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 2009  febbraio 09 Lunedì calendario

«HO RISOLTO QUASI TUTTI I PROBLEMI AVREMO I SOLDI E L’OK DEL GOVERNO»

Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, perché a dieci mesi dalla vittoria di Milano sull’Expo 2015 è ancora tutto fermo?
«Perché le difficoltà si sono concentrate all’inizio. Del resto le difficoltà è sempre meglio affrontarle subito piuttosto che partire alla garibaldina. A questo punto diventa chiaro che occorre uno scatto di responsabilità da parte di tutti. Imprese simili si affrontano solo facendo squadra e lavorando nella concordia. Abbiamo tra le mani una occasione straordinaria per sviluppare la crescita del Paese. Cosa che diventa ancora più importante in un momento di crisi come questo. Sono ottimista».
C’è chi invece propone di rinunciare o ridimensionare l’evento proprio per via di questa crisi. C’è il precedente della Francia.
«Non esiste questa possibilità, come sono certo che non ci sarà alcun commissariamento. Non esiste. Su questo siamo tutti uniti: Regione, Comune, Provincia, Camera di Commercio. Stiamo già coinvolgendo i privati. Dobbiamo essere noi i commissari di noi stessi. Non possiamo perdere un’occasione come questa, ma nemmeno non sfruttarla al cento per cento. Saranno mobilitato fondi per 25 miliardi di euro. Per realizzare un progetto mastodontico. L’Expo di Milano può scrivere una nuova pagina nella storia degli interventi pubblici, non solo essere un’occasione per la nostra economia».
I soldi del governo però non ci sono ancora. Davvero non prevede nessun ridimensionamento?
«Non è affatto detto. Secondo gli ultimi calcoli del governo si è ulteriormente ridotta la cifra che ci mancava. Ad oggi è poco più di un miliardo. E oltretutto deve essere trovato entro il 2015. Posso già dirle che alla fine troveremo anche quello».
Perché il ministro dell’Economia Tremonti si sta dimostrando così diffidente verso questo progetto?
«Le polemiche dell’estate hanno lasciato qualche piccolo strascico. Mi sto adoperando per eliminare anche questo. chiaro, ma anche giusto che il Tesoro, che mette la parte più importante del finanziamento, in un momento di crisi come questa stia particolarmente attendo a che nemmeno un centesimo vada sprecato».
Per esempio sullo stipendio dell’amministratore delegato della società che organizzerà l’Expo?
«Un passo indietro è già stato fatto. All’inizio c’era qualcuno che aveva pensato di gestire tutto in modo solitario. Ora si sono tutti convinti che non si deve procedere in solitudine, ma con il coinvolgimento di tutti. Le difficoltà di questi giorni solo legate solo all’operatività. Fatto questo ultimo tagliando la macchina potrà partire».
Cioè?
«Ormai sono stati definiti i compiti e le responsabilità. C’è un consiglio di amministrazione e ci sarà un amministratore che dovrà rispondergli. Non un uomo solo al comando».
Alcuni cantieri dovevano essere già aperti. La presidente Diana Bracco ha già detto che bisognerà rivedere il cronoprogramma.
«Non è un ritardo di poche settimane che conta. In Lombardia abbiamo l’abitudine di fare le cose nei tempi giusti. Non condivido le critiche ce ci sono arrivate in queste settimane anche dall’estero»
L’ultima Expo a Saragozza non è andata bene.
«Questo è il vero problema. Sono stato il primo a dirlo. L’Expo di Milano non potrà essere solo un grande intervento sulle infrastrutture. Dobbiamo costruire un evento lungo sei mesi che spinga milioni di turisti che potrebbero tranquillamente vederlo nelle loro case o sui computer a prendere un aereo e venire a Milano. Per fare questo dovremo essere capaci di emozionare. Per riuscire l’Expo dovrà essere anche un avvenimento di spettacolo, cultura. Per questo sto pensando a un comitato scientifico che coinvolga i migliori cervelli italiani».
Il tema con cui Milano ha vinto, però, è l’alimentazione e la lotta alla fame nel mondo.
«Sì, ma il tema del cibo non significa solo quello. Significa anche parlare di tavola, di convivialità. La tavola è il luogo dove si sta insieme. Si incontrano gli amici. Il nostro è il paese dell’accoglienza per definizione. Lo ha detto di recente anche Bob Geldof».
Si aspetta che arrivino da tutto il mondo con un aeroporto ridimensionato come è Malpensa oggi?
«No. Ma anche su questo non ci scoraggiamo. Ho una certezza. In un modo o nell’altro ora del 2015 Malpensa sarà tornato ai livelli di traffico precedenti. O addirittura li avrà superati. Non esiste alcun ragionevole dubbio. Perché il mercato è qui. La domanda è un’altra?».
Quale?
«In quale modo?».
Ha anche una risposta?
«Stiamo verificando con Cai la compatibilità dei nostri programmi. Se c’è, meglio. Oggi, però, non c’è affatto. Se non cambieranno il piano, allora andremo per la nostra strada. La Lombardia e il nord faranno a meno di Alitalia».
Come?
«Con la liberalizzazione delle rotte internazionali. La scorsa settimana ho incontrato i ministri degli Esteri Frattini e dei Trasporti Matteoli. Stiamo già lavorando con alcune compagnie estere. Ma serve anche la liberalizzazione anche del mercato nazionale».
Il numero uno di Alitalia Roberto Colaninno, però, sostiene che sulla tratta MilanoRoma il vero concorrente è il treno.
Non è esattamente così, ma ben venga. Innanzitutto costa meno e noi facciamo sempre gli interessi dei nostri concittadini. Ma non mi basta. Se Cai non è più una compagnia di bandiera non è giusto che mantenga il monopolio del mercato nazionale. La tratta da Linate a Fiumicino dovrà essere messa a gara».