Fabio Martini, La stampa 4/2/2009, 4 febbraio 2009
L’ALTRO PATTO TRA SILVIO E WALTER
In quel preciso momento ha capito soltanto chi doveva capire. Sono le 16,36 del 27 gennaio e l’agenzia Ansa lancia una dichiarazione di Luigi Zanda, vicepresidente dei senatori del Pd: «Sui regolamenti il Senato è già al lavoro». Una dichiarazione anodina, senza particolare appeal per i parlamentari e per i cronisti che la leggono, anche perché tutti ignorano quel che era accaduto qualche minuto prima del «lancio» Ansa. In via riservata Walter Veltroni aveva chiesto a Zanda di uscire allo scoperto: «L’intesa col Pdl sulla legge elettorale per le Europee è quasi chiusa», ma per sigillarla, servirebbe una dichiarazione di disponibilità da parte del Pd sulla riforma dei regolamenti parlamentari, che da tempo sta a cuore al governo. Zanda annuisce e passa all’azione. A metà pomeriggio annuncia nella sala Garibaldi di palazzo Madama: «Mi sembra che al Senato, tra i gruppi parlamentari, ci sia molta consapevolezza sulla necessità di precedere con molta concretezza». Sia pure in politichese, è il segnale che il Pdl aspettava. In serata, da palazzo Chigi arriva il definitivo via libera sulla trattativa col Pd, nel giro di qualche ora la notizia «gira» e l’indomani i giornali sono pieni di titoloni sull’intesa. Che ieri ha avuto il primo suggello, col via libera della Camera.
Dunque, per sbloccare la trattativa tra Pdl e Pd sulla legge elettorale europea è servito anche un «lubrificante», l’accordo di massima sui regolamenti parlamentari, al quale stanno già lavorando da giorni Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori Pdl e da Luigi Zanda, pari grado nel Pd. L’obiettivo non dichiarato - ma che i due si sono confidato - è quello di arrivare ad un testo unico maggioranza-opposizione, frutto di una sintesi dei diversi progetti di legge presentati e incardinato su due punti chiave: corsia preferenziale per i Ddl del governo e Statuto dell’opposizione. Certo, per quanto riguarda il Pd sarebbe eccessivo parlare di cambiale, di contropartita «pagata» per ottenere la vantaggiosa soglia al 4%, se non altro perché anche il Pd ha tutto da guadagnare da una norma scaccia-nanetti. Ma la riforma dei regolamenti, se andrà in porto, è destinata a riequilibrare i rapporti governo-Parlamento, ma soprattutto a gratificare la coppia esecutivo-maggioranza. L’accordo al quale stanno lavorando Quagliariello e Zanda ruota essenzialmente attorno ad una novità: i disegni di legge di attuazione del programma dell’esecutivo devono essere approvati entro 60 giorni dalla assegnazione nelle Commissioni competenti. In altre parole, il governo avrebbe la certezza di poter discutere (e, si immagina, approvare) i provvedimenti di maggior interesse entro due mesi, lo stesso termine che è necessario per la conversione in legge dei decreti. Una riforma che consentirebbe di superare un fenomeno oramai radicato: con la «scusa» che al governo non è riconosciuto il timone di procedure parlamentari obiettivamente lente, oramai sempre più spesso l’esecutivo «fugge» dal Parlamento. Abusando dei decreti-legge, delle deleghe legislative, delle Finanziarie fatte con maxi-emendamenti approvati con la fiducia. L’altro cardine della riforma sarebbe il riconoscimento all’opposizione di spazi ad essa dedicati, dunque ampliamento del question-time e attribuzione di una quota fissa dei tempi parlamentari per far discutere propri disegni di legge. Spazi che consentirebbero alla minoranza, non tanto di approvare propri provvedimenti, ma di poter rendere intelligibile un indirizzo politico alternativo.