Paolo Baroni, La Stampa 29/01/2009, 29 gennaio 2009
Il Dna conteso per l’eredità di Caracciolo Sospetti sulle tracce di sangue del principe In laboratorio Il materiale biologico era stato prelevato nella clinica privata pochi giorni prima della sua morte Il pareggio Ieri il Tribunale di Roma ha confermato il sequestro dei reperti, negando però l’analisi immediata ROMA - PAOLO BARONI Sangue e siero conservati in frigo dai primi di dicembre, quando Carlo Caracciolo era ricoverato in clinica a Roma
Il Dna conteso per l’eredità di Caracciolo Sospetti sulle tracce di sangue del principe In laboratorio Il materiale biologico era stato prelevato nella clinica privata pochi giorni prima della sua morte Il pareggio Ieri il Tribunale di Roma ha confermato il sequestro dei reperti, negando però l’analisi immediata ROMA - PAOLO BARONI Sangue e siero conservati in frigo dai primi di dicembre, quando Carlo Caracciolo era ricoverato in clinica a Roma. Pochi giorni dopo, il 15 dicembre, l’editore dell’Espresso sarebbe morto e le sue spoglie cremate: quel materiale organico, oggi, costituisce dunque l’unica possibilità di estrarre il Dna del principe. E visto che Carlo e Margherita Revelli si sono rivolti al tribunale per essere riconosciuti figli di Caracciolo, quelle fiale rappresentano un elemento decisivo. In ballo c’è una fetta consistente dell’eredità del principe di Castagneto, all’incirca 100 milioni di euro tra azioni del Gruppo Espresso, il 33% del quotidiano Libération, altre società e immobili. Con un’istanza urgente presentata il 19 dicembre al Tribunale civile di Roma i legali dei Revelli, Natalino Irti e Francesco Arnaud, chiedono e ottengono il sequestro dei campioni di sangue. Di lì a un mese si tiene la prima udienza per il disconoscimento e si apre lo scontro con Jacaranda Caracciolo Falck, divenuta nel frattempo erede universale di Caracciolo: lei sostiene che i termini per procedere sono scaduti e quindi non sarebbe possibile dar corso in un secondo tempo alla causa di riconoscimento, i figli di Carlo Revelli senior e Maria Luisa Bernardini ribattono che Jacaranda non ha titoli per prendere parte al giudizio perché il disconoscimento della paternità di Revelli senior riguarda esclusivamente i componenti della loro famiglia. Ieri mattina l’affaire è tornato all’attenzione del Tribunale civile di Roma: la giudice Rosaria Ricciardi era infatti chiamata a convalidare il sequestro del sangue conservato presso la casa di cura Pio XI di Roma dove Caracciolo ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita. «La decisione era quella che prevedibilmente ci si poteva attendere - spiega Carlo Federico Grosso, che assieme a Carlo D’Urso e Floriano D’Alessandro difende Jacaranda Falck -. Ha convalidato il sequestro». Ma ha anche ribadito il suo «no» all’analisi, come invece chiedevano i Revelli. Di estrarre il Dna di Carlo Caracciolo il Tribunale semmai deciderà più avanti, ma intanto è stato messo al sicuro. Secondo Jacaranda Falck non si arriverà a tanto, i Revelli invece premono. Per una ragione: i due fratelli avrebbero già effettuato la prova del Dna. E non ne farebbero mistero con nessuno al punto che, in più occasioni, avrebbero raccontato che i test confermerebbero la loro appartenenza alla stirpe dei Caracciolo. Senza ombra di dubbio, sostengono. Dubbi, invece, sono emersi ieri in Tribunale circa il comportamento tenuto dalla clinica romana, rappresentata in aula dal direttore sanitario Enza Curti. «Ci ha incuriosito il fatto che alla Pio XI conservino per ben 30 giorni i reperti biologici dei loro pazienti» spiega l’avvocato Grosso. Prassi inusuale? In Tribunale la dottoressa Curti avrebbe spiegato che la Pio XI ha semplicemente seguito le procedure in vigore da tempo: una forma di tutela della stessa casa di cura, a fronte di possibili contestazioni dei pazienti. Difficile saperne comunque di più: i vertici della clinica ieri si sono resi irreperibili. Il risultato è che la «prassi del Pio XI» ha fatto il gioco dei Revelli. Sarà un caso? Forse sì, come è un caso che a metà degli anni Sessanta fu la famiglia Rebecchini a costruire sull’Aurelia la clinica e che Margherita Revelli abbia sposato uno dei rampolli della famiglia di grandi costruttori romani, Fabiano. Qualcuno, come riferiva ieri il quotidiano economico-finanziario «Mf», sostiene che molto probabilmente ancora oggi i Rebecchini mantengono con la Pio XI un legame d’affari. Ci potrebbero essere gli estremi per contestarne l’operato? I legali di Jacaranda Caracciolo sono molto cauti: vogliono verificare a fondo le eventuali autorizzazioni e tutte le procedure seguite dalla clinica. Sempre ieri il Tribunale ha condannato i Revelli a rimborsare le spese legali all’avvocato Daniele Martinetti chiamato in giudizio senza ragione. E’ l’esecutore testamentario di Caracciolo e da ieri siede nel consiglio di amministrazione dell’Espresso al posto dell’editore scomparso.