Paolo Tomasselli, Corriere della sera 6/2/2009, 6 febbraio 2009
MUORE A 21 ANNI NEL SONNO, CICLISMO SOTTO CHOC
Eddy Merckx sembra invecchiato di colpo: il dolore e l’incredulità sul volto del grande campione sono quelli di un intero sport, ancora una volta sconvolto da una morte apparentemente senza spiegazioni. Un ragazzo belga di 21 anni, Frederiek Nolf, è andato a letto mercoledì notte nella stanza 1417 dell’hotel Carlton Ritz di Doha e non si è più svegliato. Lo ha trovato morto alle nove di ieri mattina il suo direttore sportivo, Jean Pierre Heynderickx, alla vigilia della quinta tappa del Giro del Qatar: «Gli ho scosso la gamba per svegliarlo, ma mi sono subito accorto che c’era qualcosa che non andava. Frederiek aveva la mano fredda e non aveva polso. Ho subito detto al suo compagno di stanza di uscire perché era successo qualcosa di grave».
Il direttore sportivo ha chiamato un medico di un’altra squadra belga che ha constatato il decesso di Nolf e l’ha attribuito a cause naturali. L’ipotesi più probabile è quella di un arresto cardiaco. La polizia di Doha ha interrogato i compagni del corridore che avrebbe compiuto 22 anni il prossimo 10 febbraio. La salma di Fred, un ragazzone di 185 centimetri e 68 chili, rientrerà già oggi grazie alla mediazione dell’ambasciata belga in Qatar. La famiglia ha chiesto che venga disposta l’autopsia per trovare una risposta plausibile ai tanti perché che una morte del genere porta con sé.
«Non c’era nulla che lasciasse pensare a un problema di salute – ha precisato il d.s. ”, Fred stava bene e ieri sera fino all’ora di andare a dormire era con noi a ridere e scherzare». Il corridore, un velocista con l’attitudine anche per le corse sul pavé del Nord, era alla prima corsa della sua seconda stagione da professionista. In una telefonata mercoledì aveva detto ai suoi famigliari che il giorno dopo avrebbe provato a raccogliere un piazzamento importante, nell’ennesimo arrivo in volata della corsa tutta piatta che si corre in Qatar (il leader è un altro belga, l’ex iridato Tom Boonen) ed è organizzata da Amaury Sports, la società proprietaria del Tour de France.
La Topsport è una squadra della categoria Continental Pro, la terza serie del ciclismo. Il suo team manager è Christophe Sercu, figlio di Patrick, re delle Sei Giorni negli anni Sessanta e Settanta e a lungo compagno proprio di Eddy Merckx, che a sua volta fornisce le biciclette alla squadra: «Il ciclismo è sconvolto dalla perdita di un ragazzo e di un talento così – ha detto Merckx – . Siamo vicini alla sua famiglia e la tappa che si doveva correre è stata neutralizzata per rispetto del lutto». Lo staff della Topsport ha spiegato che i corridori della squadra vengono sottoposti a quattro controlli all’anno dall’Università di Lovanio e che la cartella clinica e i parametri del corridore, non avevano mai fatto pensare ad alcun problema. Resta il fatto che nel ciclismo tenuto ormai sotto scacco (e sotto stretta osservazione) dall’antidoping, le squadre Continental subiscono meno controlli delle altre, non avendo l’obbligo di aderire al costoso passaporto biologico.
Nel giorno in cui dalla Francia arriva anche la notizia del suicidio del 40enne Christophe Duponey, iridato di mountain bike nel 1998, condannato a tre mesi di prigione nel 2006 perché coinvolto in un caso di doping, il ciclismo, o almeno chi ha ancora a cuore questo sport, resta a farsi delle domande, fastidiose magari, ma legittime e necessarie: tra i corridori in attività (Zanette, Salanson, Gal-letti, Cox, Fois, Nolf per restare agli ultimi casi) e tra quelli che hanno smesso (Jimenez, Pantani, Gelfi e ora Duponey) non cominciano a essere un po’ troppi i morti, per parlare sempre e solo di una semplice maledizione?