Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  gennaio 30 Venerdì calendario

ROMA Quando la Procura generale di Catanzaro avocò l’inchiesta «Why Not?» di Luigi De Magistris, affidò al Ros dei carabinieri la consulenza tecnica e chiese di verificare se il lavoro del consulente Gioacchino Genchi fosse stato corretto

ROMA Quando la Procura generale di Catanzaro avocò l’inchiesta «Why Not?» di Luigi De Magistris, affidò al Ros dei carabinieri la consulenza tecnica e chiese di verificare se il lavoro del consulente Gioacchino Genchi fosse stato corretto. Il Ros nel suo rapporto è durissimo: «A conclusione degli accertamenti si ritiene che il consulente tecnico Gioacchino Genchi abbia acquisito conoscenza della sicura riconducibilità di molti degli intestatari (delle utenze telefoniche, ndr) già prima delle richieste di emissione dei decreti di aquisizione dei dati di traffico telefonico. In alcuni casi, è lo stesso consulente che associa in modo inequivoco le utenze da esaminare a enti istituzionali, come la presidenza del Consiglio dei ministri, il Senato e la Camera, senza conoscerne i reali utilizzatori, potendo trattarsi anche di parlamentari». Parlamentari e non solo. Genchi, secondo il Ros dei carabinieri, acquisisce tabulati di personalità tutelate da «normative specifiche» la cui identità non conosce ma anche, all’opposto, di soggetti «identificati» precedentemente, «come i funzionari del Sismi o i magistrati fuori ruolo presso il ministero della Giustizia, come il dottor Arcibaldo Miller (capo degli Ispettori di via Arenula, ndr), o magistrati in servizio presso gli uffici requirenti del distretto di Catanzaro, come il pm Emilio Ledonne, e di Reggio Calabria, come nel caso del dottor Francesco Mollace, e presso la Dna, tra cui lo stesso procuratore nazionale antimafia Piero Grasso». Nei confronti di alcuni magistrati antimafia, l’accertamento di Genchi è stato molto più invasivo, riguardando non solo il cellulare di servizio, ma anche il telefono di ufficio e le utenze private, «come nel caso del pm della Procura nazionale antimafia, Alberto Cisterna e Vincenzo Macrì». Insomma, Genchi ha potuto così ricostruire anche i contatti telefonici del magistrati che parlano, per motivi di ufficio, con pentiti o testimoni di giustizia. Il Ros condanna il metodo Genchi, che ha potuto acquisire dati sensibili riconducibili a utenze istitituzionali, dal Parlamento al ministero della Difesa, dal Dipartimento della Pubblica sicurezza, ai nostri 007./