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 2009  febbraio 03 Martedì calendario

RODOLFO, IL FIGLIO CHE COMANDERA’


La successione è iniziata davvero forse in quell’inverno del 2006, quando Rodolfo De Benedetti, allora quarantaquattrenne, riesce a trascinare il padre Carlo alla Harvard Business School al corso «Families in business: form generation to generation», una settimana, prezzo di venticinquemila euro e obbligo di andare in coppia, uno per generazione. Sveglia alle sei, lezioni alle otto e enta, cena alle diciannove e a letto alle ventitrè.
Oggi che è arrivato il momento del passaggio i due stanno cercando di applicare quanto imparato ad Harvard, ma con qualche difficoltà.
Nella conferenza stampa del 26 gennaio a Milano, con tutta la famiglia in platea, Carlo De Benedetti ha innunciato le dimissioni dalla presidenza delle due holding (Cir e Cofide) che controllano le partecipa zioni del gruppo. Manterrà però il potere di nomina dei direttori delle testate del gruppo Espresso, cioè soprattutto del settimanale (l’Espresso) e del quotidiano principale, Repubblica. E questo pare stia già complicando il passaggio generazionale, con il figlio che avrebbe già scritto una lettera al padre il cui contenuto è riassumibile in: o tutto o niente, a queste condizioni io non posso lavorare, o si cambia o me ne vado.
Rodolfo De Benedetti dovrebbe restare solo a guidare Cir e Cofide, dopo l’approvazione dei bilanci in aprile, quando suo padre si farà definitivamente da parte, dopo oltre un quindicennio di gestione condivisa: Rodolfo è amministratore delegato di Cir dal 1993 e di Corde (la Compagnia finanziaria De Benedetti) dal 1995, oltre ad avere la presidenza della società energetica del gruppo, Sorgenia, e di quella storica di componentistica per auto: Sogefi.

Carlo e Rodolfo hanno caratteri molti diversi», dice Franco De Benedetti, che ne è rispettivamente fratello e zio. L’ingegnere - spiega - ha, insieme alla velocità di intuizione, fuochi di entusiasmo, anche scatti di passionalità. Rodolfo ha una logica tagliente come un rasoio, un rapporto così il lavoro da etica calvinista, nel senso weberiano, che contrasta con la tenerezza nella vita privata, con moglie e figlie. A Rodolfo piace il fondo, con la bici e con gli sei e forse anche sul lavoro». Differenze che si traducono in una diverso attaccamento al settore editoriale. CDB non vi rinuncerebbe. E le cronache dei giornali riportano dichiarazioni di ottimismo sul futuro della carta stampata di Marco (uno degli altri due fratelli, il terzo, Edoardo, fa il cardiologo a Givera e non si occupa di business) ma non di Rodolfo. Chi lo conosce attribuisce questa freddezza verso i giornali a una caratteristica comune a molti quarantenni, seconda generazione di un capitalismo familiare che devono guidare nel nuovo secolo: hanno studiato all’estero, si sono formati nelle migliori università dei mondo e sono meno sentimentali, se qualcosa rende la si conserva, altrimenti si vende. Anche se si tratta dei giornali. Inoltre hanno un rapporto meno integrato con la politica e con i suoi riti cui la stampa italiana è intrinseca.
Circola qualche voce sul futuro editoriale del gruppo Espresso dopo l’uscita di CDB: c’è chi parla di un interessamento di Rupert Murdoch, c’è chi ritiene che potrebbe funzionare una soluzione spezzatino - con la se parazione dei quotidiani locali - che attirerebbe l’interesse di Francesco Gaetano Caltagirone (soluzione politicamente difficile). I De Benedetti potrebbero limitarsi a cedere i quotidiani locali e il ricavato servirebbe a rilanciare Repubblica in un anno che si annuncia povero di pubblicità.

Nato nel 1961, Rodolfo De Benedetti porta il nome del nonno primo imprenditore della storia famigliare, si è laureato nel 1992 in economia politica a Ginevra, e nel 1985 in legge. Lì conosce Emmanuelle De Villepin, quasi coetanea (1959), all’epoca fidanzata con l’attore Christopher Lambert, poi famoso per il suo ruolo dell’immortale Highlander. Di lei dicono: bionda, occhi blu, grande personalità, molto vivace intellettualmente e molto spiritosa. Viene da una famiglia politica in vista, suo cugino Dominique è stato il ministro degli Esteri francese che cercava di evitare la guerra in Iraq e poi ha perso la sfida con Nicolas Sarkozy per la guida del partito gaullista. Molti anni dopo l’incontro con Rodolfo, quando già sono sposati, alla festa a Saint Mortiz per i suoi settant’anni CDB dirà che Emmanuelle «è come se fosse mia figlia». A Milano Emmanuelle, come molte signore nella sua condizione, organizza eventi, fa volontariato, «lavora un pò per Krizia», come nota un’amica spiritosa. E scrive due libri, di successo anche in Francia, Tempo di fuga (2006) e La ragazza che non voleva morire (2008), sulla guerra in Cecenia, argomento molto popolare nella gauche parigina, ma non in quella milanese. Dalle cronache mondane si deduce che sia Emmanuelle a organizzare serate a cui poi Rodolfo partecipa, ma i due preferiscono frequentare pochi amici, alcuni sono ancora gli stessi dei tempi dell’università a Ginevra. In vacanza vanno spesso dalla nonna Mita, prima moglie dell’Ingegner Carlo De Benedetti, a cui sono molto legati. La loro terza figlia si chiama Mita. Le prime due, Alix e Neige, sono già grandi una al liceo, l’altra all’università.
Neige, sempre discreta, è stata anche avvistata alla settimana milanese della moda, a una festa organizzata da Pierre Casiraghi e Beatrice Borromeo.
Ma Rodolfo ha poco tempo per uscire. Tutti lo raccontano come un grande lavoratore che come unici hobby ha la bicicletta e lo sei (ma solo quello di fondo), sport dove può esercitare quella stessa autodisciplina e capacità di resistenza per le quali è noto in anzienda. Anche chi è critico nei suoi confronti, gli riconosce grandi capacità di negoziatore e di immersione totale nei dossier. Dice Marco Bava, piccolo azionista di Cir e Cofide sempre presente e molto attivo alle assemblee societarie: «Quando l’ho conosciuto sembrava diverso dal padre, più disponibile al dialogo, più incline ad imparare. Ma è rimasto confinato in un ruolo da gregario per anni e solo adesso può cercare uno spazio suo: riuscirà a reggere il gruppo in modo normale, farà cose normali, niente di eccezionale, ma sembra destinato a liberarsi dell’editoria». In realtà da almeno dieci anni Rodolfo non ha più solo il ruolo di deflino in apprendistato. Forse la cesura si può individuare nell’uscita dall’Olivetti, nel 1997. Quattro mesi dopo l’uscita di CDB, il consiglio di amministrazione prende atto «con rammarico delle di missioni presentate dal consigliere Rodolfo De Benedetti che lascia la carica in coerenza con la natura di public company che l’Olivetti ha assunto». Esce l’ultimo De Benedetti al vertice dell’impresa (resta Marco, ma solo come manager tra gli altri), e l’Olivetti passa definitivamente a Roberto Colaninno. Quattro anni prima, all’inizio della fine dell’esperienza olivettiana, il trentadueenne Rodolfo intervenne ancora come figlio per difendere il padre coinvolto in Tangentopoli. La Stanipa che lo intervista lo presenta ancora solo come «il figlio dell’Ingegnere», anche se il cronista nota subito dopo che nel suo ufficio c’erano le foto della moglie, delle bambine (allora soltanto due) ma non del padre.

Nel 1999 Rodolfo inizia quella che la sua avventura imprenditoriale più personale, Sorgenia, una start up frutto della collaborazione tra Cir e l’austriaca Verbund che si propone di sfruttare le opportunità create dalla liberalizzazione del mercato dell’energia. E ci riesce: in dieci anni passa da 27 a 325 dipendenti, con un fatturato che cresce dai 76 milioni del 2000 ai 1527 del 2008. Il nuovo impianto di Termoli, inaugurato nel 2006, è il primo completamente realizzato da Sorgenia, che per il futuro punta sull’eolico e sulle altre energie rinnovabili. Tra le altre attività di cui si occupano le controllate delle holding De Benedetti, pare che Rodolfo sia più affezionato a quelle meglio posizionate per sfruttare il cambiamento nelle norme e negli stili di vita, da Hss (sanità) che dovrebbe intercettare la crescente domanda di assistenza di una società che invecchia, a Jupiter Finance, specializzata nel recupero di crediti in sofferenza, uno dei pochi business finanziari che nella crisi vede un’opportunità di sviluppo. La Sogefi, così tipicamente old economy, nel settore maturo della componentistica per auto non ha per lui lo stesso valore, anche sentimentale, che ha per Carlo, che l’ha fondata e ne è stato presidente per 25 anni.
Ma nel capitalismo - anche quello famigliare - i sentimenti riposano sui dividendi. Questo pensa RDB.