Simonetta Robiony, La Stampa, 7/02/2009, 7 febbraio 2009
PESSION: «PER SANREMO NON BALLO N CANTO MA RECITO CALVINO»
No, a Sanremo Gabriella Pession non ci aveva proprio pensato, tanto che quando le è arrivata una telefonata in cui le dicevano che Paolo voleva incontrarla lei se ne è uscita con «Paolo, chi?» e, solo quando hanno aggiunto Bonolis, ha capito di che si trattava. «La prima cosa che m’è venuta in mente è che sarebbe stata una buona promozione per il mio film-tv sullo Smemorato di Collegno che andrà tra poco su Raiuno e che se mi avessero chiesto di fare la valletta avrei immediatamente detto di no perché ho una personalità forte e non intendo snaturarla». Con Bonolis dieci minuti di chiacchiere e basta. «Gli ho detto che non avrei mai né cantato né ballato perché son cose serie, queste, cui ci si deve preparare con lo studio. ”E chi te l’ha chiesto?”, ha risposto, ”Avrai carta bianca. Sei stata scelta per rappresentare la categoria delle giovani attrici italiane. Farai ciò che vuoi”». Mi sono sentita onorata. Con me, come simbolo del canto ci sarà Mina, dell’intrattenimento Maria De Filippi, della danza Eleonora Abbagnato, della sensualità le Conigliette di Play-boy. Tutte donne volute da Bonolis in nome della femminilità trionfante».
L’incarico la lusinga. Le è stato affidato, suppone, per aver vinto, all’ultimo Festival della Fiction, il titolo di volto più amato dal pubblico tv, Grazie a Capri, certo, ma anche al resto. «Dopo dieci anni di mestiere, credo di essermi conquistata il diritto di parlare con la mia voce e i miei pensieri. Vorrei mostrare la mia personalità: non perché sia straordinaria, ma perchè è la mia. Detesto omologazioni, preconcetti, luoghi comuni, banalità». In che senso? «Mi dà fastidio che ancora oggi in Italia la categoria dell’attore di fiction venga considerata diversa da quella dell’attore di cinema e di teatro. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti non è così: tutti studiano drama e tutti possono fare tutto. Gli steccati sono inconcepibili». La prova? Il suo ultimo lavoro, Mannaggia la miseria, il film di Lina Wertmüller prodotto dalla Rai con Assisi e Ramenghi, sul tentativo un po’ folle di tre ragazzi di esportare la teoria del microcredito nell’anarchica Napoli, ancora non è deciso se uscirà nelle sale oppure andrà direttamente in tv, a riprova del mescolamento di carte. «La mia linea di resistenza è la qualità. E’ una battuta di Elio Petri che mi è stata riferita da Giuliana De Sio di cui mi sono appropriata». E cosa vorrebbe portare a Sanremo? «Ho pensato a Calvino, alla Lezione americana sulla leggerezza e l’ho detto agli autori da cui ho portato un mucchio di appunti su ciò che avrei potuto fare o dire. Può sembrare strano ma è lo stesso testo a cui aveva pensato Bonolis per il suo festival».
Ex pattinatrice abituata a una disciplina ferrea, cresciuta tra la Florida e l’Italia, lunghi soggiorni in Australia per amore e altrettanti lunghi allenamenti sui pattini in Russia, una solida storia con Sergio Assisi, suo compagno di lavoro in Ferdinando e Carolina di Lina Wertmüller che l’ha lanciata e poi in Capri che l’ha fatta conoscere a tutti, alla Pession sta stretto un certo provincialismo italiano secondo cui la popolarità viene confusa con la stima. «L’affetto con cui il pubblico segue un attore, è diverso dalla notorietà con cui si finisce sui giornali gossippari. Dovrebbe essere un valore in più in qualsiasi forma si manifesti. E questo non vale solo per noi attori, ma per gli sceneggiatori, i registi, i costumisti. Lo snobismo di alcuni cineasti fa male a noi italiani: andrebbe superato». Lei, comunque, non si arrende e, per uscire da un universo troppo ristretto, è andata a girare un paio di film in Spagna, progetta di tornare al teatro, dovrebbe fare un film in Inghilterra, pensa perfino agli Stati Uniti che solo adesso, dopo tanti anni di lontananza, avverte come sua seconda casa. «Il nostro lavoro è fatto di piccoli passi, uno dietro l’altro, ma non basta aspettare l’occasione giusta: occorre anche cercarla».