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 2009  febbraio 04 Mercoledì calendario

Il filosofo Gianni Vattimo ha raccontato che nel 2003 il suo compagno di allora, Sergio Mamino, s’era scoperto un tumore inoperabile al polmone e perciò decise di morire

Il filosofo Gianni Vattimo ha raccontato che nel 2003 il suo compagno di allora, Sergio Mamino, s’era scoperto un tumore inoperabile al polmone e perciò decise di morire. «Ci iscrivemmo all’associazione Dignitas, in Svizzera, che garantisce assistenza; ma scoprimmo che si limitava a fornire la pillola, da prendere poi a casa propria. Non ce la siamo sentita. Poi presi contatto con un medico olandese, di origine italiana. Ci propose: venite qui. Non si trattava ovviamente di uccidere Sergio in un secondo, ma di non farlo soffrire, di affrettarne la fine in una situazione meno tesa che in Italia. Accettammo. Sergio chiese solo, prima di andare ad Amsterdam, di fare un ultimo viaggio insieme, in America, per realizzare il suo sogno di storico del-l’architettura: vedere la casa sulla cascata che Lloyd Wright aveva costruito in Pennsylvania. Andò a prendere congedo dalla madre, a Torino. Fu un momento molto doloroso, ma lui era sereno, e convincente». Morì tornando dal viaggio in America: «All’imbarco era molto debole. Chiesi agli steward di portare a bordo dell’ossigeno, mi dissero che non era possibile. Fingemmo di star bene e ci imbarcammo, lui reggendosi al bastone. Avevamo i biglietti di business, nelle prime file. Dopo due ore di volo Sergio andò in bagno, e non uscì più. Forzai la porta. Lo trovai che respirava appena. Tentai di rianimarlo, a bordo c’era un medico che provò la respirazione bocca a bocca, ma non c’era più nulla da fare. L’ho tenuto stretto fin quando non l’ho sentito freddo. E ho trovato consolazione in un solo pensiero, non doverlo accompagnare in quella clinica». Sergio Mamino aveva assistito alla lunga agonia del primo compagno di Vattimo, Gianpiero Cavaglià. «Sergio era venuto a vivere da noi nel 1977, quand’era studente universitario e io preside di facoltà. Eravamo una famiglia allargata... Nell’86 Gianpiero scoprì di avere l’Aids. Anni di patimenti, complicazioni, malattie sopravvenute, tra cui l’epilessia. Ingoiando l’intera confezione di pastiglie contro l’epilessia, il mattino di Pasqua del 2002, Gianpiero tentò di suicidarsi. Lo salvammo, e mentre io chiamavo l’ambulanza Sergio faceva sparire un biglietto che avevo appena intravisto, in cui Gianpiero chiedeva di essere perdonato. Un medico mi disse che avrei fatto meglio a lasciarlo andare. Ma qualche sera dopo, vedendo un film insieme, gli chiesi se era felice di esserci ancora. Mi rispose che era sereno. Gli restavano sei mesi. Si spense alla fine dell’anno».