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 2009  gennaio 24 Sabato calendario

CINA E TAIWAN, LA SVOLTA MAI COSI’ VICINE IN 60 ANNI


Tra cinesi, l’etichetta regna sovrana. E quando nel novembre scorso l’inviato di Pechino arrivò a Taipei, fu tutto un chiedersi come si sarebbe rivolto al presidente taiwanese. Ogni possibile titolo onorifico andava maneggiato con circospezione, perché il gioco delle parti tra Cina e Taiwan (la dizione ufficiale per quest’ultima è Repubblica di Cina), esige un lessico calibrato. Alla fine, l’inviato della Cina comunista, Chen Yunlin, porgendo il dono a Ma Ying-jeou, si limitò a un: «Questo è per lei». Chiamarlo «presidente della Repubblica» avrebbe significato automaticamente riconoscere uno Stato del quale mai e poi mai la Cina ammetterebbe l’esistenza.
Etichetta. Qualcosa di più dell’etichetta. L’incontro fra Ma, il leader di Taiwan, e Chen, il massimo rappresentante della Repubblica Popolare mai invitato sull’isola, ha coronato e rilanciato il maggiore avvicinamento dal 1949, cioè da quando il nazionalista Chiang Kai-shek, sconfitto da Mao Zedong, riparò nell’isola con i gerarchi e i forzieri.
Da allora le due Repubbliche rivali combatterono una feroce guerra di propaganda e qualche intenso scambio di artiglieria. Pechino contro la ricca Taipei, appoggiata dall’America. La storia ha preso una curva diversa il primo gennaio 1979, con Washington che strinse rapporti diplomatici con la Cina di Deng Xiaoping e rinunciò a quelli con Taiwan, pur impegnandosi a difendere l’isola in caso di aggressione.
Decenni di diffidenza tra Cina e Taiwan si sono stemperati, le due economie hanno cominciato da tempo a saldarsi. A Shanghai, per esempio, l’investimento di Taipei rappresenta il 15% di tutti i gruppi venuti da fuori, ha scritto il China Daily che cita l’imprenditore Wei Jen Tiao, e quasi il 90% delle maggiori aziende dell’isola ha interessi sul continente. Nell’area del delta dello Yangtze, per dire, vivono mezzo milione di taiwanesi che investono in 350 mila progetti.
Nuova, invece, è l’accelerazione politica, venuta dall’elezione di Ma alla presidenza nel marzo 2008. La Cina tifava per lui. Il predecessore era Chen Shui-bian, esponente del Partito democratico progressista, due mandati, un populista che amava lambire l’idea di indipendenza e scatenava l’ira di Pechino. Per un paradosso della Storia, Ma è il leader del Kuomintang, il partito nazionalista che fu di Chiang Kai-shek e adesso è diventato la più solida testa di ponte di Pechino sull’isola.
Quanto a Chen, è stato arrestato con accuse di corruzione e appropriazione indebita, e ora il processo appare ai suoi fan un inquietante regolamento dei conti per via giudiziaria.
Finora Ma ha cercato di mantenere quanto annunciato all’insediamento: «Spero sinceramente che le due sponde dello Stretto di Taiwan possano cogliere l’opportunità storica di ottenere pace e comune prosperità». E l’avvicinamento procede alla cinese, pragmaticamente. Prime intese a giugno. Quindi alle Olimpiadi, i padroni di casa hanno consentito che la squadra di Taiwan venisse indicata come «Chinese Taipei» e non «China, Taipei». La visita di novembre è culminata con una raffica di accordi, operativi da metà dicembre, che sia Taipei sia Pechino (soprattutto) hanno celebrato con entusiasmo patriottico: 108 voli charter diretti alla settimana fra Cina e isola, ovvero con rotte che non dovevano deviare per attraversare lo spazio aereo di Hong Kong o Macao; 60 charter cargo al mese; collegamenti postali e commerciali marittimi diretti. E poco prima di Natale il Partito comunista e il Kuomintang hanno tenuto un vertice congiunto e la Cina continentale ha offerto a Taiwan un prestito di oltre 13 miliardi di euro, concesso da tre banche.