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 2009  gennaio 30 Venerdì calendario

Pistola, manganello e peperoncino spray. Si poteva mai immaginare che la ferocia di tempi securitari avrebbe trasformato il vecchio «pizzardone» in un potenziale Rambo o RoboCop? La militarizzazione del vigile urbano, nel caso specifico capitolino (anche se il fenomeno è generale e in certi casi, tipo Parma, pure abbastanza allarmante nelle sue ricadute di cronaca nera a sfondo razzista) ha a che fare con la stagione dei sindaci sceriffi

Pistola, manganello e peperoncino spray. Si poteva mai immaginare che la ferocia di tempi securitari avrebbe trasformato il vecchio «pizzardone» in un potenziale Rambo o RoboCop? La militarizzazione del vigile urbano, nel caso specifico capitolino (anche se il fenomeno è generale e in certi casi, tipo Parma, pure abbastanza allarmante nelle sue ricadute di cronaca nera a sfondo razzista) ha a che fare con la stagione dei sindaci sceriffi. E prova ne sia che già da un paio di mesi girano su YouTube dei video «ufficiali» della Commissione del Comune per Roma sicura (www.youtube.com/watch?v=eV39Er_2TDo) in cui degli agenti della polizia municipale appaiono impegnati in una vera e propria caccia a viados e prostitute. Sono scene crude. Ma almeno, per quel compito che non deve essere piacevole per quanto sullo schermo appaia eseguito secondo modelli molto real-tv, i vigili non indossano la classica uniforme nera con guarnizioni dorate, casco e guantoni bianchi. E questo rende la visione meno sgradevole. Non per toccare la corda della più nostalgica oleografia, però viene da chiedersi se tutto questo sarebbe potuto accadere quando a dirigere il corpo dei vigili urbani della capitale era il dottor Francesco Andreotti, fratello e quasi sosia del più noto Giulio. Altro stile, altra temperie, altra prudenza. La delibera sulle armi, figlia della tolleranza zero, sembra piuttosto ispirarsi alle profetiche illuminazioni dell´ex sindaco di Taranto, Giancarlo Cito, che già alla metà degli anni novanta per primo reclamò «u´ maganidde», il manganello, per i suoi pizzardoni destinati a farsi milizia. Oltre a suonare buffo e pacifico, il termine pizzardone deriva dal tradizionale berretto a due punte, la «pizzarda», appunto. A Milano il vigile è il ghisa, a Torino il civich, a Genova il cantunè. Nella Roma degli anni Cinquanta i vigili urbani venivano addirittura festeggiati e omaggiati dalla cittadinanza il giorno della Befana, con dolci e bottiglie di vino, come documenta una straordinaria foto di Henry Cartier-Bresson. Ma poi nel giro di una dozzina d´anni quel rituale tributo di gratitudine si esaurì: in un modo anche po´ ripugnante, occorre dire, se è vero che alcuni tra gli automobilisti della capitale, divenuti troppi e troppo cattivi, colsero proprio quella festosa occasione per vendicarsi delle troppe contravvenzioni recando in dono cibi e bevande - si disse - di orrenda provenienza organica. Eppure la figura del vigile restò piantata nell´immaginario come una presenza che accompagnava le trasformazioni sociali, ma nel senso che non se ne poteva fare a meno, nel bene, ma soprattutto nel male. possibile che l´ambiguità del rapporto coinvolgesse quella che la più ardita sociologia designa come «microfisica del potere». Per farla breve: negli anni spensierati della motorizzazione di massa il pizzardone aveva il legittimo, per quanto antipatico compito di sorvegliare e punire. Stava lì, magari nascosto, e faceva le multe: «Concilia?». C´è un sintomatico gioco dell´oca disegnato da Jacovitti (oggi in vendita a caro prezzo su e-bay) che si chiama appunto «Il gioco del pizzardone» e incoraggia i giocatori-automobilisti, appunto, a vanificare i divieti della municipale. E tuttavia, consapevoli del loro piccolo grande potere, i vigili non si risparmiarono iniziative di temeraria autonomia. L´episodio chiave fu quello di uno di loro, a nome Ignazio Melone, che sfidò il classico «Lei non sa chi sono io» per multare il questore di Roma, Marzano, ricevendone in cambio una terribile vendetta, anche sul piano famigliare e giudiziario. L´episodio del vigile Melone è alla base del famoso film di Luigi Zampa, indimenticabile protagonista Alberto Sordi, che peraltro già prima di dare corpo alle vicissitudini di Otello Celletti ne Il Vigile aveva indossato gli stessi panni in Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo, per punizione finendo esiliato nel nebbiùn, a Milano. A riprova di quell´equivoco sentimento che finiva per riverberarsi anche nelle sceneggiature. Non per caso sul grande schermo indossarono l´uniforme della municipale quasi tutti i grandi della commedia all´italiana: da Aldo Fabrizi a Totò, da Peppino De Filippo a Nino Manfredi, passando per Franco e Ciccio e Ugo Tognazzi. Sul piccolo schermo toccò tra il 1989 e il 1990 a Lino Banfi nella fortunata serie televisiva Il Vigile Urbano su Rai1. Ci fu poi, dopo l´ingresso delle donne nella professione, una vampata di commedie sexy a base di vigilesse; e infine - è questione di oggi - il vigile gay, per giunta vincitore di un concorso di bellezza in divisa, candidato del Grande Fratello. Una parabola che vantaggiosamente nel regime degli spettacoli si combina con la militarizzazione. A Roma in realtà ci fu un tempo in cui alcuni i vigili portavano la pistola. Ma quando una povera ragazza in preda allo sballo forzò lentamente un posto di blocco a Trastevere e venne crivellata di colpi, il sindaco Petroselli, uomo saggio, proclamò il disarmo. Con il risultato che Roma resta tra le città più sicure del mondo, ma così non sembra. E il potere comunque provvede a suo modo: armi, manganello e peperoncino, che qui suona un po´ come una ricetta , e magari lo è pure. Tutto è intendersi sulla sua efficacia reale.