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 2009  gennaio 27 Martedì calendario

CON UNA LETTERA DELL’ANAS A CUI STELLA RISPONDE


Sarà anche vero che «lo ha voluto Dio», come avrebbe detto ad Agazio Loiero il padre di uno dei ragazzi travolti dalla frana, ma dietro la tragedia sulla Salerno-Reggio Calabria ci sono anche precise responsabilità terrene. Progettuali, tecniche, politiche. L’area del disastro, infatti, è tra quelle additate ad alto rischio nel Piano di assetto idrogeologico di un territorio, quello calabrese, non solo instabile ma sottoposto in questi anni a una cieca e suicida devastazione.
«Perché il muro di contenimento ha ceduto? Si poteva evitare questa tragedia?», ha chiesto ieri mattina il Gr1 a Salvatore Tondi, il capo compartimento dell’Anas per la A3. E lui: «Nooo, sicuramente no. Il muro di sostegno che stava lì non era un muro predisposto a contenere una frana di questo tipo. Era un muro di sostegno della pendice che era stato messo ai piedi di questa pendice. Il materiale che è venuto giù è una quantità veramente grande». «Cose da terzo mondo», è sbottato il presidente dell’Ordine dei geologi calabresi, Paolo Cappadona, «non si può morire per una frana sull’autostrada. La Calabria è geologicamente molto giovane. E quindi è la più esposta a rischi idrogeologici. Tutto dovrebbe essere progettato con molta più attenzione. Al contrario, assistiamo da decenni a cattiva gestione del territorio, incuria, devastazioni. E ogni volta che cerchiamo come geologi di sensibilizzare le istituzioni sul problema ci scontriamo con un muro di gomma. Finché non c’è il disastro...».
Sembra di risentire una vecchia intervista al Corriere di Fedele Cova, che in 15 anni alla guida della società Autostrade aveva costruito 2.200 chilometri di arterie. Spiegava di avere fatto l’Autosole in otto anni senza subire interferenze dei politici: «Forse perché non si erano neppure accorti di quello che stava accadendo». Subito dopo, però, «cominciarono gli appetiti, le interferenze... Pretendevano questo e quello...». Finché, a partire dal 1968 «non desideravano più discutere, ma solo comandare. Ti ascoltavano distratti e ti liquidavano con un "bene, ci penseremo". I tecnici non contavano più niente. Era un muro di gomma e capivi che le decisioni erano già state prese. Comprendevi anche di infastidirli, di essere importuno... Se ti toglievi dai piedi, loro erano contenti».
Venne costruita allora (40 chilometri l’anno contro i 94 dell’Autosole: ma andava ancora bene rispetto ad oggi) la Salerno-Reggio. Destinata a costare quasi quanto la Milano-Napoli pur essendo lunga poco più della metà. E forse ci fu anche per il tratto della frana di ieri, tra Altilia e Rogliano, qualche tecnico invitato a togliersi dai piedi. Perché il Pai (Piano Assetto Idrogeologico) elaborato nove anni fa non lascia dubbi. Spiega l’esistenza di una «intensa attività geodinamica superficiale che induce l’insorgere di pericoli geologici molto elevati «e fa della Calabria il "prototipo" che meglio condensa la contemporanea presenza di alti livelli di rischio ». Dice che «l’indice di franosità regionale» è così alto da non permettere neppure «il censimento di tutte le frane presenti» visto che «la sola rilevazione di quelle che insistono sui centri abitati ne ha censito circa 8.000».
Segnala infine la Valle del Savuto in cui scorre l’autostrada in questione, una trentina di chilometri sotto Cosenza, come particolarmente pericolosa. Basti guardare la mappa disegnata dai geologi: piena di zone ad alto e altissimo rischio di frane.
Dice quel Pai che gli enti proprietari delle infrastrutture, fra cui l’Anas, dovevano «A) adottare entro 24 mesi» (era il 2001) «un programma per la messa in sicurezza delle rispettive reti nei punti di criticità individuati dal Pai previa verifica delle esistenti infrastrutture a rete e delle vie di comunicazione che attraversano le zone con pericolo d’inondazione, di frana» B) trasmettere all’autorità di bacino «con cadenza annuale, un rapporto sullo stato delle reti sotto il profilo del rischio idrogeologico» e «sulle misure di salvaguardia adottate».
Otto anni dopo: cosa è stato fatto? Nulla, dice l’Anas: quello colpito dalla frana «è un tratto non ammodernato e ancora non oggetto di lavori». Ed è qui che la tragedia del-l’altra notte getta sale su una piaga aperta: dal giorno in cui Craxi decise di stanziare 1.000 miliardi perché la «A3» aperta da poco più di un decennio aveva già bisogno di lavori di ammodernamento, è passato infatti quasi un quarto di secolo. E non c’è ministro dei Lavori pubblici che da allora non abbia lanciato allarmi e fatto solenni promesse. Dal dc Riccardo Misasi che 19 anni fa (quando era ancora vivo Aldo Fabrizi e la nazionale era allenata da Azeglio Vicini) definì i lavori assolutamente «urgenti» al cossuttiano Nerio Nesi che un decennio dopo sentenziava: «Un paese che è fra le prime sette potenze industriali non può avere un’autostrada così: la Salerno-Reggio sarà sistemata in cinque anni».
Sì, ciao! I soliti «fannulloni» della Prima Repubblica consociativa? Magari. Promessa di Pietro Lunardi, per cinque lunghi anni ministro delle infrastrutture berlusconiano, nel 2001: «L’autostrada sarà pronta nel 2004-2005». Promessa di Lunardi nel 2002: «Per i lavori ancora in fase di progettazione o affidamento il completamento è previsto entro il 2006». Promessa di Lunardi del 2005: «I lavori saranno conclusi nel 2009». Silvio Berlusconi, che come è noto non sopporta i pessimisti, confidava al Sole 24 ore
in quella primavera 2005 di crederci sul serio: «L’ammodernamento della Salerno-Reggio dovrebbe essere completato nel 2008-2009». Dice oggi il sito internet dell’Anas che «tutti gli interventi in esecuzione, appaltati, in fase di contrattualizzazione, contrattualizzati e non cantierati e quelli già in fase di gara d’appalto» sulla A3 sono già costati «6,019 miliardi di euro». Ai quali vanno aggiunti «per la realizzazione delle tratte ancora in progettazione, per un’estesa di circa 84,3 Km», altri 2,733 miliardi. Per un totale di 8 miliardi e 752 milioni di euro: 17 volte di più di quanto aveva stanziato inizialmente Craxi. Diciassette volte! E non parliamo dei tempi. L’inaugurazione degli ultimi 31 chilometri e 600 metri già appaltati è prevista dall’Anas per il 31 dicembre 2013. E quelli ancora da progettare? Boh...
Le variabili sono tante. Compresa quella mafiosa. Lo dice il rapporto «Sos Impresa» 2007 di Confesercenti, che dedica alla Salerno-Reggio Calabria parole durissime: «C’è chi l’ha definita il corpo di reato più lungo d’Italia. Dietro ogni curva c’è una cosca che si avventa, è camorra nel primo tratto ed è ’ndrangheta giù nelle "Calabrie". Un percorso che disegna la spartizione del potere, le betoniere e gli escavatori segnalano le "famiglie" dominanti sul territorio. Così la cartina stradale diventa un organigramma mafioso. stato un supertestimone, Piero Speranza, un piemontese che ha riciclato in Toscana i soldi dei trafficanti calabresi, a raccontare per la prima volta come i "mammasantissima" si siano impossessati della A3. Ci fu un summit in una villa di campagna a Torremezzo di Falconara, in provincia di Cosenza. E i boss si misero subito quasi d’accordo. Era l’agosto di sei anni fa. Da quel momento ogni fornitura di calcestruzzo e ogni movimento di terra li ha assicurati la ’ndrangheta. In principio ci fu qualche regolamento di conti. Poi, tanti erano i soldi che hanno fatto scoppiare la pace». Che importa, alle cosche, di una frana ogni tanto?
Gian Antonio Stella

Salerno-Reggio: la durata dei lavori
Nell’articolo «La mappa dei geologi e l’allarme inascoltato: tratto ad alto rischio» ( Corriere, 27 gennaio) Gian Antonio Stella pone all’attenzione dei lettori una serie di informazioni sullo stato dei lavori della Salerno-Reggio Calabria. Al riguardo, desidero fornire alcune puntualizzazioni. Come l’autore ricorda, i lavori di ammodernamento della Sa-RC ebbero formalmente inizio alla fine degli anni Novanta, ma la scarsa disponibilità dei finanziamenti e la decisione di frazionare il progetto in piccoli lotti (le cui imprese erano spesso soggette a fallimento), portarono al noto blocco dei lavori. Grazie alla Legge Obiettivo del 2001, che ha previsto procedure accelerate e ha introdotto per la prima volta nel nostro Paese la figura del General Contractor, nel 2003 sono stati avviati i grandi cantieri di costruzione della nuova autostrada, attraverso i cosiddetti macrolotti. Il primo di questi – tra Atena Lucana e Sicignano degli Alburni, lungo 31 km – in meno di 5 anni ha concluso i suoi lavori, ed è stato inaugurato e aperto al traffico prima dell’esodo estivo della scorsa estate. La data di ultimazione dei lavori sull’intera autostrada entro il 2013 prevede, quindi, una conclusione in 10 anni, che sono un tempo record per un territorio così complesso dal punto di vista morfologico e per cantieri così difficili dal punto di vista tecnico. Peraltro che Anas sta edificando la nuova autostrada sull’antica sede, con tutte le difficoltà che ne seguono: costi più sostenuti, tempi di esecuzione più lunghi e maggiori disagi per gli utenti a causa delle continue deviazioni e delle chiusure di tratti e di svincoli. Tuttavia in questi ultimi anni l’accelerazione degli appalti e dei lavori c’è stata e i dati sono incontrovertibili. I lavori ultimati e in corso riguardano circa 370 km, pari a circa l’83,5% dell’intero tracciato (443 km), di cui circa 190 km sono ultimati e fruibili (il 42% dell’intero tracciato) e circa 180 km sono in esecuzione. Per i restanti 73 km (16,5%) la progettazione è in fase avanzata e sarà completata entro quest’anno. I finanziamenti disponibili (7,5 miliardi) sono sufficienti a coprire tutti i lavori in corso di realizzazione. Larga parte degli ultimi investimenti (2,7 miliardi) necessari per le opere in progettazione sono coperti dai fondi destinati alle infrastrutture dalla delibera del Cipe nello scorso mese di dicembre. Spetta a chi commenta ricordare passate traversie. Mi sembra però che non prendere in considerazione che il 42% della nuova autostrada sia stato completato e aperto al traffico e che un altro 41% si appresti anno per anno a essere ultimato, possa indurre i lettori a sottovalutare l’enorme lavoro tecnico e ingegneristico che è stato messo a disposizione della collettività. Dieci anni per costruire un’opera così imponente non sono affatto un record negativo in Europa.
Giuseppe Scanni
direttore Relazioni esterne Anas Spa
Che sia responsabilità dell’Anas, dei politici regionali, dei politici romani o di una congiura astrale, le date restano date: e i primi soldi per rifare la Salerno-Reggio sono della seconda metà degli anni Ottanta. Quindi non sono passati una decina di anni ma quasi un quarto di secolo.
Minimo minimo, alla fine, saranno 35. Oltre il quadruplo di quelli impiegati dai cinesi per fare, dalla progettazione all’inaugurazione, la ferrovia sino-himalayana che è lunga 1.142 chilometri e ha 2.647 ponti e viadotti. O no? ( g.a.s.)