Alessandro Alviani, La stampa 6/2/2009, 6 febbraio 2009
I TURISTI RIVOGLIONO IL MURO
Nel cimitero della comunità della Sophienkirche, appena a nord del centro di Berlino, riposano una ventina di grossi blocchi di cemento a forma di L. Sono l’ultimo tassello del tratto di Muro che un tempo correva lungo la Bernauer Strasse, la strada simbolo della divisione della capitale tedesca. Oggi, a quasi vent’anni dalla riunificazione della città, quei lastroni grigi semidimenticati tornano a far parlare di sé. Berlino discute infatti se riportarli o meno lì dove sono rimasti per decenni. Questione di memoria, certo, ma anche di turismo.
Nel 1997 i blocchi vennero rimossi, lasciando un «buco» tra due sezioni del Muro che ancora oggi sono in piedi nella Bernauer Strasse. Ora alcuni politici chiedono di chiudere quella frattura ricollocando in posizione originale i segmenti.
Una neonata fondazione sul Muro, riunitasi ieri, non ha preso nessuna decisione definitiva. E così il dibattito prosegue, malgrado la comunità della Sophienkirche, cui appartiene l’area, si sia già detta contraria al ritorno dei blocchi. Quella della «ricostruzione» è un’idea minoritaria, precisa anche Thomas Klein, portavoce del Memoriale sul Muro. «Qui c’è ancora chi si ricorda la cupezza di quegli anni - aggiunge - Come si fa a proporre una cosa tanto irrispettosa?»
Eppure la richiesta sembra tutt’altro che isolata. A favore si sono schierati il leader della Cdu berlinese, Frank Henkel, il ministro federale della Cultura, Bernd Neumann. Solo così, argomentano, si può mostrare in modo autentico alle nuove generazioni l’orrore della divisione.
Dietro lo scontro c’è però anche dell’altro. «Dov’era il Muro?» è la prima domanda che si pongono i turisti in visita nella capitale tedesca. Salvo poi restare delusi, perché non riescono a ritrovarne le tracce. Per i berlinesi, del resto, quella ferita andava cancellata quanto prima: «Nessuno voleva più sopportare questo muro della vergogna», ha ricordato nei giorni scorsi il sindaco Klaus Wowereit. E così, oggi, del «Muro di protezione antifascista» (come lo definiva la propaganda della Germania dell’Est) che tagliava in due Berlino per 43 chilometri restano appena poche centinaia di metri.
Nella Bernauer Strasse le tracce sono ridotte al minimo. E pensare che proprio qui si sono svolte alcune delle scene più drammatiche della divisione. Quando, poco dopo il 13 agosto 1961, fu chiaro che il filo spinato lasciava il posto a blocchi insormontabili e che i marciapiedi - appartenenti al settore occidentale - erano l’ultima via di fuga, molti berlinesi iniziarono a lanciarsi dalle finestre. Come Ida Siekmann, la prima vittima del Muro, morta dopo un volo dal terzo piano. E a un angolo della Bernauer Strasse il 15 agosto 1961 il soldato tedesco-orientale Conrad Schumann scavalcò, fucile in spalla, il filo spinato, passando all’Ovest. Un momento immortalato in una foto diventata un simbolo della Guerra fredda.
Oggi qui del Muro e della «Striscia della Morte» non resta che una sezione lunga 212 metri, con un buco di 19 metri al centro: sono i blocchi rimossi nel 1997, perché si pensava che al di sotto ci fosse una fossa comune. Un vicino centro di documentazione e una cappella ricordano la Berlino divisa.
Entro il 2011 l’area verrà riorganizzata: il progetto degli studi Mola Winkelmüller Architekten, Sinai e ON Architektur prevede di creare un padiglione informativo e una mostra all’aperto. Lungo il tracciato del Muro verranno piantate delle barre d’acciaio alte come i vecchi blocchi di cemento: a seconda del punto d’osservazione le barre daranno l’impressione di essere chiuse, a formare quasi una barriera, oppure aperte. E saranno tanto distanti da permettere a ognuno di oltrepassarle, «sconfinando» in quella che era Berlino Ovest. Un concetto, ribattono alcuni, troppo ricercato.
Comunque, spiega il portavoce Klein, la maggioranza del consiglio direttivo della fondazione sul Muro, a partire dal direttore Axel Klausmeier, è contro quella proposta. E non solo. «Vorremmo lasciare i segmenti del Muro dove si trovano adesso e non crearne uno nuovo», afferma Henner Winkelmüller. «L’abbattimento e la rimozione dei blocchi appartengono alla Storia così come lo stesso Muro», aggiunge. I turisti dovranno farsene una ragione.