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 2009  febbraio 04 Mercoledì calendario

LE QUATTRO TORRI DI BOLOGNA


Fino a poche ore fa Bologna era la città delle tre Torri: Delbono, Guazzaloca, Cazzola. Il prodiano, il civico, l´impresario.
Ma ieri mattina è arrivata la quarta torre, il professore di scienza politica Gianfranco Pasquino, con una sua lista "civica e ulivista". E i giochi inevitabilmente impazziscono. Perché Pasquino, 67 anni, non è soltanto il convitato che può far saltare la vittoria al primo turno del Pd. anche l´uomo che ha infilato il dito nell´altra dolorosa questione bolognese, quella culturale. La novità è che oggi a Bologna la partita politica incrocia lo scacchiere della cultura. Può uscirne un cortocircuito.
Per il momento, tutti i discorsi cominciano da Flavio Delbono. Mantovano, a un passo dai cinquant´anni, promessa dell´economia politica (dottorato a Oxford, studi con Amartya Sen), entrato in politica all´epoca dell´esordio prodiano, si trova a fronteggiare una competizione in cui le convenzioni stanno saltando. Dopo la sconfitta contro Guazzaloca nel 1999, la Bologna progressista aveva ritrovato la propria identità di sinistra. Sergio Cofferati aveva ricompattato quartieri e polisportive, borghesia illuminata e professioni. Sullo sfondo delle Torri, Romano Prodi e l´ambiente maggioritario del Mulino avevano dato il tono politico-intellettuale al consenso bolognese. Nominare la casa editrice e l´associazione culturale di Strada Maggiore 37 significa infatti alludere a nomi come quelli di Giuliano Amato, Tommaso Padoa-Schioppa, Arturo Parisi. Insomma, dire Delbono evoca l´ombra di Prodi.
Quanto a Cofferati è stato una parentesi. «Positiva - dice provocatoriamente Giovanni Salizzoni, ex vicesindaco di Guazzaloca, in transito verso l´imprenditore Cazzola - perché il sindaco, estraneo com´era alla città, ha mandato in pezzi il blocco di potere e affari del vecchio Pci e delle coop». Negativa, invece, per l´abbandono del campo a causa dei problemi famigliari sorti con la nascita del piccolo Edoardo. Ma in ogni caso, se non ci fossero state di mezzo altre invenzioni politiche, la sinistra avrebbe potuto guardare serenamente all´esito del confronto fra i due candidati del fronte opposto, cioè il revenant Guazzaloca, reduce dalla sconfitta con Cofferati e dall´Antitrust, e la new entry Alfredo Cazzola, l´imprenditore che è stato il patron del Motorshow e presidente del Bologna calcio, promozione in A inclusa, verso il quale c´erano state dichiarazioni aperturiste perfino dal mondo coop.
L´esito di questo duello nel duello è ancora incerto. Guazzaloca ha dalla sua l´empatia con la Bologna profonda, corporazioni, commercianti, tassisti, l´amicizia esplicita del presidente degli industriali Gaetano Maccaferri, il sostegno "terzista" di Pier Ferdinando Casini, la cautela di Berlusconi che diffida di un uomo che non vuole simboli di partito. Invece Cazzola, l´impolitico, sembra vicino a guadagnarsi l´appoggio ufficiale del Pdl, anticipato dall´endorsement dell´ex udc Carlo Giovanardi.
Ma il punto chiave di ogni discussione bolognese è quello malpancista: riuscirà il Pd a perdere queste elezioni? Si intuisce che i voti del futuro candidato di Rifondazione, sommati a quelli del lupo solitario Valerio Monteventi (sinistra dei centri sociali), e agli insoddisfatti cronici della vicenda Cofferati possono erodere il margine di Delbono, e portarlo a un secondo turno da crisi di nervi. Sotto questa luce, l´ingresso in gara di Pasquino può essere davvero il fattore che scatena il caos.
Anche perché è entrato in gioco a Bologna qualcosa che assomiglia molto all´egemonia culturale. Il fragoroso arrivo in città della casa editrice Laterza, con il Festival della politica che si terrà a novembre, sotto gli auspici di due figure storiche del Mulino, Giuliano Amato e Paolo Pombeni, e il patrocinio economico della Fondazione Carisbo, guidata dal potente ex rettore Fabio Roversi Monaco, ha scatenato un putiferio. Lo stesso Pasquino, di fronte all´irruzione di Laterza nel santuario mulinista, non c´è andato leggero: il Mulino ha drammaticamente perso un´occasione perché il suo comitato direttivo «è fatto di ignavi».
Attriti accademici si sommano a insofferenze personali, a vecchie storie, tipiche di una città che è un paese. Ieri mattina hanno chiesto a Pasquino, al caffè La Linea, sotto Palazzo Re Enzo, dove aveva appena annunciato la candidatura, evocando un presunto affettuoso viatico di Prodi e Parisi, alla presenza (sorprendente) del mulinista e cattolico democratico, amatissimo in città, Luigi Pedrazzi: e nel secondo turno, chi appoggerà? Dopo alcune ritrosie, il professore ha specificato di continuare a sentirsi di sinistra. Nel pomeriggio, Prodi ha smentito il via libera, e Parisi ha detto che il suo incoraggiamento si riferiva alla partecipazione alle primarie.
E allora la domanda su chi vincerà a Bologna si complica. Non si tratta più soltanto di uno scontro di personalità, e neanche semplicemente di rapporti di forza tra i partiti. A Bologna rischia di andare in crisi in questo momento il "modello" prodiano, senza nemmeno che siano state necessarie alternative credibili da parte della destra. Se le due Torri erano state il laboratorio dell´Unione, ora potrebbero essere la camera di scoppio dove comincia la disgregazione. Anche se i politici più scafati, come il parisiano Antonio La Forgia, non gli danno più del 2 per cento, secondo alcuni sondaggi Pasquino vale il 6, in quanto può pescare nell´area degli scontenti del Pd e al confine tra le sinistre.
Eppure, più che il risultato in sé, adesso assume un rilievo particolare il disorientamento. Nei salotti borghesi, ogni risposta comincia con un "mah". Nei cenacoli intellettuali, come il Mulino, di fronte al fantasma di Laterza, si minimizza. Ma è difficile negare che anche grazie al professor Pasquino, discepolo del sociologo della modernità Max Weber, per Bologna, dopo l´egemonia, è cominciata una difficile modernizzazione.