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 2009  gennaio 22 Giovedì calendario

Enrico Benzing, Il Giornale, 22/1/2009 Un tuffo di cinquant’anni, nella variopinta storia della Formula 1, mi porta subito al ricordo migliore di Mike Hawthorn: quello di Monza 1958, il vero epilogo

Enrico Benzing, Il Giornale, 22/1/2009 Un tuffo di cinquant’anni, nella variopinta storia della Formula 1, mi porta subito al ricordo migliore di Mike Hawthorn: quello di Monza 1958, il vero epilogo. Rivedo la scena, come se tutto fosse accaduto ieri. Un Gran premio d’Italia, penultimo atto mondiale, molto sofferto, perché c’erano le verdi Vanwall di Moss, Brooks e Lewis-Evans che scorrazzavano in lungo e in largo, con grande eleganza di risoluzioni tecniche, e che impegnavano le Ferrari allo spasimo. Infatti, la vittoria di Tony Brooks, il dentista volante, divenuto poi eccellente ferrarista, era quasi scontata. E per Hawthorn, combattente strenuo per tutta la stagione, non restava che un secondo posto con distacco. Allora, vedevo la corsa dalla palazzina della direzione-gara e all’arrivo potevo scendere rapidamente in pista. Sì, perchè i concorrenti, tagliato il traguardo, non rientravano ai box, ma si fermavano davanti alla grande tribuna. Mike era solo e profondamente deluso. Si stava togliendo lentamente il casco, quando gli arrivai davanti e gli diedi per primo la notizia: "Sei campione del mondo!". Lui si limitò - a quel tempo, la lingua ufficiale in Formula 1 era l’italiano - a dire: "Ma sei sicuro?". Certo, per via del conteggio dei migliori risultati. Nessuna esplosione di gioia; solo un timido sorriso. Bisognava capire. Si usciva da una dolorosa annata. La tragedia di Reims, dove il caro Luigino Musso perse la vita. Le larvate accuse di averla provocata. La morte di Peter Collins al Nurburgring. Le sue condizioni di salute, ben celate, ma preoccupanti. Così, nel groviglio dei ricordi, nemmeno uno spiraglio di luce. Anzi, mi avevano appena confidato una nera profezia, che era stata fatta proprio in Francia da qualcuno molto vicino a Musso: "Se è vero che Hawthorn e Collins sono stati in qualche modo responsabili del tremendo destino di Musso, entrambi moriranno entro l’anno". Così è stato per Peter. Così doveva avvenire, con un minimo ritardo, il 22 gennaio 1959, esattamente cinquant’anni fa, per Mike, in un incidente stradale del tutto inspiegabile, con lo schianto della sua Jaguar contro un albero, in Inghilterra, al punto di far nascere altre voci e altri sospetti. Anche a distanza di tempo e pur con varie amicizie comuni, non ho mai conosciuto la verità. Un po’ come nella sciagura parallela di un altro Mike, Parkes, pilota e tecnico di rilievo a Maranello. Diciamo che, per me, c’è sempre stato un vero rifiuto agli approfondimenti di eventi così tristi. Quel che conta, sono soltanto i valori sportivi e tecnici. E Hawthorn va ricordato come un grande signore del volante, soprattutto per la sua profonda passione per questo sport e per la sua disciplina, ai suoi inizi di carriera, quando i giovani piloti dovevano cedere la macchina al "Numero Uno", in quel caso a Manuel Fangio, sempre con il sorriso sulle labbra. Da inglese freddo e compassato, con il suo immancabile farfallino sotto la tuta, si trasformava sulle piste, travolgente nelle battaglie più memorabili, fin dalla sua prima comparsa in Formula 1, nel 1952, con una piccola Cooper. Lui, così attento osservatore e amante della verità, a costo di ricostruzioni ardue e di vere rivelazioni, come a proposito del mortale incidente del grande Alberto Ascari a Monza, ha lasciato un alone di mistero intorno alla fine della sua giovane vita. Solo qualche anno prima, aveva scritto un libro interessantissimo, autentico specchio della sua dedizione alla competizione automobilistica. Senza quella sciagura stradale, ci avrebbe raccontato tutte sulle sue singolari vicende e su quello strano mondiale 1958.