali ”Sosteniamo Gioacchino Genchi, siamo tutti con lui” (c’è chi ha convinto 1.743 persone), ”In nome della giustizia non toccate Genchi” e via andare. Il grido di battaglia è: resistere, resistere, resistere. Udite udite, i gruppi contro l’ex consulente di de Magistris sono zero. Strano, per il popolo di internet. Nel web per ogni nuovo personaggio, dalla concorrente nevrotica del Grande Fratello fino all’ultimo acquisto della primavera dell’Inter, fioriscono in un batter d’occhio fazioni di fan sfegatati o critici spietati. Per Gioacchino, no. Gioacchino fa eccezione. Non per niente è difeso a spada tratta dai purissimi Marco Travaglio, Antonio Di Pietro, Michele Santoro, Beppe Grillo. Non è roba da tutti. Insomma, sta nascendo una nuova celebrità. Un nuovo martire. Un nuovo simbolo contro la politica dei corrotti, dei furbetti e, diciamolo, dei berlusconiani.
il curriculum
Ricordiamo chi è san Gioacchino. Nato a Castelbuono, Palermo, il 22 agosto 1960. sposato. Tre figli. Un vero secchione: 60 su 60 alla maturità, laurea in Giurisprudenza con 110. Si merita la lode accademica. Vince un concorso e diventa vice questore aggiunto. Imbocca la carriera di consulente tecnico dell’Autorità Giudiziaria. La sua fortuna, quella che lo catapulta negli studi tv e sulle prime pagine dei giornali, è quella di saper fare l’orecchione. In altre parole, è un luminare delle intercettazioni e non solo. Un vero segugio. L’allora pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, gli chiede aiuto anche per un paio di inchiestone. roba grossa. Deve setacciare uomini politici di primissimo piano: non si parla del consigliere comunale di Barbata, provincia di Bergamo. Nel calderone finiscono il premier, il guardasigilli, addirittura l’ambasciata americana. E poi parlamentari, giudici, 007. Si vocifera di 600mila report. Di un italiano su dieci finito sotto controllo. Di un archivio impressionante con numeri di telefono e tabulati. Documenti che certificano che Tizio ha parlato con Caio che poi ha sentito Sempronio. Secondo il Comitato parlamentare per la sicurezza, presieduto da Francesco Rutelli, ha controllato oltre sette milioni di dati anagrafici, corrispondenti a utenze telefoniche. Lui nega, abbassa il dato a quota 752. Il mito di Gioacchino è nato a Olbia, lo scorso 24 gennaio. Parla Silvio Berlusconi: «Sta per uscire uno scandalo che forse sarà il più grande della storia della Repubblica. Un signore ha messo sotto controllo 350 mila persone». Per un mare di politici è una cosa grave, gravissima. Secondo parte dell’opinione pubblica non c’è scandalo. Ecco che Gioacchino va a Matrix, ospite di Enrico Mentana, e il suo mito si rafforza. Quando parla del Cavaliere e si rivolge a Chicco dice «il suo datore di lavoro».
C’è chi inizia a emozionarsi sempre di più per questo siciliano che giura di non aver commesso illeciti, anche se è indagato per abuso d’ufficio e violazione della privacy. L’altra sera era ad Annozero, ospite di Michele Santoro. Ha battagliato con Niccolò Ghedini, avvocato del premier, mentre Marco Travaglio predicava sull’’osceno” giro di vite sulle intercettazioni. Genchi giura: ho sempre smaltito i dati che raccoglievo per i procedimenti giudiziari. Al massimo, confessa, ha conservato «qualche canzone di Guccini». Rivolto a Santoro: «Lo sa cosa ho tenuto di qualche esame, di qualche computer che mi è rimasto? Ho trovato qualche canzone di Guccini, qualche canzone di De Andrè e me la sono copiata». Clemente Mastella da Ceppaloni insorge: «Fuori i nomi dei 576mila cittadini dei quali si sono raccolti i tabulati telefonici. Potrebbero intentare una causa, una sorta di class action».
Più si grida al Genchi orecchione, più il mito di Gioacchino aumenta. L’ex consulente di de Magistris ha pure un blog. L’ha chiamato ”legittima difesa”. Sono snocciolate lettere di solidarietà, inviti ad andare avanti, esortazioni a non mollare, le parole affettuose dei parenti.
linciaggio mediatico
Tutti insieme per Gioacchino. Lui racconta che gli avvocati Enzo ed Enrico Trantino (già difensori di Marcello Dell’Utri) gli sono vicini «in modo commovente». Enzo Fragalà (deputato e Componente della Commissione Giustizia della Camera) scrive «per testimoniare l’eccezionale contributo di correttezza e trasparenza che ha sempre nutrito l’attività di consulente e di perito d’ufficio di Gioacchino Genchi». Sul blog spuntano gli elogi riservati al Nostro da Francesco Cossiga, con successivo ringraziamento dell’interessato. Non manca un video di Travaglio. E poi una lettera del suo piccolo Walter, anni 12, che chiede: «Ma hai capito con chi ti sei imbattuto? Sono orgoglioso di essere tuo figlio. Ti voglio bene». Gioacchino dice di essere tranquillo anche se vittima di un «linciaggio mediatico». Racconta di ricevere mail di solidarietà da tutta Italia. Da tutta Italia? Anche «dal Canada, dagli Usa, dall’Inghilterra e dalla Spagna». Ecco altri commenti pescati da Facebook: «Bisogna lottare e resistere», «difendiamo la libertà di parola e di opinione», «stanno attuando una campagna mediatica di denigrazione a carico del miglior investigatore informatico che abbiamo». Sentite cosa scrive un certo Natalino: «Credo che in questo momento quest’uomo, insieme a Travaglio, Grillo, e qualcun altro, rappresenti il confine fra democrazia e fascismo». Già, Travaglio. Marco insiste: la storia di Genchi - assicura - è montata ad arte dal demoniaco Silvio per giustificare la legge sulle intercettazioni, anche se il consulente non ha mai intercettato.
In altre parole, Gioacchino è come una vittima sacrificale. L’Italia ha un nuovo martire. Evviva Genchi. Su Facebook (dato di ieri pomeriggio) ha 846 amici. Più andrà avanti questa storia, più aumenteranno. Lo sentiamo.