Il sole 24 ore 28/1/2009, 28 gennaio 2009
L’INDOTTO USA RISCHIA LA BANCAROTTA
La crisi dell’auto americana si allarga al settore della componentistica, con le società fornitrici schiacciate dai timori di fallimento, mentre domina l’incertezza sulla disponibilità di Washington a espandere il piano di salvataggio da 17,4 miliardi di dollari destinati ai tre colossi di Detroit.
L’outlook di Standard & Poor’s per il 2009 parla chiaro: le vendite di veicoli leggeri (auto e furgoncini) negli Stati Uniti cadranno del 24% dopo un già debole 2008, con un pesantissimo -38% rispetto a due anni fa.
La produzione si aggirerà intorno ai 9 milioni di veicoli, il livello più basso da decenni. La principale sfida per l’indotto sarà di mantenere un livello di liquidità adeguato fino a che la vendita e la produzione non torneranno a salire, forse nel 2010.
Intanto Visteon, il maggior produttore di componenti per Ford ed ex divisione della stessa casa automobilistica, ha ingaggiato consulenti legali e finanziari per prepararsi a una possibile procedura di amministrazione controllata, anche se, ha precisato una fonte vicina all’azienda, questo non vuol dire che la cosa sia imminente. Un’altra azienda del settore, finanziariamente più solida, come Lear (vendite annuali per 16 miliardi e 91mila dipendenti), sta invece lavorando con alcuni specialisti e intensificando le azioni di lobby nello sforzo di evitare il tracollo.
L’Amministrazione dell’ex-presidente George Bush ha concesso aiuti a General Motors e Chrysler, ma ha trascurato l’indotto, cui invece guarda il team di Barack Obama. Proponendo un piano di salvataggio per Detroit più ampio, che non si risolva solo negli aiuti alle big in ginocchio.
Le forti difficoltà dei produttori di componenti potrebbero a loro volta avere gravi ricadute sulla produzione automobilistica. Un timore evidente nelle parole di Irv Miller, portavoce di Toyota, il quale ha spiegato al Wall Street Journal come l’azienda abbia un fornitore americano che ha chiuso i battenti per mancanza di domanda. «Se quel fornitore non lavora più con noi, significa che avremo poi un problema di ritorno sulla produzione», ha commentato Miller. Sono molte le società di componentistica che non hanno rispettato gli accordi con le banche o quelle che rischiano di non riuscire a farlo. Gli istituti di credito, nel giro di tre mesi, potrebbero quindi decidere di chiudere i rubinetti, ha avvertito Craig Fitzgerald, consulente a Detroit, ricordando che al momento è pressoché impossibile trovare altre forme di finanziamento.
Si fanno così sempre più pressanti le richieste del settore per ottenere un aiuto federale, sotto forma di garanzie sulle entrate future, in particolare sui crediti a fronte del fatturato con le Big Three. La Motor and equipment manufacturers association ha parlato di un pacchetto compreso tra i 10 e 12 miliardi di dollari.
C’è chi invece insiste per un accesso diretto dei produttori di componenti al Tarp (Troubled asset relief program), in modo da avere un’immediata disponibilità di denaro ed essere in grado di negoziare con le banche condizioni più favorevoli.
Il problema si pone soprattutto per quelle migliaia di piccole società che non hanno grande visibilità sulla scena commerciale, ma che svolgono comunque un ruolo di primo piano per l’industria dell’auto americana e straniera. Molte hanno ricevuto prestiti da piccoli istituti di credito basati su garanzie che sono andate in fumo, in conseguenza del calo di produzione di Gm, Chrysler e altri. E molte sono a rischio liquidità.
Sul fronte dei nomi più importanti, invece, non si può escludere un aumento del potere contrattuale generato proprio dalla procedura di bancarotta. Se Visteon, per esempio, ancora ricca di liquidità, dovesse ricorrere all’amministrazione controllata, potrebbe ridiscutere con Ford quei termini contrattuali che ritiene non redditizi.
Resta da vedere come si muoverà l’amministrazione Obama. Due consiglieri del presidente, Steven Rattner e Joshua Steiner, hanno incontrato alcuni esponenti dell’industria dell’auto. Ma per ora regna il più stretto riserbo.