Internazionale 780, 30 gennaio - 5 febbraio 2009 (David Remnick, The New Yorker, traduzione di Gabriele Crescente), 4 febbraio 2009
Ad agosto, durante la guerra con la Georgia – un evento che sembrava preannunciare la ripresa della guerra fredda – Eco di Mosca ha trasmesso dei reportage equilibrati all’interno di un programma intitolato Con i loro occhi
Ad agosto, durante la guerra con la Georgia – un evento che sembrava preannunciare la ripresa della guerra fredda – Eco di Mosca ha trasmesso dei reportage equilibrati all’interno di un programma intitolato Con i loro occhi. In studio erano presenti ospiti di ogni orientamento: dal giornalista nazionalista Maksim Shevcenko ad Andrej Ilarionov, ex consigliere economico di Putin e oggi tra i più severi critici del Cremlino. Ma a quanto pare il tono della radio non è piaciuto a Putin, che il 29 agosto ha convocato 39 dirigenti dei principali mezzi d’informazione del paese nella sua residenza estiva a Soci, per chiarire alcuni dettagli sulla copertura giornalistica del conlitto. Negli ultimi otto anni Putin ha tenuto regolarmente riunioni di questo tipo per lanciare ammonimenti e mettere in chiaro chi è che comanda. Un’abitudine mantenuta anche dopo l’elezione del nuovo presidente, Dmitrij Medvedev. All’incontro di Soci, Putin ha rivolto la sua attenzione – e il suo sguardo di ghiaccio – soprattutto ad Aleksej Venediktov, direttore di Eco di Mosca. Il primo ministro ha criticato l’emittente per le sue trasmissioni sulla guerra. I suoi commenti non avevano nulla di insolito, ma questa volta sembrava proprio che il premier volesse far chiudere la radio. Più tardi Venediktov ha protestato direttamente con Putin, accusandolo di essere stato ”ingiusto”. Per tutta risposta il primo ministro ha tirato fuori una pila di fogli con le trascrizioni delle trasmissioni di Eco di Mosca e ha esclamato: ’Dovrà rispondere di questo, Aleksej Alekseevich!”. Venediktov è rimasto di sasso. Ma poi ha capito che Putin non lo avrebbe mai invitato a Soci con gli altri direttori se avesse voluto davvero sbarazzarsi di lui o della sua radio. Gli sarebbe bastata una telefonata. ”In seguito ci siamo incontrati a tu per tu, e il tono di Putin è stato più positivo”, mi ha raccontato Venediktov. ”Ma a Soci aveva raggiunto il suo obiettivo: aveva dimostrato che con noi può fare quello che vuole in qualunque momento”. Tornato a Mosca, Venediktov ha detto chiaramente ai suoi collaboratori che dovevano ”prestare la massima attenzione” nella realizzazione di servizi equilibrati, veriicando le notizie e senza trascurare la voce del governo. Nessuno, però, è stato licenziato. Venediktov era riuscito a evitare il peggio.