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 2009  febbraio 03 Martedì calendario

IL CONTAGIO DEGLI OPERAI PROTEZIONISTI


Di sicuro ne sta subendo gli effetti la parte ricca e industrializzata del mondo: l’Europa occidentale, l’America del Nord e il Giappone, e ovunque la disoccupazione è in crescita.
 perciò davvero deprimente, per un inglese favorevole alla globalizzazione, al libero mercato e alla libertà di movimento delle persone, vedere operai inglesi che scioperano contro lavoratori italiani impiegati in una raffineria francese sulla costa orientale dell’Inghilterra.
Ma la cosa non è sorprendente. In tempi di crisi economica è molto più facile dare la colpa agli stranieri, e dobbiamo aspettarci parecchi casi di nazionalismo di questo genere nel mondo. Dietro le proteste di questi lavoratori britannici c’è però anche dell’altro.
Che i sindacati britannici protestino per l’impiego di lavoratori italiani è perlomeno curioso. Negli anni Ottanta, il periodo più recente in cui la disoccupazione è stata particolarmente alta in Gran Bretagna, c’era un popolare sceneggiato televisivo che si intitolava «Auf Wiedersehen, Pet». Parlava di un gruppo di operai inglesi che andavano in Germania a cercare lavoro («Pet» è un nomignolo affettuoso usato nell’Inghilterra del nord-est per indicare la moglie e la fidanzata). Se gli operai tedeschi avessero scioperato contro l’arrivo degli operai inglesi, che senza dubbio lavoravano con paghe più basse, lo sceneggiato non sarebbe mai stato fatto. Inoltre uno dei principi fondamentali dell’Unione europea – il libero movimento del lavoro – sarebbe stato vanificato.
Chi in Inghilterra sciopera, alla raffineria di petrolio della Total e altrove, non conosce gli articoli del Trattato di Roma o non se ne cura. Quel che sa bene, però, è che il suo lavoro è incerto, visto che l’economia britannica sta entrando quest’anno in una pesante recessione. Gli attivisti sindacali stanno quindi cercando un modo di far pressione sul governo laburista, che secondo l’opinione pubblica ha salvato le banche, ma non ha fatto molto per aiutare i lavoratori. Il fatto che Gordon Brown, in un suo discorso del 2007, avesse promesso di dare «lavoro britannico ai lavoratori britannici» ha consentito a questa piccola disputa sull’impiego di lavoratori italiani di avere maggior risonanza politica. Per questo gli scioperi si sono diffusi. Tutti vogliono attaccare Gordon Brown.
Ma si vogliono davvero attaccare anche gli stranieri? Questi episodi si diffonderanno anche in altri Paesi del mondo? Purtroppo la risposta a entrambe queste domande è sì. Quando Brown fece quel discorso, stava cercando di risolvere una crescente controversia sull’immigrazione in Gran Bretagna. Chi pensa che la Gran Bretagna abbia accolto troppi immigrati non si lamenta, ovviamente, degli italiani, quanto degli europei dell’est e degli africani. Ma sono pur sempre tutti stranieri, ed è per questo che i governi che assecondano questo tipo di pregiudizi anti-immigrazione rischiano alla fine di suscitare reazioni nazionaliste molto più estese e di provocare contromisure da parte di altri Paesi.
Non c’è dubbio, purtroppo, che il protezionismo, nei confronti dei lavoratori, dei beni o perfino dei capitali stranieri, andrà diffondendosi. Lo si vede nella vasta manovra economica antirecessiva appena approvata dal Congresso americano e in procinto di essere esaminata dal Senato, che contiene la clausola «Buy American» (comprare americano), per la quale nei nuovi investimenti pubblici devono essere considerati solo prodotti americani e non stranieri. Lo si è visto anche nella promessa elettorale di Silvio Berlusconi di dare «una soluzione italiana» alla questione Alitalia, non consentendo che la società venisse comprata da Air France-KLM, anche se poi quella stessa compagnia aerea straniera ha finito per comperare un 25 per cento di azioni ancora più a buon mercato di prima.
Questo nazionalismo potrebbe sembrare giusto ad alcuni, specialmente quando si spende il denaro dei contribuenti. Perché, molti si chiedono, i «nostri» soldi dovrebbero essere usati per sostenere società o banche straniere? inevitabile che qualche provvedimento nazionalistico venga adottato. Il pericolo, però, è che queste misure possano diventare così pesanti, e a volte anche così offensive, da costringere altri Paesi a ripagare provvedimenti del genere con la stessa moneta. Il commercio mondiale e gli investimenti oltre confine si stanno già riducendo, e misure nazionalistiche non farebbero che peggiorare la situazione.