Eduardo Sivori e Gaspare Di Sclafani, Libero 30/1/2009, 30 gennaio 2009
ARMA DA DIFENDERE
La doppia natura militare e di polizia dell’Arma dei Carabinieri continua a rappresentare per alcuni un’anomalia da sanare ed una contraddizione da risolvere. Infatti, da subito dopo la fondazione del Corpo dei Carabinieri Reali avvenuta nel 1814 nel piccolo ma bellicoso regno sardo-piemontese e sino ai nostri giorni, questa duplice essenza/valenza è stata più volte discussa e contestata, suscitando polemiche, invidie e rivalità tra i diversi corpi armati dello Stato, con contrapposizioni e ripercussioni in ambienti militari e politici.
In realtà i Carabinieri, nati come forza militare e di polizia alle dirette dipendenze di Casa Savoia e quindi dello Stato Maggiore Reale (da ciò provengono i tradizionali alamari portati orgogliosamente sui baveri delle loro uniformi ed ora copiati un po’ impunemente dagli altri corpi di polizia civile), sin dal loro inizio si sono guadagnati molto duramente, in pace e in guerra, il diritto di mantenere questa doppia peculiarità. Hanno infatti sempre espresso una maggiore efficienza operativa ed imparzialità rispetto alle altre Forze di Polizia, e ricoperto un ruolo insostituibile nell’ambito delle Forze Armate. La validità della scelta iniziale ha quindi trovato conferma nell’arco dei quasi due secoli della loro storia, che ha anticipato e compreso quella dell’Italia unita.
La proverbiale religione del dovere e del sacrificio, la fedeltà istituzionale, non disgiunte da una sorprendente capacità di adattamento e duttilità organizzativa, hanno contribuito nel tempo a creare e consolidare, in Italia e all’estero, un’immagine altamente positiva dell’Arma. Ma la ragione intrinseca, il segreto della grande popolarità dei Carabinieri sta nella loro straordinaria efficienza come nella vicinanza alla gente: sono questi i veri motivi, non da tutti conosciuti e riconosciuti, della loro sopravvivenza nelle quattro più diverse situazioni storiche ed istituzionali, sotto la monarchia assoluta, poi statutaria e quindi liberale, la dittatura fascista ed infine la Repubblica democratica di oggi.
il quadro normativo
La nuova legge sul riordino dell’Arma dei Carabinieri (n.78/2000 successivo dl. 5 ottobre 2000 n.297) ne conferma natura e ruolo militare. Ne fissa e ne aggiorna gli specifici compiti istituzionali e militari. L’intendimento del legislatore è coerente e conseguente a due leggi già operanti: la 121 del 1981, che prevede in Italia la presenza di due forze di polizia a competenza generale, una civile ed una militare, tra loro coordinate; e poi la legge del 1997 sulla modifica degli alti vertici delle Forze Armate, che affidando il loro comando unificato al Capo di Stato Maggiore della Difesa e prevedendo un bilancio unico, aveva già posto le premesse (anche amministrative) perché l’Arma (il cui bilancio, pur autonomo, prima era parte di quello dell’Esercito) assumesse il rango di Forza Armata.
Il conseguente distacco dallo stesso Esercito, a sua volta ridimensionato con l’abolizione della leva e la trasformazione in una compagine volontaria e professionale, ha quindi fatto sorgere problematiche funzionali, logistiche e istituzionali - in parte risolte, altre auspicabilmente in via di soluzione - originate anche da reazioni e resistenze nell’ambito militare, come pure in alcuni ambienti del Ministero dell’Interno e della Polizia di Stato. In particolare questi ultimi, con la nuova legge dei CC, hanno visto frustrate le loro speranze di assorbire o inglobare l’Arma, non attraverso una sua improbabile smilitarizzazione ma, piuttosto, ponendola alle dipendenze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, per ricoprire il ruolo che apparteneva al disciolto Corpo delle Guardie di PS. Un corpo armato militarizzato, quest’ultimo, che facendo capo allora all’Ufficio F.A.P. (Forze Armate di Polizia) della Direzione Generale della PS (con l’unica eccezione della Polizia Stradale, che godeva di una propria autonomia operativa), svolgeva funzioni meramente sussidiarie, subalterne e di supporto, e veniva impiegato come massa di manovra per l’ordine pubblico, alle dipendenze dei funzionari civili di PS, cui spettava in via esclusiva l’effettiva gestione e responsabilità di tutti i servizi di polizia. L’organizzazione interna della pubblica sicurezza, prima della riforma del 1981, si basava infatti su tre principali componenti che reggevano l’intera struttura come le gambe di un tavolino: quella amministrativa/prefettizia, quella dei funzionari di polizia ed infine quella militarizzata, costituita dal Corpo delle Guardie di PS. Eliminata quest’ultima sulla spinta di un processo di sindacalizzazione talvolta esasperata, il ”tavolino”, rimasto su due sole gambe, sembra stia tuttora cercando proprio nell’Arma dei Carabinieri il sostegno ”militare” venutogli a mancare.
Struttura più efficiente
In ogni caso, un eventuale assorbimento della Benemerita nell’ambito del Ministero dell’Interno potrebbe essere pretestuosamente proposto solo nel quadro di una presunta razionalizzazione di tutto l’apparato di sicurezza nazionale sul modello anglosassone, che porterebbe ad un’unificazione dei diversi Corpi di polizia, in aperta contraddizione sia coi criteri di garanzia democratica (un solo corpo di polizia non li offre, e questa è una caratteristica peculiare dei regimi totalitari), sia con il dettato della riforma dell’81 e la sua precisa scelta di disporre di due forze di polizia a competenza generale, una civile ed una militare, coordinate dall’Autorità di PS.
A tutto ciò si dovrebbe aggiungere l’intrinseca incongruenza di un provvedimento che comporterebbe l’assorbimento e/o l’asservimento dell’organismo di polizia più efficiente in un altro sicuramente meno efficiente, e quindi incapace di gestire una struttura più grande e complessa. Le percentuali di rendimento operativo dei Carabinieri risultano infatti nettamente superiori e preponderanti rispetto a quelle delle altre agenzie di sicurezza nazionali: secondo le statistiche più aggiornate del Ministero dell’Interno, l’Arma con i suoi 110.000 effettivi rappresenta da tempo oltre il 70% dei servizi e dei risultati operativi in materia di sicurezza in Italia. Percentuale ancor più significativa se rapportata al numero complessivo degli operatori delle altre forze di polizia: oltre 380.000 unità, tra Polizia di Stato (110.000), Guardia di Finanza (65.000), Corpo Forestale dello Stato, Polizia Penitenziaria e polizie locali ed urbane (200.000), che tutti insieme producono il restante 30%.
Un Comandante Generale dell’Arma, in una audizione innanzi alla Commissione Difesa del Senato, tempo addietro, ha ricordato e ribadito che la militarità dell’Istituzione «costituisce un plurisecolare valore aggiunto del sistema sicurezza del Paese che, oltre ad essere uno dei motivi principali della sua efficienza, risulta funzionale alla gestione della stessa struttura diffusa capillarmente su tutto il territorio nazionale». E ancora - ma questo, per pudore, non è stato detto - se non ci fossero stati i Carabinieri, cioè soldati-poliziotti, li avrebbero dovuti inventare, quantomeno per una banale legge di ”super” mercato: paghi, poco, uno ma prendi due, con un risparmio del 50%. Cosa che nello scenario politico-strategico attuale segnato dalla sempre maggiore necessità di ridurre i costi, non mi sembra cosa da poco.
compiti internazionali
In questo scenario, tutto l’Occidente ed alcune aree come il Medio Oriente - su cui insistono vitali interessi strategici per le risorse energetiche - risultano seriamente minacciati, infiltrati e contagiati dal terrorismo suicida, alimentato dal fanatismo religioso islamico e antioccidentale, sostenuto e sovvenzionato anche da gruppi criminali e dai servizi segreti dei cosiddetti stati ”canaglia”, molto spesso con proventi di attività e traffici illeciti (droga, armi, immigrazione clandestina), come si è riscontrato nei Balcani, in Afghanistan ed ora in Iraq. Nelle diverse missioni svolte dalle Forze Armate occidentali per stabilire o mantenere la pace, sono quindi emerse esigenze non solo militari, ma anche di sicurezza e di polizia per individuare ed identificare gli elementi di spicco delle reti terroristiche e delle organizzazioni criminali, e quindi neutralizzare le pericolose connivenze e complicità. Nella diffusa instabilità creata dal disordine, dall’illegalità, dalla guerriglia, dagli atti terroristici, e quindi nell’insicurezza generale, i gruppi dell’eversione e del crimine organizzato, coalizzandosi o addirittura mescolandosi, trovano le maggiori opportunità per conseguire i loro obiettivi, di natura politico-militare ed economica. In una situazione instabile, infatti, i traffici illeciti prosperano e i relativi guadagni aumentano, consentendo a entrambi di finanziarsi, sostenersi e crescere.
contingenti all’estero
Nelle missioni di supporto alla pace all’estero, definite spesso di polizia internazionale, come pure nelle operazioni di contro-terrorismo e di contro-insurrezione, le Forze Armate dei Paesi occidentali sono state quindi chiamate sempre più spesso ad esprimere non solo capacità militari, ma anche capacità tipiche delle forze di sicurezza e di polizia. Il concetto di difesa si è evoluto ed allargato nel concetto di difesa e sicurezza, dando maggiore importanza e visibilità a forze militari specializzate nell’attività di polizia (MSU Multinational Specialized Unit) e ritagliando uno specifico e quasi unico ruolo per i Carabinieri nell’ambito delle Forze Armate nazionali ed alleate. L’Arma infatti, grazie alla sua doppia natura di forza militare e di polizia, è stata in grado d’integrarsi perfettamente nei contingenti militari interforze ed internazionali. Oltre ad una indiscussa competenza in tutti i settori di polizia, i Carabinieri hanno dimostrato una buona capacità militare ed una discreta autonomia logistica e di proiezione con alcuni assetti dedicati, sottolineando e valorizzando la propria natura militare e specializzazione all’estero nei confronti sia di altre forze armate, sia delle formazioni di polizia internazionali.
Quanto sopra esposto è la semplice, ”disarmante” ma inesorabile verità. Non c’è italiano che non sappia che il suo popolo, collettivamente parlando, si fida più dei Carabinieri che dei preti, magistrati, delle altre forze di polizia, di avvocati, medici e politici tutti insieme. La notizia che però mi ha lasciato attonito, e che ovviamente ritengo falsa, è che il progetto di cancellare, di fatto, una Istituzione come l’Arma dei Carabinieri, progetto vecchio e più volte tentato, abbia avuto una brusca accelerazione proprio da questo Governo. Non ritengo possibile che un esecutivo eletto proprio sull’onda della preoccupazione dei cittadini per la loro sicurezza possa, per il tramite del Ministro dell’Interno, coltivare un disegno così terribilmente deleterio, tanto da inviare altissimi funzionari in Francia per studiare e mutuare eventualmente il metodo con cui quello Stato ha ”incatenato” al comparto sicurezza (senza giri di parole, il Ministero della Polizia) la Gendarmeria; essendo diverse le situazioni sociali, tradizionali e politiche, ciò che va bene per la Francia non è detto possa andar bene anche per noi. Ma il vero nodo, il punto centrale di questa storia, è che quanto non riuscì alla Sinistra dagli anni ”50 agli ”80, e cioè di scalfire il monolite Arma ottenendo però di infilare propri uomini all’interno della Pubblica Sicurezza, sindacalizzandola, sta riuscendo proprio a coloro che sembravano combattere l’estremizzazione delle Forze dell’Ordine.
idea deleteria
Se è vero - ma continuo a non crederci, o almeno a sperare che non lo sia - non riesco a intravedere, a meno di non ricorrere a distorte fantasie, una motivazione logica, razionale. La politica spesso, nelle sue forme deteriori, è la scienza per cui un burattinaio, un grande vecchio (chiamatelo come vi pare), riesce a perseguire un suo scopo, non sempre lineare e confessabile, per di più talora inutile e dannoso, attraverso il ”dispendioso”. Ovviamente, se per costruire una montagna di tradizioni, affetto della gente, riconoscimenti non solo caserecci ma da ogni parte del mondo, ci son voluti quasi 200 anni e soprattutto il sangue di chi ha offerto la sua vita per gli altri, per rovinare tutto quanto, assumendo responsabilità storiche di cui forse nemmeno si percepisce la portata, basta ”poco”. Spero che quel ”poco” non faccia parte del Governo e non voglia punire i Carabinieri perché sono stati e sono fedeli allo Stato, chiunque lo abbia incarnato; fedeli allo Stato unitario, s’intende.
Non per caso, quando ci furono in Italia prove tecniche molto dolorose di divisioni Nord-Sud, e mi riferisco alla Repubblica di Salò ed al resto del Paese, gli Alleati accettarono, mantennero ed esaltarono i Carabinieri in ogni più sperduto paese. I tedeschi, invece, ordinarono di deportare in primis i Carabinieri, tutti e senza eccezioni, magari, per buon peso, fucilando gli ufficiali.
E non per caso l’assalto al Campanile di Venezia non finì in un bagno di sangue ”padano”. Avrei voluto vedere se invece di umili e tenacemente umani carabinieri ci fossero stati altri, cosa sarebbe accaduto! Andatelo poi a spiegare che i mitra erano finti e che il cingolato era più un carro carnevalesco che armato. E poi, non è forse vero che 110.000 persone formano un bacino elettorale di circa 2-3 milioni di voti? Meditate politici, meditate!
P.S. - Tutte queste considerazioni, forse note ai vertici dell’Arma e della Rappresentanza militare (lo pseudo-sindacato interno) propongono altre due valutazioni.
O è tutto noto, chiaro, approvato, non ostacolato, e quindi le alte gerarchie fanno la parte di quei megadirigenti che uccidono le aziende in salute per poter poi farle comprare ad amici degli amici a prezzi di saldo, dopo essersi prenotati sicuri posti alternativi, quando la nave dovesse affondare, lasciando coraggiosamente l’equipaggio al suo triste destino, oppure non si sono accorti di nulla o, peggio, hanno paura di esporsi per indicibili ma sospettabili motivi.
Giudichi, il lettore di Libero, se siamo in condizione di accettare che l’unica Istituzione Repubblicana nata circa 200 anni fa e passata indenne alle traversie prima brevemente elencate, possa essere cancellata da un ”golpe” amministrativo, con la connivenza di tante scimmiette, talune in uniforme altre in gessato blu, che non vedono, non sentono e non parlano.
DA DE SICA A PROIETTI SIAMO TUTTI MARESCIALLI-
Da sempre i Carabinieri fanno parte del paesaggio italiano, sono una componente importante del Paese. «Come Pisa non esiste senza la Torre pendente, così l’Italia non si capisce senza la lucerna dei carabinieri», diceva Mario Soldati, spiegando la sua decisione di scrivere ”I racconti del maresciallo”. Storie vere, che lo scrittore aveva ricavato dalle esperienze di un suo amico della Benemerita. Quei racconti, fra i primi a vedere dei Carabinieri nei panni di protagonisti nella narrativa, furono pubblicati da Mondadori e ottennero un grosso successo. Alcuni di essi furono poi portati in televisione dal regista Mario Landi che ne ricavò una serie di appassionanti telefilm. A interpretare la parte del maresciallo Gigi Arnaudi, comandante di una piccola Stazione dell’Arma del Varesotto, tutore dell’ordine con un alto senso del dovere ma comprensivo e umano, c’era un bravo e convincente Turi Ferro. Eravamo alla fine degli anni ”60. Altre storie tratte da ”I racconti del maresciallo” sarebbero diventate altrettanti telefilm televisivi, diretti dallo stesso Soldati, nel 1984. A indossare i panni del sottufficiale, un memorabile Arnoldo Foà.
La presenza dei militari dell’Arma sul grande e piccolo schermo nei panni di protagonisti o comprimari ha avuto però inizio poco dopo la fine della guerra, nel 1948, con ”La fiamma che non si spegne”. Il film, diretto da Vittorio Cottafavi, si ispirava alla figura di Salvo d’Acquisto, il giovane vicebrigadiere che nel ”44, durante l’occupazione tedesca, aveva sacrificato la vita per salvare ventidue ostaggi. Protagonista, Leonardo Cortese. Sempre nello stesso anno, ecco apparire il film ”In nome della legge” di Germi, anche questo tratto dalle pagine di un libro, ”Piccola pretura”, di Giuseppe Guido Loschiavo. Ambientato in Sicilia, vedeva un maresciallo dei Carabinieri, impersonato da un efficace Saro Urzì, impegnato in una difficile inchiesta in un ambiente predominato dall’omertà e dalla paura.
conquistare la lollo
In queste prime apparizioni cinematografiche, però, i Carabinieri vestivano i panni tradizionali, fatti di una miscela di senso del dovere e carica umana. Ma, nella metà degli anni Cinquanta, ecco ”esplodere” due pellicole assai diverse, ”Pane, amore e fantasia” e ”Pane, amore e gelosia”, dirette entrambe da Luigi Comencini, che fanno assumere ai protagonisti in divisa una straordinaria carica di bonarietà e simpatia. La parte del protagonista, il maresciallo Carotenuto, è interpretata da un Vittorio De Sica in gran forma, esuberante quanto galante, cui fanno da contraltare il posato carabiniere Baiocco (Memmo Carotenuto) e il timido carabiniere Stellati (Roberto Risso), innamorato di una vivacissima paesanella, con il sorriso e le forme procaci di Gina Lollobrigida. Due film, questi, che contribuiscono notevolmente alla popolarità dei Carabinieri in quel periodo.
Nel ”58, in un’altra commedia brillante, ”Ladro lui, ladro lei”, di Luigi Zampa, a indossare i panni del Carabiniere è un altro mattatore dello schermo, Alberto Sordi. Ma in realtà, quei panni per lui non sono appropriati e li usa solo per commettere un furto che lo porterà poi in prigione, arrestato da un Carabiniere vero.
E’ il periodo, questo, delle pellicole leggere e grottesche. Così sono molti gli attori comici che si cimentano nel ruolo del Carabiniere con parti più o meno brillanti, come Nino Manfredi ne ”Il carabiniere a cavallo”, il grande Totò, con Vittorio De Sica, ne ”I due marescialli”, e lo stesso Alberto Sordi ne ”Il disco volante”.
Si torna all’impegno nel 1968 con ”Il giorno della civetta”, tratto dal romanzo omonimo di Leonardo Sciascia e diretto da Damiano Damiani. Il protagonista è un capitano dei Carabinieri, interpretato da un efficace Franco Nero, che, impegnato nella lotta alla mafia, sarà alla fine costretto a gettare la spugna. Un cenno merita un altro film del periodo, ”Fuoco”, di Gian Vittorio Baldi, in cui un Carabiniere riesce dopo molti sforzi ad arrestare un folle che s’era barricato in casa dopo aver ucciso la moglie. Una storia drammatica quanto vera.
Nel 1975 torna sugli schermi la vicenda dell’eroico Salvo d’Acquisto. Il film, dal titolo omonimo, nato da un soggetto di Giuseppe Berto, è diretto da Romolo Guerrieri e interpretato da Massimo Ranieri, assai giovane ma già bravo. La storia sarà riproposta nel 2007 con una fiction televisiva, che avrà per protagonista un Beppe Fiorello convinto e credibile.
verdone e montesano
Tornando al passato, nella prima metà degli anni Ottanta ci sono delle pellicole inesistenti come ”Il carabiniere” di Silvio Amadio, ”I carabbinieri” con due ”b”, di Francesco Massaro, o ”I carabimatti” di Giuliano Carnimero, assieme a un film più decoroso, ”I due carabinieri”, del 1984, diretto e interpretato da Carlo Verdone in compagnia di Enrico Montesano che, un paio d’anni dopo, nell’86, avanzerà di grado e sarà ”Il tenente dei carabinieri”, in un film di Maurizio Ponzi, con Nino Manfredi nella divisa un accentrino colonnello.
Sempre nell’84 esce un film-verità, asciutto e drammatico: ”Cento giorni a Palermo”, di Giuseppe Ferrara, che ricostruisce le indagini svolte nel capoluogo siciliano dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa, dopo la nomina a prefetto della città, e la sua spietata esecuzione da parte della mafia. Dalla Chiesa è interpretato da un Lino Ventura di grande sensibilità ed efficacia.
Altri film intensi e impegnati sono ”Il ladro di bambini” del 1992, diretto da Gianni Amelio, e ”La mia generazione”, del 1996, di Wilma Labate. Il primo narra la storia di un carabiniere (Enrico Lo Verso), umano e comprensivo, che attraversa l’Italia intera, da Nord a Sud, con due bambini disadattati che nessuno vuole prendere in custodia. Nel secondo, un capitano (Silvio Orlando) compie il tragitto inverso scortando un terrorista, di cui riuscirà a vincere la diffidenza grazie alle doti umane. Nel ”98 a indossare la divisa è un simpatico Ezio Greggio, nel film ”Anni 50”, di Carlo Vanzina, dove propone le avventure di un maresciallo a Capri. Non contento, Ezio Greggio ci riproverà nel 2002, in ”Un maresciallo in gondola”, sempre di Carlo Vanzina, ambientato ovviamente a Venezia.
In questi ultimi anni, infine, i Carabinieri sono diventati dei veri mattatori della televisione con una serie di fiction che hanno avuto ed hanno un successo incredibile: ”Il maresciallo Rocca”, che ha preso il via nel ”96, contando sull’intelligenza e la credibilità di Luigi Proietti e sulla dolcezza e sensibilità di Stefania Sandrelli; ”Don Matteo” dove sembra di assistere a una gara di simpatia fra il maresciallo interpretato da Nino Frassica e il personaggio del prete-investigatore affidato a Terence Hill, con Flavio Insinna nei panni di un bonario capitano; ”Carabinieri” ha infine per protagonista principale la ”marescialla” Manuela Arcuri, che può contare su colleghi come Pino Caruso, Andrea Roncato e tanti altri, non ultimo un Paolo Villaggio senza stellette ma con tanta verve. Ma perché queste fiction hanno tanto seguito di pubblico? Il merito va di sicuro a sceneggiatori, attori e registi. Un po’, però, anche ai Carabinieri. Che godono fra gli Italiani di stima e rispetto ma anche di simpatia.