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 2009  febbraio 02 Lunedì calendario

L’ISLANDA RICOMINCIA DA JOHANNA IL PRIMO PREMIER CHE SI DICHIARA GAY


La crisi finanziaria regala alla politica globale la sua seconda storica rivoluzione in pochi mesi: dopo la nomina del primo afro-americano alla Casa Bianca, il mondo ha da ieri anche il suo primo capo di governo dichiaratamente gay: Johanna Sigurdardottir, cui è stato affidato l´improbo compito di guidare l´Islanda fuori dalla bancarotta. La 66enne numero uno del partito social-democratico guiderà una coalizione di centro-sinistra che traghetterà l´isola verso le elezioni previste per il 25 aprile.
La realtà, come al solito, corre più veloce della fantasia di Hollywood. Mentre Sean Penn si prepara a correre per gli Oscar con Milk, la biografia del primo politico dichiaratamente omosessuale negli Usa, Reykjavik affida le chiavi del paese a una donna (è la prima volta nella storia dell´isola) con due figli più che trentenni, sposata per anni a un banchiere, ma da sei anni – come racconta anche il sito del governo – unita civilmente alla 54enne giornalista e scrittrice Jonina Leosdottir.
Santa Johanna – come nel paese chiamano la Sigurdardottir – non avrà un compito facile. L´Islanda è l´unica nazione al mondo (per ora) finita in bancarotta per colpa della crisi innescata dai subprime. A inizio ottobre il premier conservatore Geir Haarde è stato costretto a nazionalizzare le prime tre banche nazionali travolte da debiti esteri per 126 miliardi (dieci volte il pil nazionale) e a sospendere il cambio della corona. E solo un prestito d´emergenza da 10 miliardi di euro guidato dal Fondo monetario internazionale ha evitato un crac ancora più clamoroso.
Gli islandesi però – dopo anni di boom – sono stati costretti a pagare un pedaggio salatissimo: il prezzo dei generi alimentari è salito del 73% in pochi mesi, la disoccupazione ha sfondato il 10%, i tassi d´interesse viaggiano al 18% e il pil 2008, secondo le stime, dovrebbe scendere del 9,6%. Cifre da incubo che hanno innescato 16 settimane di proteste di piazza (decisamente inusuali per l´ex tigre artica) sfociate nelle dimissioni di Haarde.
La scelta di Sigurdardottir come nuovo premier è stata quasi naturale. La ex-hostess ed ex sindacalista passata da 30 anni alla politica è stata l´unico leader in grado di mantenere un alto tasso di fiducia tra la gente, con un gradimento che per la Gallupp è oggi al 73%. Negli anni di ubriacatura finanziaria che hanno cambiato il volto dell´isola – trasformando un pacifico paese di pescatori in uno popolo di 300mila aspiranti raider di Borsa – lei è stata tra i pochi che hanno tenuto i piedi saldamente per terra continuando a occuparsi di temi sociali e di economia reale. Ha guidato per tre volte l´Althing, il parlamento più antico al mondo, è stata a più riprese ministro degli Affari sociali (l´ultima nel governo di Haarde) e da sempre è protagonista in prima linea delle battaglie civili in difesa dei più deboli.
I suoi primi obiettivi li ha già spiegati in una nota affidata ieri alle agenzie di stampa. «Cambieremo l´intero consiglio della Banca centrale che ci ha lasciato questa drammatica eredità – ha scritto – e vareremo un comitato per valutare l´adesione alla Ue». Parole di rottura in un paese che da sempre, per difendere la sua industria del pesce, si è arroccato su una posizione isolazionista. Ora la crisi ha rimescolato le carte. E Bruxelles ha già garantito a Reykjavik una corsia preferenziale che potrebbe portare a un ingresso anticipato nella comunità dal 2011.
Le scelte affettive del nuovo primo ministro, in un paese come l´Islanda dove l´omosessualità è vissuta in modo del tutto naturale, non sono tema di dibattito pubblico. Sigurdardottir ha da sempre tenuto rigorosamente separato il suo impegno politico dalla sua vita privata e non ha mai discusso né in pubblico né in interviste della sua omosessualità. «Molti di noi non sanno nemmeno con chi è spostata, né ci interessa – hanno confermato ieri molti islandesi al quotidiano locale Morgunblad – L´importante è avere un premier che ha dimostrato in questi mesi di aver capito quali sono i nostri problemi». Sigurdardottir inizierà a lavorare da subito per definire il governo. «Il mio tempo arriverà», aveva detto 15 anni fa – quando perse le primarie socialdemocratiche – con una frase che a Reykjavik è diventata da allora un tormentone. Oggi il suo tempo è arrivato. Ed è una rivoluzione politica non solo per l´isola ma un po´ per tutto il mondo.