Michele Fenu, La stampa 1/2/2009, 1 febbraio 2009
CINQUANT’ANNI DI VIAGGI ALLACCIATI ALLA VITA
Se oltre un milione di automobilisti non sono morti in incidenti stradali, il merito è di un progettista svedese della Volvo, Nils Bohlin, che nel 1959 inventò la cintura di sicurezza a V a tre punti, molto più efficiente dei sistemi di ritenuta con il disegno a Y o con due attacchi fino a quel momento esistenti. Bohlin ((1920-2002) per il gran pubblico è uno sconosciuto, ma il suo nome figura accanto a quelli di Benz, Edison e Diesel nell’elenco degli autori degli otto brevetti che, secondo i tecnici tedeschi, hanno offerto un aiuto fondamentale al bene dell’uomo nei cento anni dal 1885 al 1985.
Sono passati 50 anni dall’invenzione di Bohlin, che era un ingegnere aeronautico con un passato in Saab, dove seguiva la sicurezza dei piloti, ma la sua idea, semplice e pratica, via via sviluppata e raffinata, rimane ancora oggi validissima. E’ la base su cui si sono inseriti ulteriori sistemi, come gli airbag, e ha contribuito con altre soluzioni attinenti la dinamica dei veicoli, come l’impianto frenante Abs, che evita il bloccaggio delle ruote, o l’Esp, che controlla la stabilità in curva, a contenere la piaga degli incidenti stradali.
In realtà, come spiegano in Volvo, più che una innovazione di avanguardia la cintura di Bohlin fu un esempio di perfezione geometrica che permetteva di trattenere correttamente al loro posto le parti superiore e inferiore del corpo con una fascia diagonale sul petto e un’altra trasversale sul bacino. Non solo: si poteva indossare con una sola mano. E una volta sotto carico il sistema rimaneva al suo posto, senza spostamenti.
La domanda di brevetto fu presentata nel 1958, nel 1959 la nuova cintura venne introdotta sulle Amazon e PV 544 destinati ai mercati scandinavi e la Volvo, ieri come oggi molto attenta ai problemi della sicurezza, mise a disposizione di tutti i costruttori il brillante «trovato» del suo progettista. A un certo scetticismo iniziale, sulla base di test che ne comprovarono l’indiscutibile efficacia nella protezione dei viaggiatori, seguì una rapida diffusione in tutto il mondo. Con la successiva estensione delle bretelle salvavita ai sedili posteriori, a torto considerati dal pubblico più sicuri di quelli anteriori, tanto che tuttora, specialmente in Italia sono pochissimi quelli che le allacciano malgrado il loro uso sia obbligatorio e, soprattutto, utile. Chi sta dietro, in caso di collisione, viene proiettato in avanti con una forza pari a 3-5.000 chili: ci sono casi di passeggeri proiettati fuori dal parabrezza.
Le statistiche dimostrano come chi indossa la cintura ha il 50% in più di sopravvivere, evitando, fra l’altro, il rischio di essere proiettato fuori dall’auto sulla quale viaggia e di finire travolto dalla stessa o da altri veicoli. Si stima che in Europa l’idea di Bohlin riduca la mortalità del 40%. Gli studi della Volvo e di organismi indipendenti indicano che se in tutti i Paesi della Ue si usassero sempre le «bretelle» sarebbe possibile salvare settemila vite all’anno.
E già, perchè le cinture per molte ragioni (pigrizia, senso di fastidio, ignoranza, talora difficoltà nell’indossarle, oggi la convinzione, errata, che basti l’airbag) non sono apprezzate come sarebbe necessario. Si pensi che la prima legge che ne sancì l’obbligatorietà risale al 1971 (nello stato australiano di Victoria): in Italia, dopo infinite polemiche e ritardi, si dovette arrivare al 1992. E tuttora il loro impiego è limitato: 82% davanti e meno del 25% dietro. E molti sono restii a indossarle in città, «perchè tanto si va piano». Senza immaginare, spiegano in Volvo, che un urto frontale a 50 l’ora equivale a una caduta dal terzo piano di un edificio. Senza cintura un corpo impatterebbe contro volante o cruscotto con decelerazioni fono a 100 G.
In questi 50 anni lo sviluppo delle cinture a tre punti è stato continuo: tipi di materiali, attacchi, fibbie, pre-tensionatori, limitatori di forza. Sono entrati in scena sensori e computer, sistemi di prevenzione integrati con gli airbag, sistemi automatici di porgitura, segnali luminosi e cicalini di avviso. Ancora si studia, ma a quella lontana idea del (quasi) sconosciuto tecnico svedese dobbiamo essere molto, molto grati.