Internazionale 780, 30 gennaio - 5 febbraio 2009 (David Remnick, The New Yorker, traduzione di Gabriele Crescente), 4 febbraio 2009
Nel 2001 Putin ha invitato Venediktov [il direttore di Eco di Mosca] a un incontro nella biblioteca del Cremlino
Nel 2001 Putin ha invitato Venediktov [il direttore di Eco di Mosca] a un incontro nella biblioteca del Cremlino. Come prima cosa gli ha spiegato la differenza tra un nemico e un traditore. ’è una distinzione fondamentale per Putin”, spiega Venediktov. ”Mi ha detto: ’I nemici li conosci, li combatti, ma alle ine ci fai pace. I traditori, invece, devono essere schiacciati, annientati’. Questa è la sua visione del mondo. Poi ha proseguito: ’Aleksej, tu non sei un traditore, sei un nemico’”. Chiedo a Venediktov se pronunciando queste parole Putin sorrideva. ’Sorridere?”, mi ha risposto. ”Putin non sorride mai. Mi stava semplicemen- te spiegando cosa rappresento per lui. Sa che non lo pugnalerò alla schiena e non sarò sleale, ma sa anche che non smetterò di fare il mio lavoro. A quel punto gli ho risposto: ”Se vuole chiudere Eco di Mosca, lo faccia. Ma non rinuncerò a fare quello che devo fare”. Venediktov sapeva che non era il caso di farsi troppe illusioni. In fondo il presidente gli stava dicendo quello che lo zar Nicola i una volta disse a Pushkin: ”Da oggi sarò il tuo censore’”. [...] Non c’è fine ai paradossi di Eco di Mosca. Dal 2001 è proprietà di Gazprom, il colosso dell’energia alla base del potere economico e politico del Cremlino. Venediktov definisce il governo ”il nostro maggiore azionista”. Eppure i servizi giornalistici della radio sono rimasti coraggiosi e onesti, cosa particolarmente importante negli ultimi quattro o cinque anni. [...] I funzionari russi, compresi gli agenti dei servizi di sicurezza, ascoltano Eco di Mosca per avere qualche punto di contatto con la realtà. ’In Russia quelli che prendono le decisioni sono lontani dalla vita reale”, spiega. ”Hanno i soldi, vivono separati dal paese e la burocrazia, per raggiungere i suoi scopi, gli nasconde le informazioni essenziali. L’informazione è il bene più prezioso del burocrate, che se ne serve per inanziarsi e per sopravvivere. Per esempio, se vogliono ottenere più fondi, i burocrati dell’intelligence alimentano i timori delle autorità, esagerando la minaccia di una nuova rivoluzione arancione anche se il rischio è inesistente”. Poi Albats si guarda intorno e abbassa la voce: ’I burocrati mentono, per questo chi è al potere ascolta Eco di Mosca. Il sistema non funziona, e noi abbiamo un ruolo importante. Gli inquilini del Cremlino sono nostri fedeli ascoltatori”. [...] I giornalisti di Eco di Mosca, però, si trovano in una posizione scomoda. Putin lo ha fatto chiaramente capire a Venediktov a novembre. La tv di stato ha bollato lui, Julija Latynina e Matvej Ganapolskij, le voci principali dell’emittente, come membri di una ”quinta colonna” eversiva. ”Quando parli con gente del Cremlino o dei servizi segreti, dicono sempre: ”Come siete coraggiosi. Noi ascoltiamo sempre Eco di Mosca’”, racconta Latynina. ”Venediktov sa parlare alla gente del Cremlino e sa fare l’indifferente davanti alle loro richieste. Non mi ha mai delusa, anche quando non eravamo d’accordo. Posso dire quello che voglio. Lui mi difenderà sempre”. Ma se l’integrità di Venediktov si è dimostrata solida quanto il suo iuto politico, la sua capacità di proteggere i collaboratori è limitata. In Russia negli ultimi otto anni sono rimasti impuniti dieci omicidi di giornalisti. Nel 2006, quando è stata uccisa Anna Politkovskaja, tre giornalisti di Eco di Mosca sono entrati nell’uficio di Venediktov e hanno detto che volevano dimettersi. L’anno scorso il direttore è andato a New York per ritirare un premio dell’Overseas press club. ’Prima arriva il premio, poi la pallottola”, ha detto la moglie. Per il momento Eco di Mosca resta aperta, vitale per i suoi ascoltatori e utile per il regime. ”Ma quello che facciamo e quanto siamo bravi conta poco”, dice Venediktov. ”Dobbiamo sempre ricordarci che potremmo sparire in un attimo”