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 2009  febbraio 03 Martedì calendario

E LA GUERRA TRA POVERI SI SPOSTA NEL NORDEST


Non è Grimsby. E’ il Nord Est. Ma la paura inizia a serpeggiare anche qui. Appiccicato alla doppia vetrina dell’agenzia di lavoro interinale Metis di viale Terza Armata a Treviso, Matteo infila i pugni in tasca e affila gli occhi guardando un futuro che non c’è: «Ancora niente. Sono un geometra, ho fatto pure il muratore. Se va avanti così non ci sarà lavoro neanche nei cantieri. Troppi stranieri, si accontentano di troppo poco». Il suo diploma da geometra ha tre anni. Le offerte fresche di giornata appese sui vetri dell’agenzia sono quelle che sono: un disegnatore, un operaio, un paio di addetti alla grande distribuzione, un impiegato contabile. A Treviso gemellata con Orleans e Timisoara si fa la fila per salire sul treno con la locomotiva del Nord Est che non tira più come una volta. Ci sono operaie di 50 anni che dopo aver perso il posto, si sono messe a fare le pulizie a ore. A fare concorrenza alle colf straniere che prendono qualsiasi cosa pur di mettere insieme uno stipendio qualunque.
Franco Manzato, vicepresidente leghista della Regione Veneto è stato tra i primi a lanciare l’allarme: «Ci sono aziende che hanno perso il 30% di commesse. Gli imprenditori devono privilegiare il territorio. Dare lavoro soprattutto alla gente di qui. La competitività delle imprese non si può basare solo sul costo della manodopera». I numeri elaborati dalla Camera del lavoro di Treviso sono meglio di una fotografia: il tasso di occupazione degli stranieri è al 68%, degli uomini italiani è al 61%, delle donne ancora meno, al 56%. Ma la crisi sembra colpire di più i 177 mila stranieri che lavorano nelle aziende del Nord Est. Anche gli «idraulici polacchi» che dovevano imporre le regole al mercato del lavoro occidentale sentono l’aria della crisi, l’aria fredda che arriva da Grimsby «Gli italiani adesso si adattano a svolgere lavori che prima non facevano. Gli imprenditori assumevano manodopera straniera che licenziavano dopo sei mesi e scaricavano sulla collettività», analizza Paolino Barbiero, il segretario della Cgil di Treviso che qualche mese fa chiese di bloccare almeno temporaneamente i flussi migratori. Ne scaturirono polemiche a non finire. Non ha cambiato idea ma spiega meglio: «Nel 2007 il mercato del lavoro a Treviso offriva 3000 nuovi posti di lavoro. Gli stranieri hanno presentato 16 mila domande. Sono stati fatti 500 contratti. L’80% del mercato del lavoro delle agenzie interinali è fatto da stranieri. Forse bisogna prendersi una pausa. La Lega soffia sulla paura. Gli imprenditori non rispettano neanche la Bossi Fini che regola gli ingressi di lavoro ma impone di trovare gli alloggi agli immigrati. Per uscirne basta governare i processi e stringere i denti in attesa che passi la crisi». Mica facile governare i processi quando alla De Longhi condizionatori di Treviso la manodopera straniera non qualificata è al 20%. Addirittura al 70% alla Castelgarden di Castelfranco, leader mondiale dei trattori agricoli. Eppure sono in molti a non chiedere barriere o passaporti per regolare il mondo del lavoro. Il Governatore veneto Giancarlo Galan del Pdl smentisce il suo collega leghista di giunta: «Solo pochi giorni fa ho avuto modo di ringraziare i lavoratori pakistani e senegalesi che hanno costruito il passante di Mestre. Non ci si può isolare e chiudere a riccio. In Europa siamo tutti sulla stessa barca. E’ normale che chi ha perso il posto di lavoro se la prenda con chi pensa che glielo stia rubando. Ma dalla crisi si esce solo sostenendo le imprese». A chiudere le frontiere, magari tireranno un sospiro di sollievo i lavoratori, ma sono le aziende quelle che rischiano di più. Le 100 mila imprese di Treviso, una ogni sette abitanti che da sole esportano quanto la Grecia e il Portogallo messi insieme. Le aziende della Inox Valley della Marca Trevigiana che producono i vetri dei grattacieli di mezzo mondo. O quelle che qui fanno l’85% degli scarponi che finiscono sul mercato internazionale. Aziende che se vogliono vivere devono inseguire le regole di una globalizzazione senza più regole. Ma quello che fa paura a Matteo il geometra che si accontenta di fare il muratore è altro. E’ la foto del mercato del lavoro nel Nord Est che arriva da un’agenzia del lavoro come la Metis: «I settori dove negli ultimi mesi la richiesta è maggiore sono l’energia, la grande distribuzione, l’alimentare e la ristorazione». Impieghi da niente dove non è necessario avere un pezzo di carta, nemmeno un passaporto con il timbro della Repubblica italiana fondata su quel lavoro sempre più difficile da trovare.