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 2009  gennaio 31 Sabato calendario

IL MINISTRO NO GLOBAL CHE CITA BOBBIO E MORETTI «L’ITALIA E’ ANCORA FERMA AGLI ANNI DI PIOMBO»


Da un caso di cronaca a uno scontro tra due mondi: chissà se gli storici riusciranno un giorno a stabilire chi aveva ragione. Siete fermi a trent’anni fa, «bloccati negli anni di piombo, con una ferita non ancora cicatrizzata», sostiene il ministro brasiliano della Giustizia Tarso Genro. Guardate quello che abbiamo fatto noi, aggiunge, «che siamo più avanzati e i nostri ex guerriglieri siedono in Parlamento ». Valanga di reazioni dal-l’Italia in direzione Brasilia, anzi Belem, dove il ministro si trova – a suo agio – tra i ragazzi del Forum sociale no global. Sono parole indegne, vergognose, irrispettose. E continua la corsa a chi pensa la rappresaglia migliore contro il Brasile. Calcistica, turistica o diplomatica.
Tarso Fernando Genro è un uomo mite e da ragazzo sognava di diventare poeta. Riuscì anche a farsi pubblicare tre libretti, nella sua Porto Alegre, della quale fu sindaco, e non fu una buona idea. Appena diventò ministro, un giornalista ficcanaso andò a scartabellare nelle odi giovanili e trovò i seguenti versi: «Nonna Cacilda sembrava una paperotta, nonna Julica elettrica e ridente conversava con le lucertole. Quanto ti ho atteso e quanto seme inutile ho disperso fino ad oggi». Tra i blog brasiliani scatenati contro il governo Lula per il caso Battisti – e ce ne sono parecchi – Genro è il ministro della «punheta», dispensiamo traduzione. All’epoca del poema, guarda caso il 1977, il giovane avvocato era attivista del Partito Rivoluzionario Comunista e in Brasile c’era la dittatura. Era abbastanza informato per sapere – tra un verso erotico e l’altro – cos’erano gli anni di piombo nell’Italia democratica e la differenza con la clandestinità alla quale erano costretti gli attivisti di sinistra sotto i militari. Genro viveva nel Sud del Brasile e se avesse voluto passare una frontiera, come Battisti, sarebbe finito dritto nella brace: tra Argentina, Uruguay e Cile c’era solo il lager da scegliere.
Strada ne è passata e oggi Genro è militante nel Partido dos Trabalhadores, il più strano animale politico dell’America Latina, nato tra le lotte sindacali, le parrocchie e le università per intellettuali ricchi. Il cui fondatore, Lula, ogni tanto fa sapere di non essere mai stato di sinistra in vita sua. Francesco Cossiga, con la solita arguzia, ha detto di recente che «quelli del Pt brasiliano, al massimo, sono cattocomunisti, come i nostri ». Genro, però, della sua appartenenza all’ala sinistra del partito, post-rivoluzionaria, ne ha sempre fatto un punto di orgoglio. Con tutte le contraddizioni del caso. La sua generazione oggi in Brasile convive spensieratamente con i manager più potenti e gli economisti più rigorosi dell’America Latina. Governa un Paese che si sente a un passo dal Primo Mondo e non deve rendere conto a nessuno. Basti pensare alla
companheira Estela, che nella lotta armata ci stette per davvero, rapinava banche come Battisti e venne arrestata e torturata. Oggi usa il suo nome vero, Dilma Rouseff, è la dama di ferro del lulismo, e sarà con ogni probabilità la prossima presidente del Brasile. Accusare Tarso di non conoscere l’Italia non sarebbe giusto. In un articolo scritto appena tre settimane fa citava il Nanni Moretti di «Aprile» che urla a D’Alema: «Dì qualcosa di sinistra!», metafora delle difficoltà dei progressisti a trovare spazio nel pensiero unico neoliberale. La dedica del suo sito Internet è una frase di Norberto Bobbio: «Quel che il labirinto ci insegna non è dove si trova l’uscita, ma quali sono i cammini che non portano da nessuna parte». E il pensatore italiano è citato anche nell’atto che concede l’asilo politico a Battisti, quando a proposito di Piazza Fontana Bobbio parlava di «forze politiche eversive che agiscono nell’ombra». Il labirinto di Genro e del governo brasiliano oggi è il caso Battisti. Che l’allegra brigata degli ex si sia messa nei pasticci è fuor di dubbio, mai poteva immaginare che un atto di orgoglio, su un detenuto praticamente sconosciuto nel Paese, potesse provocare una tempesta del genere. Lula ribadisce che è una questione per i giudici, lui non ne vuol più sapere. Potrebbe essere una presa di distanza dal ministro-poeta. In passato il presidente non ci ha pensato due volte a sacrificare amici e collaboratori di una vita. Come negli anni di gioventù, meglio che Genro nelle prossime ore si guardi alle spalle.