Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 07 Sabato calendario

SULL’AUTOSTRADA DELLA MALAVITA

Almeno due volte al mese le imprese che lavorano sulla Salerno-Reggio Calabria subiscono attentati e intimidazioni. La violenza entra direttamente nei cantieri e mette sotto pressione la resistenza delle ditte impegnate ad ammodernare l’autostrada, che in questi giorni è stata messa a dura prova anche dal maltempo.
A leggere il documento riservato che l’Anas ha consegnato a due membri della Commissione parlamentare antimafia – Angela Napoli (Pdl) e Franco Laratta (Pd) – si capisce perché, a giorni alterni, le imprese minaccino di lasciare la Calabria. «C’è da chiedersi – denuncia un imprenditore che chiede di restare anonimo – come sia possibile lavorare in condizioni nelle quali la mattina ti alzi, vai al cantiere e non sai chi e che cosa troverai».
Se lo chiedono in molti e non è un caso che i vertici dell’Anas abbiano preparato il dettagliatissimo dossier che sarà portato all’attenzione della Commissione parlamentare antimafia.
Il dossier sgrana un rosario lungo tre anni. Ogni giorno – dal 20 giugno 2005 al 14 settembre 2008 – l’Anas ha monitorato la situazione e ha riportato, nero su bianco, lo stillicidio di "benevole attenzioni" alle quali le cosche sottoponevano (e verosimilmente sottopongono ancora) le imprese impegnate nel V macrolotto della Salerno-Reggio Calabria. In tutto sono 29,8 chilometri che vanno dallo svincolo di Gioia Tauro allo svincolo di Scilla. Nei 1.210 giorni monitorati si sono verificati complessivamente 100 atti intimidatori: uno ogni 12 giorni. Senza contare gli "avvisi" di altra natura che non sfociano in denunce alle Forze dell’ordine.
I lavori del V macrolotto – per i quali l’importo contrattuale è di 780,667 milioni – sono iniziati a marzo 2006 e dovrebbero terminare nel primo semestre 2010. Attentati permettendo.
Non erano, infatti, trascorsi tre mesi dall’avvio dei lavori, che il Consorzio Scilla, il 20 giugno riceve un doppio cocktail di benvenuto: un container danneggiato e il furto di attrezzature di cantiere. Tutto regolarmente denunciato, l’indomani, alla stazione dei carabinieri.
Da quel momento per il Consorzio Scilla – costituito il 22 settembre 2004 con un capitale sociale di mille euro e di proprietà di Impregilo e Condotte – sarà uno stillicidio di 29 atti intimidatori (circa un terzo del totale). Neppure 4 giorni dopo – nella notte fra il 24 e il 25 giugno – altro container danneggiato e nuova denuncia ai carabinieri. Il 1° agosto un cancello di accesso danneggiato e un furto di gasolio. E via in un’escalation che passa attraverso l’incendio di due macchine (12 ottobre 2006), la minaccia di un dipendente al lavoro nella galleria Costa Viola (il 20 novembre 2007), fino all’ultimo episodio, un furto registrato l’11 settembre 2008 all’altezza del chilometro 403.
Oltre al Consorzio Scilla, sono decine le imprese messe nel mirino da atti che – vale la pena sottolinearlo – nel passato si sono anche rivelati di natura diversa da quella che appariva in un primo momento. L’Operazione Arca del 2007, ad esempio, portò all’arresto di un sindacalista che di fatto gestiva il traffico della manodopera sulla quale, spesso, si giocano lotte intestine che possono condurre ad azioni intimidatorie dimostrative.
Al netto di queste considerazioni, le cosche hanno minacciato, saccheggiato o danneggiato – tra le altre imprese – il personale e le attrezzature della Tecnosonda di Lamezia Terme, Rdm costruzioni di Scilla, Secir di Palermo, Sicos di Eboli (Sa), Cogeinfra di Matera, Italcoge di Susa (Torino), Foglia Costruzioni di Torino e Massucco di Cuneo. L’ultima, nel dossier, a subire un atto intimidatorio è stata ancora un’impresa del Nord: Guerrino Pivato spa di Onè di Fonte (Treviso). Il 14 settembre 2008 ha subito la minaccia a mano armata nei confronti di alcuni dipendenti e l’incendio di un autocarro. Oltre al danno la beffa: nonostante sia un’impresa da 102 milioni di fatturato che opera in tutto il mondo (in Italia ha costruito le sedi Benetton e Luxottica), ha difficoltà a riscuotere i crediti vantati.
In questo clima, non sorprende che ci sia chi invoca l’intervento dell’Esercito per riportare sotto il controllo dello Stato il territorio minacciato dalle cosche. Gli ultimi a farlo sono stati proprio Napoli e Laratta. Il 20 novembre 2008, insieme ai vertici dell’Anas e del General contractor Impregilo, nel cantiere che pochi giorni prima a Scilla aveva ricevuto l’ennesimo attentato, hanno invocato la presenza dei militari. «Il protocollo siglato con la Prefettura di Reggio Calabria funziona – hanno ribadito in quell’occasione i vertici delle due aziende – però è importante anche vedere le divise nei cantieri. Siamo disposti a ospitare nelle nostre mense i militari».
La proposta di Anas e Impregilo – condivisa dai due parlamentari – è di avere turni di 24 ore dei militari sui cantieri, con l’elenco degli operai.
Già il 17 settembre 2008 l’ipotesi dell’intervento dell’Esercito era stata avanzata dai sindacati. La richiesta fu di Paolo Morganti e Mina Papasidero, segretari provinciali di Filca-Cisl e Fillea-Cgil della Provincia di Reggio Calabria. «Come un cancro restio a morire, così – affermarono – la ’ndrangheta si ripresenta nei cantieri della Salerno-Reggio Calabria. Ancora atti intimidatori nei confronti delle ditte affidatarie, ancora mezzi in fiamme e operai sconvolti da gesti cruenti che ormai sono parte integrante dei lavori».