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 2009  febbraio 10 Martedì calendario

QUANDO AUGUSTO INVOCO’ PER S L’EUTANASIA COME BUONA MORTE

«Di tutte le cose che gli uomini possono chiedere agli dei», scriveva Posidippo, «niente val più della euthanasía». Ecco la parola fatidica, oggi divenuta soave come una melodia per alcuni, esecrabile come una bestemmia per altri. A quel che ne sappiamo, fu questo commediografo greco del III secolo a. C. a usarla per la prima volta. Che cosa significa propriamente? Non la "bella morte" ma la "buona morte", che è cosa diversa.
La "bella morte", il kalós thánatos, fa parte dell´ideale eroico dei greci - a una morte "bella" aspira Achille, per compensare una vita troppo breve. E quando Priamo si accorge che suo figlio Ettore sta per essere ucciso, esclamerà: per il giovane guerriero che cade sul campo di battaglia, tutto è bello! Ma che ne sarà di me che sono vecchio? Il fatto è che la bella morte è da giovani, la buona morte è da vecchi. La euthanasía prevede una fine non gloriosa ma serena, senza dolori. Secondo i greci la concedevano gli dei ma, dopo l´avvento del cristianesimo, la concederà anche il Dio unico. «Migliaia di doni ci fa Dio», scriverà Clemente vescovo di Alessandria «di cui Egli non ha parte. Come la buona morte (euthanasía) e la buona vecchiaia, Egli che non invecchia ed è immortale».
E a Roma? Quando Augusto sentì che la sua ora era giunta, il 19 Agosto del 14 d. C., volle fare un po´ di toeletta poi chiese a chi gli stava intorno «se aveva ben interpretato la commedia della vita». Quindi pronunziò davvero due versi greci, una battuta di chiusura: «Se ho recitato bene, applaudite e fatemi uscire di scena col vostro favore». Infine abbracciò la moglie e morì. «Aveva avuto in sorte una fine facile», commenta Svetonio, il suo biografo, «quella che sempre si era augurato. Perché ogni volta che udiva di qualcuno che era morto in fretta e senza dolore Augusto invocava per sé e per i suoi una simile euthanasía. Era questa la parola che usava».