Vanity fair 4/2/2009, 4 febbraio 2009
TOGNAZZI
Di notte gli prende un languorino. Allora, verso le tre del mattino, va in cucina . Tutto nudo, il televisore sintonizzato sul Gambero rosso, apre il portellone del frigo e crea. «Fra due fette di pane puoi mettere il mondo», dice. Inventare un mondo nuovo gli porta via lunghe ore solitarie, e a seconda degli ingredienti che trova nascono ricette, che cambiano ogni notte. C’è qualcosa che invece resta sempre uguale, da circa un quarto di secolo. Una volta conclusa la preparazione, Ricky si dirige in camera, e divide il panino con Simona. Il letto, una zattera circondata da computer e Tv in cui la coppia fa di tutto compresi lavorare e mangiare, si riempie di briciole. Ma la goduria è molta, come si leggerà nel libro che lui sta scrivendo, I paninazzi di Tognazzi.
Stacco. Adesso Ricky Tognazzi è vestitissimo, seduto nel bar di uno studio televisivo, e i panini sono un miraggio. Il mestiere del regista (e attore) è fatto così: ci sono periodi in cui metti in cantiere progetti ma non lavori. E ci sono momenti in cui accade di tutto: questo inizio d’anno, per esempio. Tognazzi sta finendo di montare I segreti dell’isola di Koré, quattro film tv che andranno in onda su Canale 5. Sono storie di mistero e indagine ambientate su un’isola fantastica, idealmente potrebbero ricordare Lost, in realtà sono state girate a Favignana, dove la coppia ha casa. Della serie, scritta da Simona, lui è regista e interprete (nel cast anche Enrico Lo Verso, Adriano Giannini, Romina Mondello). Nel frattempo, Ricky è appena tornato da Londra, dove ha girato la prima parte - la seconda sarà fatta in Italia, a Cinecittà - del musical Nine, remake di 8 1/2 di Fellini diretto da Rob Marshall.
Nine è un kolossal americano. Che effetto le ha fatto lavorare per Hollywood?
«Un film americano significa ricchezza di mezzi, ma sei anche controllato a vista e trattato un po’ come un pacco, spostato di qua e di là, poi hai sempre vicino uno con il walkie talkie: insomma, ti sembra di essere un pò ad Alcatraz. Alla fine però non c’è una gran differenza con i nostri film: sempre cinema è, un ciak e poi un altro ciak. In Nine io interpreto il produttore, quello che spinge il regista (Mastroianni in 8 1/2, qui reinterpretato da Daniel Day Lewis, ndr) a realizzare ciò che sogna».
Il film, che dovrebbe uscire a fine anno, è un musical. Lei canta e balla?
«Per fortuna no. Sono 13 pezzi musicali, ma io non c’entro. Invece Day Lewis si esibisce per la prima volta».
Nella parte che fu della Cardinale ci sarà la Kidman. Com’è andato l’incontro? «E’ stato un momento quasi irreale, il regista ci ha presentati chiedendole: "Nicole, conosci Ricky?". lo le ho stretto la mano e lei, con quella pelle così bianca, altissima sui tacchi e in abito da vamp, con una gran scollatura sulla schiena, sembrava qualcosa di superiore, impalpabile. Detto questo, è un vero mulo da lavoro. Così speciale che persino Simona, per la prima volta, non è stata gelosa».
State insieme da un quarto di secolo e lei è ancora gelosa?
«Non sottovaluti gli anni. Venticinque dei nostri sono come cinquanta di una coppia normale. Noi facciamo tutto in due, la vita, il lavoro, usciamo insieme da casa e insieme ci torniamo. Non saprei più lavorare da solo: quando io faccio il regista, lei sta lì a consigliarmi; quando dirige lei, io sono la sua coscienza. Senza Simona, con chi litigherei, chi mi guarderebbe le spalle?».
Capisco, ma che stress.
«E oltretutto noi a letto abbiamo un ménage a tre».
Lui, lei e..?
«11 film a cui stiamo lavorando: sotto le lenzuola leggiamo la scena, ci confrontiamo, discutiamo, litighiamo».
Ma non le capita mai di voler stare cinque minuti da solo? Dove va?
«In bagno. I bagni sono l’unico spazio che abbiamo diviso: uno per uno»,
Simona è molto esuberante, capace di prendere facilmente fuoco. Ma, chissà perché, sembrerebbe lei quello capace di fare più male.
«Effettivamente posso essere molto tagliente, durante le liti l’ingegno si affina. L’importante è portare punti a casa. Sapendo che a questo rapporto non intendo rinunciare, l’abilità è colpire forte, ma mai in modo irrimediabile».
Alla fine, quindi, chi «vince»?
«Simona dice che si finisce per fare sempre come voglio io. Probabilmente sono il più tenace, quello che vuole arrivare sino in fondo».
In ogni caso, una vita movimentata.
«Quello che mi colpisce con il passare degli anni è che ci scopriamo a pensare le stesse cose, anche senza parlare. Non so se sono cambiato io, se è cambiata lei, se uno dei due ha cannibalizzato l’altro. E’ come giocare con un mazzo da 52 carte: alla fine, sempre quelle sono, e abbiamo imparato a conoscerle».
Anche la gelosia dovrebbe scemare...
«lo non sono un geloso sistematico, benché in passato abbia avuto degli attacchi. Lei invece della gelosia ha fatto una scienza esatta, tuttora. Ma fa parte della sfera del desiderio, dell’affetto».
Dei suoi fratelli è mai stato geloso?
«No, io ero il primo».
Appunto.
«Sono quello che si è goduto di più Ugo. E poi condividevo il padre (con i tre fratelli Thomas, figlio della norvegese Margarethe Robsahm, Gian Marco e Maria Sole, figli di Franca Bettoja, ndr), ma la mamma (l’attrice inglese Pat O’Hoara, 75 anni, ndr) era solo mia».
Che mamma è stata?
«Non a caso poi da adulto mi sono andato a cercare una donna non accomodante, una compagna forte... Mamma è tutta d’un pezzo, le sue opinioni sono sempre state articoli di fede. Con uno come Ugo non potevano durare, perché nessuno era disposto a cedere».
Così, lei è cresciuto in due mondi lontanissimi: la Gran Bretagna e l’Italia.
«Quand’ero in Inghilterra nessuno sapeva chi fossi, per i ragazzi ero solo il za, al momento del bisogno lui c’era. Poi però si permetteva lunghe assenze per lavoro e non solo, in cui si faceva "ugoisticamente" i cavoli suoi».
Di carattere vi assomigliate?
«Per niente. Lui teneva sempre banco, sarebbe stato capace di metter a tacere anche il Papa, io invece sono un ottimo ascoltatore; lui era estroverso, io timido. Ma le differenze ci hanno reso compatibili. E Ugo per me ha avuto un’attenzione particolare: siamo cresciuti insieme».
Che cosa facevate insieme?
«Per esempio, dormire nello stesso letto. Lui si era preso un pied à terre, e c’era un solo lettone».
Insomma, non ha mai dormito da solo.
«Infatti, le pochissime volte che torno a casa e non c’è nessuno, prendo l’agenda e telefono agli amici. L’idea di stare da solo mi fa troppa fatica, e sì che io sarei uno con tendenza alla fuga. Ma la fuga insieme. Come nella casa di Favignana che ci siamo sistemati con Simona, e dove un giorno ci piacerebbe vivere con le persone che amiamo. Favignana è bellissima, con squarci di mistero, E io sono presidente della squadra di calcio locale».
In politica, per che squadra tifa?
«Per Veltroni, da sempre: sono fedele, nonostante qualche piccolo tradimento con Bertinotti».
Dopo la Tv e il musical, adesso gira un suo film.
«Sì, dal romanzo di Giancarlo De Cataldo Ilpadre e lo straniero. Cominceremo a breve, ho già scelto uno dei protagonisti, Alessandro Gassman: è la storia di un’amicizia virile, un tema che mi affascina dai tempi di Ultrà e della Scorta, questa affettività mista ad amicalità, un legame dove non c’è niente di sessuale, ma un tipo di libertà che non chiede l’esclusiva».
Con donne così importanti nella sua vita, un po’ si capisce. Prima di Simona, ha avuto anche una figlia da Fiavia Toso.
«Sarah ha 25 anni, fa la producer di video a Londra. Grazie a Nine, sono stato di più con lei, lo desideravo. Però come padre sono un anglosassone: i figli vanno lasciati andare».
VI SEMBRO GRASSO E BASSO?-
Si comincia con bignè e cornetti. Si conclude con calamari e vino bianco. In mezzo, una lunga conversazione sulle colline di Veleltri, nella casa disegnata da Ugo Tognazzi, arredata con sculture di ceroli, circodnata di vetrate sulle tenute di famiglia che producono olio e marmellate, vini e verdure («l’orgoglio di papà: si trova tutto quello che c’è al mercato»), e abitata da un numero indefinito di persone. Entrano da una porta, escono da un’altra, si incrociano, coccolano Pupi, la piccola di casa, due anni e mezzo (vero nome Andrea Viola: Andrea è volontà di mamma Valeria, Viola scelta di papà Gian Marco).
Siamo seduti alla tavola - quadrata - dei dodici apostoli, dove ugo imnadiva pranzi per gli amici e Gian Marco poteva sedersi solo se mancava qualcuno. Sostituto-commensale, poteva finalmente avere la meglio sul padre: mantenedo però, e sostenendo che il piatto non era perfetto. Sulle pareti si moltiplicano menù della Grande abbuffata, davanti ai quali la piccolissima Pupi ha imparato a dire «nonno».
Più tardi, a pranzo nel ristorante di Benito, grande amico di ugo, anni a cucinare insieme, lo scenario non cambia poi molto: Tognazzi è ovunque, nei ritratti e nelle bacheche. E anche nel libro di ricette di cui Gian Marco mostra le pagine disegnate a pennarello, ognunna diversa dall’altra: in alcune c’è la mano sua o della sorella più piccola Maria Sole, che per l’occasione avevano il grande onore di affrescare il menù di papà.
«Sono cresciuto qui, ragazzo di campagna. Mi sembrava di vivere in un castello, in un mondo parallelo. A volte ero in imbarazzo: avere una vita più agevole degli altri ragazzi mi faceva sentire diverso. Però Ugo era veramente amato, anche dai genitori dei miei compagni. Questa cultura dell’accoglienza è la stessa che ho ritrovato nella famiglia di Valeria (Valeria Pintore, 30 anni, sua moglie dal 2006, ndr)».
Nella cultura dell’accoglienza di suo padre un posto privilegiato era quello dell’amico Vittorio Gassman. li figlio Alessandro dice che da ragazzo invidiava i Tognazzi, che avevano uno stile di vita molto più ludico.
«Sì, ma io con Vittorio avevo un rapporto meraviglioso. Fece per me una delle cose più importanti di tutta la mia vita. Mi chiamò: "Tu per me sei come un figlio, vuoi essere testimone del mio addio al teatro?", mi chiese. Annullai tutti gli impegni e andai con lui. A Ugo e a Vittorio piaceva essere diversi l’uno dall’altro, si volevano bene davvero».
E lei e Alessandro? Per anni avete fatto teatro, cinema, spot insieme. Poi più nulla.
«Forse torneremo insieme, ma avevamo bisogno di seguire ognuno la sua strada. Sono quelle amicizie che nascono da ragazzini e non finiscono, sua moglie gliel’ho presentata io».
E’ vero che fra i due era lei quello che andava meglio con le ragazze?
«Avevo più successo. Alcune mi cercavano per contraddire le aspettative sul fatto che lui era il bello, altre perché volevano l’alternativo, o mi preferivano per il carattere, perché io sono uno da confidenza immediata e lui sembrava più sulle sue. Pensare che Alessandro è uno competitivo. Anche nello sport: quando gli abbiamo fatto uno Scherzi a parte con una partita di basket in cui non poteva mai prendere la palla, una gomitata in fronte me l’ha data. Magari non apposta, ma un superbernoccolo mi è uscito. In più, se lui non mangia gli scappa il matto, diventa irascibile»,
A proposito di cibo: lei da ragazzino era molto grasso, adesso è magro.
«Sono a fisarmonica, cambio a seconda dei personaggi. Ma la Tv falsa l’immagine. Così, passo per grosso e basso. Certo, il mio metro e ottanta è tredici centimetri meno di Alessandro, però non sono piccolo. E poi ho un fisico sportivo: quello bravo a calcio e tennis sono io».
Se lei ha presentato la moglie a Gassman, a lei chi ha presentato Valeria?
«Il mio quarto fratello: Sergio Cammariere. Siamo legatissimi. Io seguivo un suo concerto a Sassari e lì l’ho conosciuta. L’ho invitata a cena ma mi ha dato picche, ho insistito e l’ho tempestata di messaggini per una settimana. Poi un giorno le ho telefonato: "Vengo e ti porto via". Mi ha detto sì. Stava concludendo una storia, per quello prima non voleva uscire con me».
Lei insegue molto le ragazze?
«Sono un attendista, aspetto che vengano avanti loro. Questa è l’eccezione».
Il 6 febbraio esce Ex, film a episodi di Fausto Brizzi dove lei è fidanzato con Claudia Gerini e scopre che il prete che vi deve sposare - Insinna - è l’ex di Claudia. Era da un po’ di tempo che non la vedevamo al cinema..
«L’ultimo film è stato Romanzo criminale. Ho fatto una parte nel Mattino ha l’oro in bocca, ma senza metterci il nome: se per il cinema non esisto, allora non ho nemmeno un nome».
E’ mai tornato con una ex?
«Ho avuto tre storie di fila in cui gli ex delle mie ragazze si sono ripresentati».
E le ragazze che hanno fatto?
«Sono tutte tornate con gli ex. D’altra parte, era il periodo in cui facevo Uomini senza donne: era giusto così».
Lei ha attraversato fasi diverse nel lavoro, dal grande successo di pubblico ai film d’autore alla militanza nel teatro:come ha fatto a cambiare ogni volta?
«Con un grosso lavoro di ridimensionamento, quando ho capito che la strada non era solo il successo facile, le ragazzine che aspettavano sotto casa. Ho lavorato, ho rischiato. Se non compari in Tv o al cinema, ma magari fai teatro seriamente, ti chiedono: "Perché non fii niente?". Il mercato vuole visibilità. Adesso che sono il commissario Anastasi nel Bene e il male (Su Raiuno, ndr) torno al grande pubblico. E intanto giro David Copperfield, due puntate per la Tv, dove sono Uriah Heep, il viscido, mentre Copperfield è Pasotti».
Però, nonostante il ritorno in Tv, continua a fare teatro.
«A teatro l’attore è principe: non devo aspettare di essere chiamato, posso scegliere. Mi ci trovo benissimo, siamo come una famiglia. Adesso torno in tournée con Die panne di Dürrenmatt, dove un uomo finisce per confessare, per orgoglio, una colpa che forse non ha, e si fa uccidere. E’ il ribaltamento del concetto di colpa e innocenza, perché l’immagine che si vuole dare conta più di quello che si è».