Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 01 Domenica calendario

CRIMINALI IMPRENDIBILI E RECORD DI REATI E’ PEGGIO SOLO IN BOSNIA


Un paese pericolosamente pencolante verso il Far-West, ecco che cosa raccontano le inaugurazioni dell’anno giudiziario. I magistrati indossano i loro ermellini e nella forma più solenne raccontano un’Italia terrificante. A Palermo aumentano gli omicidi «e non sono di mafia». A Bologna crescono i reati di «maggiore allarme sociale» come rapine, violenze sessuali ed estorsioni. La frase di maggior effetto la lancia il giudice milanese Giuseppe Grechi: «Siamo al primo posto in Europa per numero di reati gravi. Pari alla Bosnia per omicidi e reati di massima gravità».
Addirittura la Bosnia. Un Paese che non è mai uscito con la testa dalla guerra civile. Dove staziona da quattordici anni una missione militare internazionale. Dove la giustizia è di fatto appaltata al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja. Dove lo Stato è rappresentato da due entità semiautonome che restano sotto la tutela di un Alto rappresentante Onu. Dove l’elenco dei «most wanted» di Sarajevo viene aggiornato di continuo perché si continuano a scoprire passate atrocità e nuove organizzazioni criminali.
In effetti si dice della Bosnia. E l’Italia della mafia e della camorra? Non ha nulla da invidiare al cuore nero dei Balcani. Anche l’Italia aggiorna di continuo la sua lista dei Trenta Latitanti più pericolosi. Esiste un gruppo specializzato, che raccoglie i migliori investigatori di tutte le forze di polizia che lavora solo sulla cattura di questi terribili trenta. Tra loro c’è Attilio Cubeddu, sardo di Arzana (Nuoro) latitante dal 1997 e ricercato per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Oppure Antonio Iovine, classe 1964, di San Cipriano D’Aversa (Caserta) ricercato dal 1996 per omicidio ed altro. O ancora l’imprendibile Matteo Messina Denaro, di Castelvetrano (Trapani) ricercato addirittura dal 1993, per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage e devastazione.
Sul fronte dei latitanti, le forze di polizia possono vantare di recente ottimi successi. Il latitante più famoso era Salvatore Lo Piccolo, ritenuto un possibile successore di Totò Riina. Preso un anno fa. E non è finita qui. «In agenda abbiamo diverse situazioni critiche, alle quali riserveremo una maggiore attenzione. Intensifichiamo le attività, anche senza riflettori mediatici», diceva qualche giorno fa il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Il fatto è che ogni grande arresto comporta la disarticolazione di un gruppo criminale. Proprio nel caso del clan Lo Piccolo, all’arresto del boss è seguita una larga retata. E s’è scoperto un larghissimo giro di estorsioni che terrorizzava Palermo.
Che il fenomeno del racket fosse in aumento esponenziale, gli investigatori l’avevano capito da tempo. Gli specialisti della Divisione investigativa antimafia, ad esempio, seguono con particolare attenzione gli episodi di danneggiamento che definiscono «classici reati-spia». Ecco, per numero di denunce, a Palermo i danneggiamenti con incendio doloso nel 2007 sono stati 2644. Erano poche centinaia solo cinque anni fa.
Forse, proprio perché a Palermo c’è stata la cattura di Lo Piccolo, la mafia sembra ripartire a Trapani. «La situazione - diceva ieri il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Armando D’Agati - nel Trapanese è preoccupante. Nonostante le serrate indagini in corso, continua la latitanza di Matteo Messina Denaro. E vanno progressivamente ricostituendosi le potenzialità ”militari” di Cosa nostra in ragione del fatto che molti importanti appartenenti all’associazione vengono posti in libertà per aver ormai scontato le pene irrogate». E poi si dice Sarajevo: certo, il famoso Ratko Mladic, comandante militare dei serbi di Bosnia, si nasconde dal 1995. Ma Radovan Karadzic alla fine l’hanno preso e condannato.