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 2009  gennaio 30 Venerdì calendario

DAL NOSTRO INVIATO

SCANZOROSCIATE (Bergamo) – «Mi raccomando, spieghiamo bene che è per il vostro servizio, mica sembri che io vivo attaccata al passato, con le vecchie foto sempre tra i piedi...». Per carità, la contessa è troppo spiritosa per le celebrazioni, non ricorda una data, né un Gran premio, ma solo perché non gliene importa, tanto alle memorie ci pensa Theodor, il marito («Santo Theo, prego!», dice lui). Figuriamoci se si prende sul serio, è una vita che con le risate seppellisce la paura, inganna il destino, schiva i pericoli e tiene testa ai potenti. «Ho sempre colto il lato umoristico delle cose». Troppo veloce, troppo libera e tremendamente in anticipo sui tempi, ancora oggi. «Non so spiegarmi perché non ci sia una donna in Formula 1».
Ma, foto dopo foto, l’immagine in bianco e nero di quella bellissima ragazza, un viso da cinematografo, i pantaloni di tela e un caschetto di cuoio in testa, con un cane lupo al guinzaglio tra i bolidi («per tenere lontani gli scocciatori ») o seduta su un prato dopo un incidente, che gira il volante con una mezza smorfia («che fatica, la Maserati aveva il cambio in mezzo alle gambe e acceleratore e freno invertiti!») o che sorride a fianco di Stirling Moss, Jack Brabham, Alberto Ascari, Luigi Musso, Manuel Fangio, ecco quella ragazza prende vita e si fa tutt’uno con questa bellissima ragazza di 82 anni, seduta sul divano con vista sulle colline della Valseriana.
Contessa Maria Teresa de Filippis, detta «Pilotino», al maschile. La prima donna ad aver corso in Formula 1. «Aprile 1958, primo Gp, a Siracusa: mi consegnano l’auto con un giorno di ritardo. Arriva infiocchettata...». «Uno sfottò», interviene il marito. «No, una carineria – ribatte lei ”. Arrivo e nessuno scende in pista. Autodromo nel silenzio. Luigi Musso mi dice di seguire lui. Io lo faccio, e non è che andasse piano! C’era una curva che si chiamava del camposanto, perché sopra c’era il cimitero. Io seguo Musso e mi sembra che non freni. Vado al limite. Lui, niente. Quando scendiamo gli chiedo come c’è riuscito. E mi spiega: ”’Ma certo che ho frenato, solo nelle auto di F1 non ci sono gli stop con le luci rosse’’. Avevo corso sempre su macchine stradali. Allora ho sentito la paura». La paura, che poi è l’unica cosa che non si vede in quelle foto: bei ragazzi che ridono («Non sa quanto ci divertivamo, sempre assieme, al ristorante, a ballare anche la sera prima della gara, sono persino riuscita a trascinare nelle danze Fangio ») e sembrano pensare a tutto, meno che alla morte. «Certo che avevamo paura. Tutti. Ma prima della gara, in macchina non ne hai il tempo. Potevamo non tornare vivi o, peggio, perdere un braccio, una gamba». La volta che se l’è vista più brutta? «Al Mugello, si è aperto il portellino della macchina, c’era il ”’briciolino’’ per terra e sono volata giù in una scarpata. Mi ha salvato un tronco, sono rimasta lì in bilico senza muovere un muscolo».
Com’è arrivata una contessa che abitava nel magnifico Palazzo Bianco di Marigliano, con un papà ingegnere che aveva elettrificato l’irrigazione della Campania, su un circuito? «Amavo la velocità, fin da piccola. Ma la mia vera passione erano i cavalli. Mio fratello Antonio invece correva in auto. Così, lui e l’altro mio fratello Giuseppe hanno iniziato a scommettere sulle mie capacità al volante». Nessuno ha provato a fermarla? «Non mi facevo fermare. Mia madre Narcisa un po’ soffriva: mi diceva ”’Vai piano e vinci’’». E allora via, undici anni di gare, 6 Gp corsi. A Posillipo con gli scugnizzi che urlavano «Per Maria Teresa de Filippis urrah» e poi si tuffavano in mare al suo passaggio, alla Catania-Etna vinta con record, in Venezuela nel circuito deserto, lei e Fangio i soli a correre per divertire il dittatore Jimenez. E poi la faccia nera per il fumo e gli olii consunti («la mia cura di bellezza!), gli idranti per difenderla dalla folla, le proposte di matrimonio (respinti due fidanzati big, l’ultimogenito di Jolanda di Savoia e un argentino, Talo Tomasi, rampollo di una ricca famiglia di gioielleri, «e lì ho sbagliato»).
E poi la Formula 1 e quel primo, inaudito, affronto. «A Reims il direttore di gara non mi ammise al via. Disse che una ragazza così bella non poteva rischiare la vita e che l’unico casco che dovevo mettere era quello del coiffeur. Volevo ucciderlo». Ma l’avventura era solo rimandata. «Mi trattavano tutti con affetto. Alberto Ascari era quello che scherzava di più. Fangio è stato il più forte di tutti i tempi, senza discussione. Luigi Musso aveva due occhi bellissimi, profondi, ci siamo amati follemente. Tanto lo sai Theo, no?». Theo sa tutto e poi a luglio sono 48 anni che sono sposati. Conosciuti subito dopo che Maria Teresa aveva lasciato le corse «per la morte di Bhera, che si ammazzò sulla Porsche che dovevo guidare io».
Presidente onoraria del Maserati club e vice del Club des anciens pilotes, la contessa frequenta ancora i box. Ma le piace la Formula 1 di adesso? «Mi piace Alonso, il più intelligente di tutti. Però guardo i Gp e a volte mi arrabbio. Soprattutto quando fanno i paragoni con il passato, io conosco i sacrifici di una volta. Ora è tutto facile, per fortuna c’è più sicurezza, ma troppi soldi e poche risate».
Passione Al volante di una Maserati: la contessa ha corso per 11 anni (Cavicchi)
Arianna Ravelli