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 2009  gennaio 31 Sabato calendario

UOMO-DONNA, LA DISTANZA E’ DI 4MILA EURO


All’indomani della firma del «Lilly Ledbetter Fair pay restoration act» - la nuova normativa Usa voluta dal neo-presidente Barack Obama per la parità salariale uomo-donna - l’Italia si conferma afflitta da simili problemi di discriminazione retributiva, ma in misura (sulla carta) inferiore rispetto agli Stati Uniti.
Dai dati del Rapporto Italia 2009 di Eurispes, presentato ieri, risulta infatti che in media le italiane guadagnano il 16% in meno rispetto ai colleghi, con uno scarto annuale medio che si aggira sui quattromila euro. Meglio del 22% dichiarato da Obama nel discorso pronunciato al momento della firma dell’atto, il primo della sua presidenza («lo faccio per mia nonna - ha dichiarato - che lavorando in banca ha toccato il cosiddetto soffitto di cristallo, il blocco improvviso della carriera senza motivi che colpisce tante donne; e per le mie figlie, perché crescano in una nazione che attribuisca valore al loro contributo sociale»).
«Nel nostro Paese norme analoghe, se non più stringenti, sono in vigore dal 1977, grazie all’impegno di Tina Anselmi, ma il problema è che in molti casi quelle disposizioni sono di fatto rimaste solo sulla carta o applicate non per intero o aggirate mediante le voci di stipendio relative a straordinari, incarichi aggiuntivi remunerati a parte o indennità trasferte più premianti per gli uomini che per le donne», fa notare Alessandra Servidori, Consigliera nazionale di parità e componente del Comitato consultivo per le pari opportunità della Commissione Ue.
La mappa delle differenze retributive è però a macchia di leopardo: secondo Eurispes, si va da un minimo dell’1,7% nelle professioni meno qualificate a un massimo del 20,8% nell’ambito degli operai specializzati. Stessa situazione per le mansioni cosiddette intellettuali, dove la differenza media di reddito arriva al 18,8%, e perfino nelle attività commerciali (13,4%). Meglio va fra gli impiegati (negli uffici lo scarto si riduce fino al 3,9%) e fra i dirigenti (3,3%). «Ma va detto che in Italia le dirigenti sono solo il 23% del totale e che spesso si collocano al minimo della fascia retributiva di appartenenza - spiega Servidori -. Comunque, dal 2000 al 2006 risultano in aumento del 5%».
Nel terzo trimestre 2008 - ultimi dati Istat sulla composizione della forza lavoro in Italia - risultava in aumento anche l’occupazione femminile («Piuttosto a sorpresa, direi», aggiunge Servidori). Nel periodo luglio-settembre, infatti, su base annua, le occupate donne risultavano in crescita dell’1,4% (pari a 127mila nuove occupate), contro un decremento dello 0,2% degli uomini (-27mila unità). Così, a fronte del calo del tasso di occupazione maschile dal 71,3% di un anno prima al 70,7% attuale, quello femminile ha registrato un leggero incremento, portandosi al 47,2%: tre decimi di punto percentuale in più rispetto allo stesso trimestre 2007. Ben lontano, comunque, dagli Obiettivi di Lisbona del 60 per cento. Non solo: sono occupate a tempo parziale il 28,2% delle donne contro il 4,6% dei colleghi; a tempo determinato il 15,5% rispetto al 12,2% maschile. «La strada verso l’uguaglianza è ancora in salita e occorre subito un cambio di passo», conclude Servidori.