Ivo Romano, La stampa 26/1/2009, 26 gennaio 2009
ALLEGRI, IL MATTO CHE STA A SINISTRA
Talento e follia. Genio e sregolatezza. Sembra vadano sempre a braccetto, per informazioni chiedere a Max Allegri, uno che se ne intende. Nel calcio dell’esasperazione elevata all’ennesima potenza, l’approdo del suo Cagliari nell’altra metà della classifica, quella di sinistra, è come un respiro d’aria fresca, che scaccia veleni, pressioni, eccessi. L’ultimo rappresentante della "nouvelle vague" della panchina italica è così: un Mourinho al contrario, un Capello col sorriso, un Lippi gioviale. Come loro, un ottimo allenatore. Ma con un altro carattere. Come abbia fatto, poi, a influenzare pure Cellino è un mistero assoluto: 5 sconfitte in apertura di campionato, senza che la panchina abbia traballato, come mai prima d’ora nel feudo di uno dei "mangiallenatori" per eccellenza. Tutti lo davano a rischio, tutti ne elencavano i vizi, tra carte e cavalli, il peggio del peggio secondo i benpensanti del pallone: il patron s’è ben guardato dal dargli il benservito. Chi abbia avuto ragione è sotto gli occhi di tutti. Ha raddrizzato la baracca, mettendosi nelle mani di Marchetti, il portiere che spinge via i dubbi sulla bontà della scuola italiana, affidandosi alle geometrie e alle bordate del figlio d’arte Conti, lanciando in attacco Acquafresca e Matri, il primo con l’Inter nel futuro, il secondo col Milan nel passato. E lui, a dirigere l’orchestra. Nel segno del suo mentore, Giovanni Galeone, che in quanto a genio e sregolatezza ha pochi rivali.
Era in tribuna a San Siro, la sera della grande paura nerazzurra. Era in tribuna ieri, nel giorno del trionfo all’Olimpico: «Allegri? Un fenomeno» dice Galeone. E, soprattutto, «diverso da tutti gli altri». Lui ne sa qualcosa: «Qualche peccatuccio l’ha fatto: una volta mi chiamò che ero in vacanza in Sardegna, mentre lui avrebbe dovuto sposarsi. Fece saltare tutto all’ultimo momento, si rifugiò da me». Più follia di così. Questione di radici, secondo uno dei primi profeti della zona: «E’ livornese, quindi schietto e diretto, magari un po’ matto. E’ uno dalla battuta facile, il contrario dei tanti seriosi che girano nel mondo del calcio». Con qualche aggiunta che a Galeone non dispiace affatto. Sregolatezza fuori dal campo, genio sul prato verde, da giocatore e da tecnico: «Era così matto che stava per bruciarsi: finì in C, a Padova, lo chiamai al Perugia: prese in mano la squadra, ci portò in serie A. Anche Gasperini e Gianpaolo sono miei allievi. Tutti molto bravi, ma Allegri ha qualcosa in più: l’intuizione improvvisa, il colpo di genio. Lo aveva quando giocava, non gli fa difetto adesso». Base di partenza, però, una squadra organizzata: «Era un leader in campo, normale che diventasse un grande tecnico. E così ha dato una lezione anche a Mourinho. Ero a San Siro, quando il portoghese ha buttato dentro tutti gli attaccanti sono andato via: ero sicuro che il Cagliari avrebbe vinto, solo qualche errore glielo impedì». Diverso, anche nelle parole: «Nel calcio vanno di moda anche sostantivi e aggettivi. Provate a seguire un post-partita di Allegri: non è mai banale, esce sempre dal ripetitivo lessico degli altri». E’ Max Allegri, un nuovo commensale al banchetto dei grandi.