Paolo Berlizzi e Davide Carlucci, La stampa 4/2/2009, 4 febbraio 2009
GARLASCO, TUTTI CONTRO ALBERTO. LE GEMELLE: E’ LUI SOTT’ACCUSA
«Per delicatezza, e per rispetto nei confronti di mia cugina, preferisco non giudicare le parole che ho letto. Ci penserà la magistratura, l´unico indagato è lui». Sono le quattro del pomeriggio e Stefania Cappa, una delle due gemelle cugine di Chiara Poggi, l´altra è Paola, è immersa tra i libri. Si sta laureando in legge. Quando ha letto su Repubblica le frasi di Alberto Stasi - accusato dell´omicidio di Chiara - ; quando ha appreso il contenuto delle telefonate in cui Alberto, parlando con la madre e con un amico, getta ombre pesanti sul suo conto e sulla sorella Paola ipotizzando l´uso di una stampella come arma del delitto (ad agosto del 2007, quando Chiara è stata massacrata in casa, Paola girava in stampelle), le è montata dentro una rabbia che dissimula con un tono quasi rilassato, rotto da qualche sorriso. «In questo momento è meglio che non diciamo nulla...», dice. Lascia intendere che le affermazioni di Alberto - contenute nelle 806 pagine di intercettazioni allegate agli atti processuali - potrebbero preludere ad azioni giudiziarie da parte della famiglia Cappa. Perché Stasi, al telefono, è più che esplicito. «Speriamo sia della Cappa», dice alla madre, dopo avere saputo dal suo avvocato del ritrovamento di un capello tinto sulla scena del delitto. E poi: «Quella lì - parlando di Stefania - deve solo stare attenta che non le vengano a sequestrare le stampelle.... ». «Abbiamo già sofferto troppo per la morte di Chiara e per quello che ne è seguito - dice Stefania - non mi sembra il caso di fare commenti a queste affermazioni». E, riferendosi allo stato dell´inchiesta, aggiunge: «Mi sembra non ce ne sia proprio bisogno. come un campo da pallavolo: se anziché due giocatori, ce n´è uno solo e tira la palla al di là della rete, la palla cade a terra... ».
A Garlasco, ieri, c´era un uomo che con dolore asciutto commentava il contenuto delle conversazioni di Alberto Stasi. E´ il padre della sua ex fidanzata, Giuseppe Poggi. «Abbiamo letto, certo. La cosa che ci ha più colpito - dice - è il suo silenzio su nostra figlia. Mai una parola, neanche per sbaglio. Né lui né gli amici pronunciano mai il suo nome. Questo ci addolora ancora di più». Sembra che un nuovo macigno gli rotoli addosso: «Pensavo che qualche parolina in più per nostra figlia la spendesse, la memoria, il dolore, non so... ». Lontani i tempi in cui le due famiglie, gli Stasi e i Poggi, si stringevano in un abbraccio drammatico. «Alberto mi ha detto di dirti che non è stato lui», dice la madre, Elisabetta Ligabò, il 24 settembre 2007, il giorno dell´arresto, a Rita Poggi. Che replica in lacrime: «Lo so Betty, io non ci credo, non ci ho mai creduto». Il 24 febbraio, per Alberto, è il giorno dell´udienza preliminare. La difesa, per questo, sta tentando tutte le carte. «L´autopsia è incompleta», dice Giulio Colli, uno dei legali di Stasi. E rispunta il racconto messo a verbale, a settembre del 2007, di un testimone che disse di aver visto un uomo, non Stasi, uscire dalla casa di Chiara tra le 9 e le 9.30, in sella a una bicicletta nera da donna, e non a una bordeaux da uomo, sulla quale l´accusa ha sempre ipotizzato fosse Alberto. Ma il teste, subito dopo, ritratta: «Mi sono inventato tutto». Intercettato nei giorni successivi, dice ai familiari di essersi «tolto un peso». Gli investigatori non l´hanno ritenuto credibile.