Francesco Paternò, il Manifesto 8/2/2009, 8 febbraio 2009
E’ LA STAMPA, SCHIFEZZA
Scrivere di vite altrui fa parte del nostro mestiere. Ma farlo di Eluana ci appare per la prima volta straniante, una cosa davvero altra. Anche perché su di lei si continua a consumare violenza, povero scudo umano usato per uno scontro politico.
Ma come la si sta raccontando sui giornali? L’Avvenire, quotidiano cattolico, in fondo fa il suo mestiere. Affida l’editoriale al cardinal Angelo Bagnasco e da lui riceviamo che oggi «l’Italia è più buia. Un grande vuoto aleggia, destinato ad accrescersi nei giorni che seguiranno. E non solo perché Eluana non sarà più tra noi, ma perché la cultura egemone avrà ancora una volta negato la realtà, quella del limite». Bagnasco centra l’obiettivo: ma dove è davvero il «limite» in questa storia? Se l’apertura di Europa sintetizza bene in due righe titolo e commento, «Non per Eluana viva, ma per Napolitano fuori gioco», Giuliano Ferrara sul suo Foglio sembra aver preso il posto di Dio: «Ora l’Anarca, quello strano Berlusconi che sembrava sordo a ogni richiamo non utilitaristico o pragmatico o politicista, sconvolge improvvisamente ogni schema. Si dimostra capace di un atto di ragione e di coraggio politico inaudito (...) Nomina le cose con il proprio nome, rifiuta di piegarsi al linguaggio edulcorante che nega le persone nel discorso prima di negarle con l’eliminazione fisica. Si ribella alle intimidazioni settarie della compagnia della cattiva morte. Berlusconi antipolitico o pre o post politico rinasce così come leader della nazione e come espressione significativa della società contro la rozzezza delle cultura istituzionali tradizionali, incarnate dall’atteggiamento negativo e ostruzionistico del presidente della Repubblica».
Ferrara pontifica così pure su Radio24 della Confindustria, fin qui radio illuminata e ora fuori onda rispetto anche all’editoriale del quotidiano Il Sole 24 ore dello stesso gruppo. Dove Stefano Folli prende posizione opposta: «Di sicuro - scrive Folli - si sta compiendo ai danni della povera Eluana Englaro e della sua famiglia l’ultima crudeltà. Intorno a quelle sfortunate persone era tempo che si facesse silenzio e invece è esploso un clamore tanto assurdo quanto inutile. Assurdo perché è davvero singolare che il Parlamento abbia deciso di legiferare adesso, nel giro di poche ore, quando la legge sul testamento biologico è rimasta a prendere polvere nei cassetti per anni, mentre tutti i richiami al buon senso restavano lettera morta (...) Comunque sia, alla fine resteranno solo le macerie della convivenza civile e i danni della rottura istituzionale (...) L’idea di dividere il Paese con la spada, di qui i difensori della vita e di là i fautori della morte, è quanto di più pericoloso si possa immaginare. E sta accadendo».
Qua e là, su giornali della destra, non mancano volgarità - sulla prima della Padania si legge che «la sinistra ha perso la testa. Eluana è solo l’ultimo tassello di un puzzle mortale» o il titolo dell’editoriale del Giornale «Week end più sacro della vita». Ma perfino Vittorio Feltri, direttore di Libero, dopo un titolo d’apertura di pessimo gusto «Eluana sfascia lo stato», si schiera per la libertà di coscienza e conclude che a questa situazione «siamo arrivati - davanti al corpo di una donna incosciente - al redde rationem. Nel modo peggiore e col rischio di una crisi istituzionale». Annaspa il Corriere della Sera, che affida l’editoriale a Ernesto Galli della Loggia per sostenere, sotto il titolo «La natura e il suo corso», argomenti del tempo che fu contro la scelta della famiglia Englaro: «A suscitare forti dubbi è proprio il fondamento stesso della decisione finale presa dalla magistratura e cioè l’asserita volontà (ricostruita ex post su base totalmente indiziaria; ripeto: totalmente indiziaria) di Eluana».
Nella titolazione è secco il giudizio da parte della Stampa con l’editoriale di Luigi La Spina, «L’uso politico di una tragedia». E scrive chiaro il direttore di Repubblica Ezio Mauro: «Il caso Eluana, dunque, nel momento più alto della discussione e della partecipazione del Paese, si è ridotto a pretesto e strumento di partita politica e di potere». Mauro attribuisce a Berlusconi una «svolta bonapartista»: «Ma ieri l’istinto populista ha consigliato al Premier di scegliere proprio il dramma pubblico di Eluana, giunto al culmine della sua valenza emotiva sollecitata dalla cornice di sacralità guerresca del Vaticano, per sfidare Napolitano su una questione di fondo: il perimetro e la profondità del potere del suo governo, che Berlusconi vuole sovraordinato ad ogni altro potere, libero da vincoli e controlli, dominus incontrastato del comando politico». Antonio Polito, direttore de Il Riformista, non ha dubbi sotto il titolo «La prima prova del presidenzialismo di Berlusconi»: «La vicenda di Eluana, così terribile nel suo simbolismo, così eccezionale perché si intreccia su una vita umana, gli è forse sembrata valere uno strappo che su un’altra materia più prosaica non avrebbe potuto rischiare».