Federico Fubini Corriere della Sera 31/1/2009, 31 gennaio 2009
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
DAVOS (Svizzera) – Niall Ferguson, lo scozzese che fa più tendenza al mondo dopo Sean Connery, non tifa per la Gran Bretagna neppure se la guida il suo conterraneo Gordon Brown. Anche nel pieno della recessione, lo storico di Harvard invitato fra i potenti di Davos pensa che saranno gli Stati Uniti a trainare l’economia globale fuori dalla crisi. Non il contrario. Ma non possono più farlo da soli: l’operazione riuscirà solo sulla base di un nuovo «G2», un patto fra Cina e America alla guida del sistema internazionale.
A Davos i premier di Mosca e Pechino, Vladimir Putin e Wen Jiabao, sono stati molto critici verso gli Usa.
«C’è grande disillusione nei Paesi emergenti verso quel che chiamiamo il ’Washington consensus’ basato sul libero scambio, liberi mercati dei capitali, libere migrazioni e crescita rapida. Con qualche ragione alcuni dicono che quel modello si è rotto, che l’America non può più distribuire lezioni, semmai sono loro che possono dare lezioni all’America. Il punto è vedere se ciò risponda alla realtà».
Pensa che sia vuota retorica?
«Putin fa benissimo a fare discorsi, ma la Russia è in fondo a un pozzo ed è il rublo, non il dollaro, che sta collassando. Putin è l’ultimo da ascoltare per capire come va gestita un’economia».
Wen Jiabao non sembra altrettanto incompetente.
«I cinesi hanno qualche credibilità, perché sono stati decisivi in questi anni nel finanziare il deficit degli Stati Uniti verso il resto del mondo. Prendo la loro lezione più sul serio, ma gli Stati Uniti sono ancora di gran lunga la prima economia del mondo e ci sono ragioni per pensare che si riprenderanno prima dell’Europa e del Giappone. E anche che senza ripresa americana non può esserci crescita cinese sostenuta».
Dunque il futuro non riserva un’alleanza Russia-Cina, ma un G2 fra Washington e Pechino?
«Lo spero, anche se sono un po’ pessimista. ’Chimerica’, ’China plus America’, era il cuore dell’economia globale prima della recessione. I cinesi risparmiavano, gli americani consumavano; i cinesi offrivano prestiti, gli americani li prendevano. Ha funzionato alla grande per sei-sette anni. Ma ciò a cui assistiamo ora può segnare l’inizio di un cedimento di ’Chimerica’. significativo che Tim Geithner, neo-segretario al Tesoro, abbia accusato la Cina di manipolare la sua valuta».
Quella frase prelude a nuovi dazi contro Pechino?
«Geithner non ha voluto arrivare a tanto, però ha criticato chiaramente il modo in cui i cinesi impediscono allo yuan di rivalutarsi. E la risposta dei cinesi è stata tagliente, perché legittimamente loro possono dire a Geithner: i nostri acquisti di dollari finanziano i tuoi debiti. Gli americani devono stare attenti. L’ultima cosa di cui l’amministrazione della Casa Bianca ha bisogno è una guerra di parole con la Cina. Senza Chimerica saremmo tutti nei guai».
Teme che la tensione cresca ancora?
«Il Congresso, difficile da gestire anche in tempi fausti, ora può riscoprire i vecchi umori protezionisti. Temo che le accuse di Geithner ne provocheranno altre. Mi preoccupo molto per la relazione Cina-America: dovrebbe figurare molto più in alto nell’agenda politica di Barack Obama».
Di rado si sono avute recessioni tanto gravi senza tensioni politiche e scontri fra Stati. Ne vede all’orizzonte?
« certo: con la crisi, ci sarà un’intensificazione dei conflitti nel mondo. Una delle lezioni degli anni ’30, e anche dei ’70, è che la forte instabilità finanziaria porta conflitti interni e internazionali».
Qual è la camera di compensazione di queste tensioni, il G20 presieduto da Londra o il G8 presieduto dall’Italia?
«Il G20 è troppo grande, difficile da gestire. L’ultimo, a Washington, mi è parso una vuota sciarada. E il G8 forse ormai non è più utile. Vista l’importanza del rapporto fra Usa e Cina, oggi un G2 ha maggior senso. Il più grande conflitto oggi al mondo è quello fra Paesi creditori e Paesi debitori: cioè, in primo luogo, loro due».
Federico Fubini