9 febbraio 2009
Carlo Rossella a luci rosse. QUANDO LE DONNE MI PIACEVANO TUTTE. «Facevo la quinta elementare, mi sono innamorato di una mia compagna di scuola
Carlo Rossella a luci rosse. QUANDO LE DONNE MI PIACEVANO TUTTE. «Facevo la quinta elementare, mi sono innamorato di una mia compagna di scuola. Ero pazzo di lei. La seguivo in bicicletta: era figlia di contadini e abitava in campagna. La guardavo scartocciare il granoturco, giocare con i gatti. Io avrei voluto essere un gatto, o anche il granoturco, perché no? Stava sdraiata sul fieno, io volevo stare sdraiato con lei ma c’erano sempre genitori e fratelli che mi dicevano: "Che vuoi? Che guardi? Ti piace mia sorella? Vai, corri, fila via." Poi in campagna ci sono i forconi, e io avevo sempre paura che mi infilzassero con il forcone». Carlo Rossella, presidente di Medusa, ex direttore di Tg1, Tg5, La Stampa e Panorama, autore di quattro romanzi (Vodka, Tango, Miami, Grand Hotel) oggi tiene la rubrica «Alta Società» sul quotidiano Il Foglio, risponde alla posta del cuore del settimanale Chi ed è presidente di quella Medusa Film che 1’11 febbraio manda nelle sale Questo piccolo grande amore, pellicola ispirata alla più celebre canzone di Claudio Baglioni e ai primi batticuori adolescenziali. Di qui lo spunto per un’intervista sentimentale sulla scoperta dell’amore. E che presto vira sulla scoperta del sesso: amarcord vivamente sconsigliato ai minori. Rossella, dopo quell’amore in calzini corti che cosa arrivò? «Facevo la terza media ed ebbi una storia con la mamma di un amico». Ma lei avrà avuto 13, 14 anni... «Eravamo al mare, d’estate, io andavo a casa di questo ragazzo vicino a Rimini e giocavo con lui. La madre intanto sbrigava le faccende in cucina con noi. Un giorno, fece cadere una cosa e mi disse di raccoglierla. Io mi chinai sotto il tavolo e mi accorsi che aveva dischiuso le gambe ed era senza mutande. Per la prima volta ho visto l’organo genitale femminile, è stata una visione che mi ha impressionato. Da bambino guardavo i nudi delle donne sulle raccolte dei libri d’arte. A casa mia c’erano tanti cataloghi. Non ho mai saputo dipingere ed era un mio cruccio perché avrei voluto dipingere le mie compagne di scuola nude, come le immaginavo io». Con la mamma del suo amico finì li? «Il giorno dopo lei mi chiamò, mi mise una mano nei pantaloni. Fu così che scoprii la masturbazione. Lei aveva circa quarant’anni. Nei giorni seguenti la guardavo fare il bagno al mare e lei mi guardava, mi salutava. Poi è partita e non l’ho più vista. Ma per lei ho avuto una passione durata due anni». Gliela fece passare il primo amore, quello alla Claudio Baglioni? «Il fatto fu che finalmente conobbi il sesso. Successe sempre al mare, perché l’inverno io stavo a Corteolona, provincia di Pavia, e le mie compagne di classe le disprezzavo profondamente, perché mi piacevano le donne più grandi. Io andavo sempre a cercare le professoresse, mi ricordo quella di matematica che mi faceva impazzire. A quella di francese stavo molto simpatico, mi faceva impazzire pure lei. Dicevo, al mare, a sedici anni, ho conosciuto una francese. Con lei facevo l’amore mettendo per terra le pagine dell’Espresso per non sporcarci. A questa ragazza, stesa di schiena sui fogli, rimasero impressi sulla pelle, a causa dell’inchiostro che col sudore si era sciolto, i titoli del giornale e le fotografie. Il padre non sapeva spiegarsi perché sua figlia sembrava un giornale stampato. Un’altra volta, sempre con questa ragazza, ero a Covignano sopra i colli di Rimini perché eravamo andati a ballare in un locale della zona. Abbiamo fatto l’amore, e ho preso la blenorragia, comunemente conosciuta come "scolo". Non sapevo cosa fosse. Lo dissi a mia madre». Povera donna... «Avevo avuto un’educazione cattolica, rigidissima. Ma non mi è mai stato detto che i bambini nascevano sotto i cavoli. Mi hanno sempre ammonito: stai attento, ci sono le malattie veneree. Infatti, mamma per giorni mi continuò a ripetere: ”Te l’avevo detto, te l’avevo detto”. Mi diede anche due sberle, dicendo che mi stava bene così imparavo a fare certe cose con le mignotte. Me ne dava spesso di belle sberle, credo di averle prese fino a quando facevo l’università. Mia madre era una donna molto forte». E il famoso piccolo grande amore? «Arrivò dopo: una ragazza dai capelli rossi col volto coperto di efelidi. Si chiamava Ave, non so che fine abbia fatto, ma fu un grandissimo amore. Lavorava in un centralino telefonico e stava tutto il giorno al telefono. Io stavo sempre con lei, anche al lavoro. Leggevo libri, fumetti. Infatti non ero per niente abbronzato, perché al mare non ci andavo. Aveva un anno più di me. Siamo andati avanti a scriverci per un anno. Aspettavo sempre il postino sulla porta di casa perché non volevo che le lettere le aprisse qualcuno della mia famiglia. Avrei voluto prendere il treno e andare a trovarla, sulla costa romagnola, ma non sapevo come fare, allora non si usava fare certe follie, l’avrebbero scoperto i miei. Ci siamo incontrati l’anno dopo, ma l’incantesimo si era un po’ spezzato». Che cos’era successo? «Visto che si avvicinavano i 18 anni, mi preparavo spiritualmente a frequentare i casini. A Pavia ce n’era uno, io andavo a scuola e poi con i miei amici mi ci piazzavo davanti per vedere quando cambiava la quindicina, aspettavamo con ansia quelle nuove per vederle in faccia. Poi chiusero i casini quando noi ci avvicinavamo ai 18, e fu una grande delusione». Perciò, niente case chiuse... «Macché. Abbiamo iniziato ad andare dove c’erano i casini ancora aperti, come Innsbruck, in Austria. Con cinque o sei amici miei più di una volta siamo andati a puttane a Innsbruck. Lì sembrava un film di Fritz Lang, con queste mignotte austriache possenti. Ce n’era una tipo matrona che dava ordini, una roba pazzesca. Il bordello austriaco è durato poco. Ma poi mi sono innamorato di una ragazza metà austriaca e metà tedesca». Prostituta anche lei? «No, una pianista di Graz molto poetica. Lei aveva tre anni più di me, io ne avevo 18, lei 21. Veniva al mare a Igea Marina dove aveva una casa. Era bellissima, con seni grandi». Che amore fu? «Aveva un corpo scolpito. Si chiamava Ingrid, e con lei ho avuto un innamoramento pazzesco durato due anni. Il primo anno, molto possessivo da parte mia. Quando lei è partita la gelosia è cresciuta, perché io non la potevo raggiungere. Lei mi mandava dischi di musica classica, con delle lunghe lettere con le spiegazioni di ogni brano. Io non mi sentivo alla sua altezza. Il primo anno non facemmo l’amore, solo molto petting». Deve essere stata una sofferenza. «Infatti, mi scopavo una di Ferrara, come remedium concupiscentiae, una ragazza che faceva la parrucchiera. Ma nel cuore avevo la mia Ingrid. Lei, prima di cocendersi, voleva vedere come erano i miei sentimenti». E come riuscì a convincerla? «Quando in estate ci rivedemmo, mi presentai sulla spiaggia, a mezzogiorno meno un quarto, quando la madre si alzava per preparare il pranzo. Ero coperto da un giornale, per non essere riconosciuto, ma ci avevo fatto un buco, per vedere quando le due donne si alzavano. Arrivato il momento, le sono corso incontro e l’ho baciata per un minuto e mezzo, la lingua in bocca davanti alla madre. Che mi disse nel suo tedesco perentorio: ”Alora fi folete molto pene. Io afere letto tutte sue lettere, capito lei fuole molto bene a mia figlia, però bisogna capire se Ingrid fuole molto bene a lei". Ingrid disse che sì, mi voleva molto bene, allora la madre mi invitò a pranzo. Fu un fidanzamento praticamente fatto per strada. E quando fummo soli, la mamma e il fratellino immersi nel riposino pomeridiano, facemmo l’amore, in bagno, in piedi. Fu una cosa indescrivibile. All’amore si era aggiunto il sesso, e questo intreccio diventò diabolico perché mi fece scoppiare dentro una grande gelosia di lei. Una gelosia folle, incontrollata, fastidiosa». Addirittura... «Ero indispettito se qualcuno la guardava, se le faceva un complimento, se lei parlava con un altro. Alla fine lei mi ha detto che non voleva stare più con me perché ero il solito ragazzo italiano. Italianer, anzi, disse con disprezzo. Fu una dichiarazione contro di me e contro l’Italia. Mi sentivo umiliato. Piangendo, tornai a casa con la macchina che mi aveva prestato un mio amico. Piansi tutto il tempo. Non c’era neanche l’autoradio, ho cantato da solo da Ferrara a Pavia». E come si riprese? «Dopo di lei mi ha preso la mania del sesso. Sono andato con tante donne di cui non ricordo nemmeno la faccia. Andavo nelle balere e ogni sera uscivo con una diversa. Volevo dimenticare Ingrid e ci ho messo due anni. Dopo la laurea, ho iniziato anche a organizzare concorsi di bellezza e concorsi canori. Poi sono arrivate le studentesse americane. L’inglese, diciamo, l’ho imparato a letto». E con sua moglie? «Mi sono innamorato di lei nel 1971. L’ho conosciuta a una conferenza sul ’68. scoppiato un grande amore che ancora dura. Lei non vuole che si parli di lei, non fa la mia vita. Lei ha fatto la sua, io la mia, abbiamo i momenti in cui stiamo insieme, ma anche quelli in cui siamo lontani. Secondo i suoi calcoli, su 32 anni che siamo sposati ne ho passati con lei poco più che quattordici». E negli altri 18 che ha combinato? «Non sono uno stinco di santo, ecco, ma lei rimane la mia compagna, il mio amore profondo. Oggi poi, con la senilità, è cambiato tutto il mio rapporto con le donne. Con lei mai. Continua a prendermi di testa. Perché mi piacciono le donne che mi prendono il cervello». vero che oggi vive in castità? «Oggi potrei scrivere un trattato dal titolo De Sexual Senectute. Quando si invecchia infatti si riscopre l’amore, la bellezza del sentimento. Posso stare con una donna per ore e non avere alcuna tensione di carattere sessuale. Mi considero un eterosessuale a riposo».