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 2009  febbraio 01 Domenica calendario

IL TEMPIO DELLO SPORT VENDUTO AI MERCANTI


Fuori è una costruzione architettonica ardita, dentro era un tempio dello sport. Lì Usain Bolt ha spinto in avanti la storia dell’uomo, correndo veloce come mai nessun altro prima. Lì Alex Schwazer ha concluso tra le lacrime la sua folle cavalcata verso l’oro della 50 chilometri di marcia. Lì Oscar Pistorius ha dimostrato che anche un uomo senza i polpacci può essere un atleta straordinario. Il «Nido d’uccello» di Pechino, lo stadio delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi, ha visto uomini e donne compiere imprese straordinarie, si prepara a chiudere le porte per sempre. Il grande stadio olimpico si trasforma in centro commerciale. Non più sudore, fatica, gioia della vittoria e amarezza di sconfitta, ma scaffali, cassiere e consumismo. Mercanti nel tempio dello sport.
Mantenere la struttura faraonica, simbolo dei giochi olimpici, costa troppo. Sessanta milioni di yuan all’anno, oltre 7 milioni di euro, e visti i tempi di crisi, la Cina ha deciso che non può permettersi uno spreco simile. Dalla fine delle Olimpiadi, non ci sono più state gare né altre attività sportive. Meglio pensare a una metamorfosi.
Dal giorno in cui si spense la fiaccola a oggi, il Nido d’Uccello è stato una specie di museo che celebrava se stesso. Dal giorno dell’apertura al pubblico, il 1° ottobre scorso, sono arrivati 80 mila visitatori in pellegrinaggio da tutta la Cina e ciascuno ha pagato un biglietto piuttosto salato per gli standard locali, circa 5 euro. Ma il totale basta a coprire a malapena il 10% dei costi annuali. E molto probabilmente il flusso di visitatori diminuirà con il passare del tempo, man mano che sfuma l’euforia dei Giochi. E spese così grandi, già pesanti in tempi normali, diventano quasi insostenibili in un periodo di vacche magre, dopo lo tsunami finanziario che ha colpito l’intero Pianeta, Cina compresa.
Il gruppo bancario Citic, proprietario tra l’altro di una grossa agenzia di turismo, s’è fatto avanti offrendosi di rilevare gli impianti e, fra tre o cinque anni, trasformarli in un gigantesco centro commerciale e di spettacoli. L’obiettivo è quello di azzerare le spese di mantenimento e, se possibile, cominciare a fare rientrare i 450 milioni di dollari spesi per la costruzione dell’impianto avveniristico a 91 mila posti. Parte del budget, in realtà, era già stato tagliato in corso d’opera, quando si era deciso di fare qualche risparmio, rinunciando al tetto che si apre e si chiude, eliminando l’impianto di aria condizionata.
Alla fine dei Giochi s’è tentato di riconvertirlo al calcio, sport in grande ascesa nell’impero di mezzo. Il «Nido d’uccello» è stato offerto alla squadra di calcio di Pechino, la Guo’an, ma questa ha rifiutato perché la cifra richiesta era troppo elevata. Del resto, per disputare partite di calcio, non è nemmeno l’ideale: d’inverno è gelido, con temperature che crollano oltre i 10 sotto zero, e d’estate è una specie di forno caldo e umido con 40 gradi e neanche un filo d’aria fresca.
Finita la festa, spenti i riflettori del mondo, lo stadio già rivela malinconiche crepe. La vernice si sta screpolando, e tutta quella enorme area intorno sembra una specie di paesaggio lunare tra edifici vuoti e lontani l’uno dall’altro.
Il «Nido d’uccello» dovrebbe così diventare il grande centro di ipermercati e divertimenti per la Pechino Nord-Ovest. Le prove per la trasformazione cominceranno quest’anno. Non è invece ben chiaro che cosa succederà con le altre grandi strutture sportive costruite per le Olimpiadi. Che fine farà, per esempio, il fantasmagorico stadio per gli sport acquatici, quello che si può illuminare di notte come una gigantesca bolla di sapone? Qualcuno ha pensato di coprire la piscina e attrezzarci una grande discoteca con le cubiste che si esibiscono sui trampolini. Si vedrà.
Il problema, reale e banale, è semplicemente quello di impedire la decadenza delle strutture, visto che in Cina non c’è industria sportiva sviluppata in grado di sfruttarle per gli scopi originali. Nell’entusiasmo iniziale per le Olimpiadi nessuno forse aveva fatto questi calcoli. O semplicemente ci si illudeva che una soluzione arrivasse. Ecco perché quella offerta dalla Citic è stata subito accolta. Gli ipermercati non sono proprio in sintonia con De Coubertin. Ma in questi tempi di crisi meglio non storcere il naso di fronte alla possibilità di incassare yuan.
Elena Isinbayeva
A ventisei anni la russa Elena Isinbayeva ha conquistato il suo secondo oro olimpico nel salto con l’asta: il primo ad Atene 2004. Il 18 agosto a Pechino mette la ciliegia sulla torta: gradino più alto del podio e 24° (tra gare all’aperto e indoor) record del mondo, con la misura di 5,05 metri al terzo tentativo. A quelle altezze, Elena si è abituata presto: al meeting di Gateshead, nel 2003, stabilisce con 4,82 metri il nuovo primato del mondo. Da allora, record e Olimpiadi sono solo una sfida con se stessa. Usain Bolt
Sedici agosto 2008: 9 secondi e 69 decimi. Un lampo e il velocista giamaicano Usain Bolt, 22 anni, si prende il record mondiale (e medaglia d’oro) dei 100 metri piani, correndo gli ultimi trenta metri a braccia larghe e con una scarpa slacciata; quattro giorni dopo fulmina i duecento: diciannove secondi e trenta decimi, altro record mondiale, altro oro. In questa corsa raggiunge la massima velocità media con partenza da fermo mai raggiunta da un uomo: 37,305 chilometri orari.