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 2009  gennaio 28 Mercoledì calendario

SANITA’, UNA VORAGINE DA 10 MILIARDI


Sanità cara. E sempre più cara. La spesa cresce più veloce del Pil e le previsioni sono fosche. Se le Regioni non saranno corse ai ripari, nel 2010 si aprirà una voragine di 10 miliardi di euro. Già quest’anno, le perdite si stimano intorno ai 3-4 miliardi. Panorama senz’altro poco apprezzabile quello offerto dal VI Rapporto Sanità 2008 del Ceis-Facoltà di Economia dell’Università romana di Tor Vergata. «Il nostro obiettivo - ha detto il ministro del Welfare Sacconi - è che la medicina del territorio assorba il 60% della spesa e il resto venga impiegato in quella ospedaliera. Il modello ce l’abbiamo: Veneto, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna». Per evitare la catastrofe, si dovrà recuperare efficienza e le strade più dirette sono due: aumentare il contributo economico da parte dei cittadini e/o tagliare servizi.
Brutto colpo per i cittadini che, di anno in anno, si vedono aumentare il numero di prestazioni da pagare di tasca propria. Il dossier rivela che sono state 349.180 le famiglie che nel 2006 si sono impoverite per spese sanitarie impreviste; l’1,5% dei nuclei familiari italiani.
C’è poi la questione del federalismo. Il Rapporto sottolinea che, se non si provvede a un assetto istituzionale appropriato e a un ridimensionamento calibrato del modello di compartecipazione, «il federalismo rischia di inasprire le differenze tra i servizi sanitari regionali». A voler considerare soltanto la spesa sanitaria il divario tra Nord e Sud divide l’Italia. Se la media nazionale pro-capite è di 1744 euro, si registra, per esempio, che in Trentino Alto Adige, Lazio e Valle d’Aosta è di 1970, in Basilicata e Calabria di 1600.
Il Ceis passa in rassegna i diversi sistemi di assistenza e e mette in evidenza discrasie nella politica ospedaliera, quella che assorbe le maggiori risorse. Per esempio, è vero che il numero delle strutture si è ridotto del 7,9% tra il 2000 e il 2006, ma quello del personale è aumentato. C’è stata una crescita dei medici (1,87%), ma soprattutto degli amministrativi (2,05%). E a giudicare dalla recente protesta all’ospedale San Giovanni (Roma), la tendenza fa scuola. «Si è chiesto - dicono i sindacalisti - di utilizzare i fondi degli anni 2004-2007-2008 per tutto il personale avente diritto. L’amministrazione vuole invece usare parte delle già scarse risorse per creare nuovi responsabili amministrativi, con l’assurdo che avremo un dirigente ogni 10 impiegati».
Gli economisti, poi, sospettano che le politiche di riduzione dei posti letto siano spesso mere operazioni di facciata, «mancando una reale razionalizzazione del settore». Come, peraltro, più volte chiesto dall’Anaao-Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri. Si registra anche un parziale fallimento del meccanismo di pagamento a prestazione, con una forte variabilità tra le Regioni. La tariffa media regionale denuncia differenze che sfiorano il 60%, «difficilmente giustificabili sul piano razionale».
Altro capitolo, la spesa farmaceutica. Molti gli interventi volti a contenerla, dato che tra il 1995 e il 2001 aveva fatto registrare un aumento a valori nominali di quasi il 75%. Tra compartecipazione dei cittadini e diffusione dei farmaci equivalenti, nel 2007 s’è avuta una diminuzione di spesa del 2,6%. Anche in questo caso, però, le differenze tra Regioni sono ancora troppe. Le politiche regionali, osservano gli economisti, spesso piegano le logiche di efficienza e appropriatezza a quelle di risparmio finanziario. Ma spendere meno, concludono, «non sempre è indice di maggiore efficienza». Il problema è spendere bene.