Marina Cassi, La Stampa 30/1/2009, 30 gennaio 2009
MARINA CASSI
TORINO
Dieci giorni? Ma come si fa ad aspettare dieci giorni in una situazione così». Gianni Rinaldini, il segretario della Fiom, non si dà pace che dall’incontro a Palazzo Chigi dell’altra sera sulla crisi dell’auto non si sia usciti con delle decisioni immediate. E dice: «Così si fa solo crescere la cassa, si blocca tutto e si aggrava la crisi».
Perché così drastico?
«E’ evidente che un governo diviso, e infatti all’incontro ha parlato solo Scajola, perde tempo. E intanto nessuno compra una sola auto perché tutti aspettano gli incentivi e la crisi peggiora».
Gli incentivi c’erano fino a dicembre; non le sembra assurdo che si parli di un provvedimento che c’era e che è stato tolto in piena crisi?
«Sì. Ma in ogni caso gli incentivi vanno rimodulati. In Germania sono di 2500 euro per una nuova auto ecologica, in Francia di mille sempre per modelli ecocompatibili. Ma gli incentivi non bastano».
Che altro serve?
«Ad esempio un fondo di garanzia sul credito perché per studiare l’auto del futuro ci vogliono un sacco di soldi. In ogni caso è impossibile che l’Europa non si coordini. Così è una guerra commerciale tra produttori in cui le vittime sono i lavoratori. E poi il sostegno pubblico serve anche a un’altra cosa fondamentale».
Quale?
«All’esigere da parte dei governi che nessuno stabilimento venga chiuso, che nessun lavoratore venga messo fuori».
Ma se il governo adotterà provvedimenti di sostegno chiederete che ponga questa sorta di clausola sociale?
«E’ ovvio. La Fiat lo scorso anno ha prodotto in Italia 650-660 mila auto. Se, come dice l’azienda, quest’anno la produzione calerà del 20% significa che farà mezzo milione di vetture. E’ a rischio la sopravvivenza del settore».
Teme che la Fiat possa decidere di chiudere degli stabilimenti?
«Vedo una responsabilità da parte della Fiat nel non dire quali sono i suoi programmi produttivi futuri almeno per il 2010. Un’auto non si fa in tre mesi, ma in 18».
Che cosa significa?
«Se la Fiat non parla di programmi lascia il dubbio di essere in attesa di una alleanza che ovviamente non è quella con la Chrysler. Se fosse Peugeot bisogna sapere che quella azienda ha preso i soldi del governo francese con l’impegno di non chiudere stabilimenti in Francia. Ma le due aziende fanno auto dello stesso segmento. E’ evidente che la Francia si terrebbe tutti suoi stabilimenti e noi no».
Tutto questo riguarda un ipotetico futuro; ma al di là del problema di una nuova possibile alleanza lei pensa che un tardivo o mancato intervento del governo possa portare a una drammatizzazione, a una possibile chiusura di stabilimenti?
«C’è un gioco, che non mi piace, a scaricabarile tra governo e Fiat. Ma l’azienda non pensi di ipotizzare chiusure altrimenti finirà come nel 2002; non ci riuscirà».
Ma alla fine che cosa volete?
«Che il governo faccia in fretta, che si salvaguardino i lavoratori italiani, tutti. E quando dico tutti ci metto anche i 2 mila apprendisti che rischiano di restare a casa. E anche un’ultima cosa».
Quale?
«La cassa deve aumentare, tornare all’80% del salario. I fondi ci sono perché la cassa la pagano il lavoratore e l’azienda versando ogni mese. Non come Alitalia che usa la cassa senza averla pagata».
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