Luca Sciortino e Ottavio Repetti, Panorama, 12 febbraio 2009, 12 febbraio 2009
LUCA SCIORTINO E OTTAVIO REPETTI PER PANORAMA 12 FEBBRAIO 2009
Motori a metano più potenti. Ibridi che sposano il diesel. E poi l’elettrico puro e, forse, l’idrogeno. Ecco tutti i progetti delle case automobilistiche per i prossimi 10 anni. Con un traguardo: ridurre a zero le emissioni e mandare in pensione i vecchi pistoni.
Ieri il suo futuro potevamo solo immaginarlo. Oggi l’abbiamo scritto. L’auto dei prossimi 10 anni ha una strada già tracciata, dopo la decisione dei governi dei paesi industrializzati di puntare su veicoli ecologici. una strada con un traguardo: l’abbandono del motore a scoppio. Prima di raggiungerlo vivremo l’era dei carburanti alternativi, quella del motore ibrido e, infine, quella del motore elettrico. Poi sarà forse la volta dell’idrogeno.
La prima di queste epoche è dietro l’angolo: in Brasile si va a bioetanolo e gli Stati Uniti dovranno puntare a breve sul gas per rispettare il previsto taglio delle emissioni del 30 per cento entro il 2016. In Italia, grazie alla ricerca Fiat, sfrutteremo appieno le potenzialità del metano. La rete di rifornimento, ora di soli 780 distributori di gas naturale contro i 22 mila di benzina, è destinata a raddoppiare grazie a un recente decreto sulle normative di sicurezza dei distributori; e le auto a metano decuplicheranno nei prossimi 3-4 anni. Avranno emissioni di ossidi di azoto e anidride carbonica inferiori, rispettivamente, del 50 e del 25 per cento rispetto alle auto a benzina. E con l’introduzione del turbo saranno più potenti.
Nel frattempo l’auto ibrida, in circolazione (scarsa) già da qualche anno, si prepara al salto di qualità. Se finora il propulsore elettrico serviva da supporto a quello a scoppio, al fine di ridurre i consumi e viaggiare a emissioni zero per brevi tratti, nel giro di cinque anni il ruolo dei due motori sarà invertito.
Si basa su questo principio il prototipo Volkswagen, per esempio, che diventerà auto di serie tra cinque anni; o la nuova Honda Insight che viaggia in modalità elettrica fino a 50 all’ora. E stanno per arrivare le nuove Audi, dal 2010, le Mercedes e le Bmw, seguite da tutti gli altri grandi gruppi.
Il grande obiettivo è un’auto completamente elettrica con prestazioni simili alle vetture tradizionali. La strada però è ancora lunga. L’ostacolo è un umile dispositivo che non riesce a evolvere al pari degli altri strumenti tecnologici: la batteria. Il motivo è semplice: la batteria si basa su reazioni chimiche e contro le leggi dell’universo si può fare poco. Così, come nel caso delle celle solari e delle turbine eoliche, cerchiamo di produrre batterie sempre più efficienti che accumulino l’energia e la restituiscano nei momenti in cui occorre erogarla. Allo stesso modo, nel caso delle auto, l’industria tenta di andare oltre le prestazioni dei prototipi attuali, come la Bluezero Mercedes, che si carica in tre ore e percorre 200 km.
All’inizio il mercato farà affidamento sulla tecnologia E-Rev, un’auto totalmente elettrica (ma con un piccolo generatore a benzina) che si carica dalla presa di corrente per piccoli viaggi e raggiunge autonomie fino a 600 km accendendo il generatore. Avremo nel 2012 una city car elettrica della Toyota che viaggia a 80 all’ora; una Ford con autonomia fino a 2 mila km; e un’Audi che nel quinquennio 2015-2020 raggiungerà prestazioni simili a un’auto tradizionale. La concorrenza gioverà: la General Motors apre fabbriche per batterie agli ioni di litio per le sue Chevrolet Volt e Opel Ampera (le vedremo a marzo al Salone di Ginevra) e la Panasonic, che fornisce di batterie la Toyota, è in trattativa per comprare la Sanyo, a sua volta fornitrice della Honda.
Il sogno resta l’auto a idrogeno, ma ci sono svariati problemi: i costi sono ancora troppo alti; non esiste un efficiente sistema di produzione e distribuzione dell’idrogeno; l’accumulo a bordo richiede ulteriori sviluppi tecnici. Fra 10 anni ne circoleranno 120 mila nel mondo. Honda, Bmw, General Motors, Nissan, Toyota, Hyundai, Volkswagen hanno prototipi avanzati. Si spera che si possa aumentare, contemporaneamente, la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili a basso costo.
Se queste possono considerarsi le linee generali, è anche vero che ogni casa automobilistica adotterà particolari strategie. «Puntiamo su più fronti per mantenere la prima posizione come gruppo con emissioni di CO2 più basse in Europa» anticipa Nevio Di Giusto, amministratore delegato del Centro ricerche Fiat. «Nel breve ci concentreremo sul miglioramento dei motori tradizionali, anche pensando a miscele con biocombustibili o gassose, tra cui quella metano-idrogeno, con la produzione di motori predisposti a funzionare con tali tipi di miscele». Significherà anche che si potrà scegliere di mettere solo metano, o magari idrogeno se un domani vi sarà una rete predisposta.
«Altro aspetto su cui ci stiamo impegnando è la riduzione dell’energia sprecata in attriti, in resistenza aerodinamica all’avanzamento e nel rotolamento. Prendiamo in considerazione anche l’energia del processo produttivo e le opportunità del riciclaggio». Poi, la novità: «Naturalmente, nei nostri piani di ricerca ci sono sia la trazione puramente elettrica sia l’uso di fonti alternative come quella dei pannelli fotovoltaici. Però l’auto elettrica richiede una consistente reingegnerizzazione della vettura».
Come mai la Fiat non ha puntato fin da subito su un piccolo motore elettrico? «L’ibrido oggi ha un costo ancora troppo alto per essere veramente sostenibile e può essere una realtà solo in presenza di incentivi da parte del governo» risponde Di Giusto. «Abbiamo cercato di ottenere risultati altrettanto interessanti con l’evoluzione delle tecnologie multijet e multiair, il turbocompressore e altri dispositivi per ridurre le dimensioni e i consumi del motore a parità di prestazioni». Aggiunge: «Bisogna guardare alle emissioni complessive di CO2: per costruire un’auto elettrica, per esempio, le emissioni degli attuali processi produttivi sono maggiori di quelli dei veicoli tradizionali. Oggi la migliore fonte di energia è il recupero degli sprechi che si possono ridurre intervenendo sui consumi dei sistemi, sull’aerodinamica, sul rotolamento e così via».
Il gruppo Psa (Peugeot-Citroën) ha idee differenti. La sua strategia si basa su due pilastri: microibride con sistema «stop and go», ovvero di spegnimento automatico ai semafori e in coda; abbinamento di un motore elettrico al diesel Hdi con filtro antiparticolato, per ridurre del 35 per cento circa consumi ed emissioni pur mantenendo le stesse prestazioni.
La Bmw continua la produzione di auto in cui l’idrogeno alimenta un motore a scoppio, scommessa che la casa bavarese porta avanti quasi da sola. Nel 2009 presenterà l’Active hybrid perfezionato, adattabile ai motori a benzina o diesel e in grado di ridurre del 20 per cento le emissioni rispetto al modello con motore tradizionale. Come la General Motors, punta anche alla tecnologia fuel cell, convinta che nel 2020 una su quattro vetture immatricolate sarà alimentata a idrogeno. Inoltre ha sviluppato il sistema Efficient dynamic per ridurre la CO2, con emissioni sotto i 140g, su 23 modelli.
Nell’ibrido crede fermamente la Honda che, al contrario della Toyota, si concentra su motori medio-piccoli: nel 2010 presenterà una Jazz ibrida con motore di 1.400 cc dal prezzo inferiore a 20 mila euro che recupera energia dalla frenata, si spegne ai semafori e decide in automatico quale propulsore usare per un maggiore risparmio energetico. Poi, sempre a inizio 2010, vedremo una Crz, ibrido compatto dal look sportivo.
Nel più lungo termine sarà la volta di una Fcx Clarity, venduta in 200 esemplari entro i prossimi tre anni con una formula leasing che permette ai clienti di liberarsi di problemi tipici dell’elettrico, come la sostituzione delle batterie.
A puntare già ora sull’elettrico puro con batteria a ioni di litio è la Renault. Il suo obiettivo è diventare, in alleanza con la Nissan, il primo produttore al mondo di veicoli elettrici; per questo sta trattando con governi e amministratori locali per l’introduzione di incentivi fiscali. Probabilmente già dal 2011, quando la nuova Kangoo Express sarà sulle strade, vedremo un esempio di trazione puramente elettrica. Sembra che le ricariche dureranno sei ore con un’autonomia di circa 150 km, ma è prevista la possibilità di sostituire le batterie con un meccanismo di leasing.
Nel frattempo, come a dar ragione alla strategia Renault, arriva uno studio del gruppo Ibm: ipotizza che nel 2020 si produrranno solo auto elettriche. I pistoni hanno davvero gli anni contati?