Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 07 Sabato calendario

«LO SCORPORO DELLA RETE NON IN AGENDA»

«Il tema della separazione della rete non è più in agenda, è superato». Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom Italia, fissa un punto fermo. E lo fa in occasione della Winter University al San Clemente Palace organizzata da Confindustria. Una presa di posizione netta, quella dell’a.d. di Telecom Italia, che sembra una risposta velata alle proposte avanzate prima da Angelo Rovati (vedere intervista al Sole24 Ore lo scorso 4 febbraio) e rilanciate da Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti e tlc della Camera, sulla necessità di procedere nella direzione dello scorporo. Dichiarazioni, queste ultime, che l’amministratore delegato ufficialmente non commenta («Il nostro rapporto è con l’Authority per le comunicazioni e l’Unione europea, quelli sono i nostri interlocutori»), pur chiarendo un preciso concetto: la rete di Telecom Italia resta a Telecom Italia.
Bernabè ha ricordato come la questione dello scorporo è nata «due anni e mezzo fa con l’emendamento Gentiloni che lo prevedeva come estremo rimedio nel caso di insufficiente concorrenza nel settore delle telecomunicazioni». Ma in due anni e mezzo è cambiato il mondo, spiega Bernabè: «soprattutto nell’ultimo anno noi ci siamo impegnati in un processo di riorganizzazione interna che ha portato a Open Access e che abbiamo sottoposto all’Autorità come progetto volontario di trasformazione organizzativa finalizzato ad aumentare la concorrenza».
Si è trattato, ha proseguito, di un processo «negoziato con l’Autorità che ha portato alla definizione dei nostri impegni e all’approvazione da parte dell’Autorità, rendendo operativa dal primo gennaio Open Access». Tutto questo ha di fatto reso «superato» il processo avviato con l’emendamento Gentiloni. Capitolo diverso la creazione di una nuova società per la rete di nuova generazione: «Se qualcuno ora vuole costituire una società delle reti è liberissimo di farlo, lo è lo Stato e lo sono i competitors. Il tema è all’interno della normale dinamica industriale nostra o degli altri operatori», ha concluso. Dichiarazioni, quelle dell’amministratore delegato, che hanno avuto un immediato riscontro sulle quotazioni del titolo in Borsa: le azioni hanno chiuso in rialzo del 6,13% a 1,09 euro.
Nessuna indicazione, invece, è stata fornita sul dividendo («Il 27 febbraio ci sarà il consiglio di amministrazione e discuterà anche di quello»), mentre i rapporti con i soci spagnoli di Telefonica, ha chiarito Bernabè, sono di «grande collaborazione». Nei giorni scorsi erano tornate le voci di un possibile disimpegno del socio spagnolo ma il manager ha buttato acqua sul fuoco, ricordando che con gli spagnoli esistono «sinergie importanti» inserite in un programma da 1 miliardo «attualmente in corso e già parzialmente realizzato». In proposito le prime stime, secondo indiscrezioni raccolte dal Sole 24 ore, parlano di sinergie di 200 milioni alla fine del 2008, di cui circa il 55% per Telecom Italia.
Bernabè non si è sbilanciato invece sulle possibili cessioni, in particolare della Sparkle: «Abbiamo avviato un processo di dismissione di tutti gli asset non strategici, quando avvieremo i processi lo diremo». Quanto al bond da 500 milioni collocato nei giorni scorsi, l’a.d. ha ribadito che «il gruppo non ha bisogno di ricorrere al mercato per 24 mesi», come specificato nel piano industriale, «ma se le condizioni del mercato saranno favorevoli lo valuteremo». Del resto, già oggi lo scenario è cambiato: «Il mercato delle emissioni obbligazionarie in questo momento si è aperto. Noi abbiamo collocato un bond nelle ultime settimane e c’è un notevole appetito per corporate bond di societá che abbiano un business stabile come il nostro. Quindi, da un certo punto di vista, il mercato è cambiato in positivo».