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 2009  febbraio 04 Mercoledì calendario

Continua il racconto di Silvio Sardi, il produttore legato a Simona Ventura: «Frequentarla ha riportato a galla falsità, che ora non tollero più

Continua il racconto di Silvio Sardi, il produttore legato a Simona Ventura: «Frequentarla ha riportato a galla falsità, che ora non tollero più. Venni condannato per un fallimento. Niente a che vedere con riciclaggio o spaccio di droga», assicura. «Mio padre lavorava con Enrico Mattei, ha costruito reti di distribuzione per il gas in tutta l’Italia del Nord. Me ne sono andato a New York per frequentare l’università, ma avevo 22 anni quando mio padre è morto. Sono dovuto tornare indietro, c’è stata la divisione del patrimonio tra me, mia sorella e mia mamma, e per qualche anno mi sono occupato di amministrarlo. Non era un lavoro che faceva per me e mi sono lanciato nell’edilizia: volevo dimostrare di riuscire a fare qualcosa d’importante prima dei 30 anni. Invece è arrivata Tangentopoli e tutto mi è crollato addosso. Mi furono concesse, e poi improvvisamente revocate, licenze edilizie relative a un complesso immobiliare turistico in Veneto. Avevo chiesto soldi alle banche per 360 miliardi di lire e mi sono trovato coinvolto in un fallimento. Sonno stato condannato a una pena di cinque anni, che ho trascorso prima in carcere e poi ai domiciliari. Ho trascorso sei mesi in carcere: uno negli Stati Uniti e cinque in Italia. stata davvero dura. Avrei potuto restare a New York, come fanno tanti altri, ma io scelsi di tornare in patria per estinguere il mio debito con la giustizia». Veniamo all’attività di produttore cinematografico. «Inizio come distributore, commercializzo diritti audiovisivi, compero film in America e li vendo ovunque. Produco il secondo film americano di Maria Grazia Cucinotta e Honolulu Baby di Maurizio Nichetti, che non sono usciti negli Stati Uniti e non sono andati bene in Italia. Nichetti è uno che non ha protezioni e in quel momento doveva andare a Cannes La stanza del figlio: nelle sale sono arrivate 80 copie di quest’ultimo contro le sei di Nichetti. In America il mercato del cinema è libero e lo è anche quello della distribuzione. Quando le idee sono buone, camminano da sole. In Italia ci sono situazioni consolidate nelle quali è impossibile entrare. I sussidi del ministero sono una presa in giro, sovvenzioni che fanno male al cinema. Rai International, l’unico canale italiano che vedono qui in America, è una vergogna per il nostro Paese: presenta l’italiano ancora con la valigia di cartone».