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 2009  gennaio 24 Sabato calendario

«MI MANCANO BICICLETTE E LIBERTA’ POTEVO ANDARMENE, RESTO IN ITALIA»


Dicono che lo faccio per interesse personale. Così evitano di entrare nel merito delle mie idee, con le quali peraltro non mi sono mai arricchito».
Pietro Ichino conserva ancora quel sorriso timido che fino a poco tempo fa usava per mettere a loro agio gli studenti quando si sedevano davanti a lui per l’esame.
Le radici dell’odio sono quasi sempre misteriose. Veniva da pensare questo, mentre il teorico delle nuove Br Alfredo D’Avanzo reagiva alla visione del giuslavorista milanese come un toro davanti al drappo rosso. Massacratore di operai, pezzo di m..., sfruttatore, agente della guerra di classe...
Processo sospeso, imputati allontanati. «Ieri mattina in aula ho pensato a quando venivo contestato da alcuni studenti. Usavano parole forti, una volta apparve anche un tazebao contro le mie tesi. Mi è sempre bastato parlarci. Spiegare le mie posizioni, ascoltare le loro. E le distanze tra noi si accorciavano. Perché nello scambio di opinioni ci si riconosce, ci si accredita reciprocamente come esseri umani. Ma le grida di stamattina in tribunale forse costituiscono l’unico modo in cui i brigatisti sono capaci di esprimersi. A uno che ti definisce massacratore di operai come rispondi? Cosa gli dici? questa chiusura assoluta, sorda, l’aspetto che mi colpisce di più. Non sanno nulla. Di me, delle mie proposte, del mondo. Che mi insultino quanto vogliono. Non accetto alcuna limitazione della libertà di pensiero, mia e di tutti».
Un pomeriggio di giugno, molti anni fa. Milano è sotto a un temporale. I suoi studenti lo aspettano per un seminario. Il marciapiede davanti alla Statale è deserto, spazzato da pioggia e grandine. Da una via laterale sbuca un ciclista. Avanza lentamente, pedala dritto, non fa nulla per ripararsi. Professore, ma che fa? Venga dentro, si ripari. I baffi grondavano acqua. «Non siamo mica fatti di zucchero, no? bello andare in bici quando piove...» fu la risposta. «Mi manca tanto. Girare Milano in bici è sempre stato un piacere. Avevo anche pensato di scrivere un libro sugli itinerari cittadini in bicicletta. Ne ho tre, ma adesso le posso usare solo in montagna. La mia scorta mi concede una pedalata ogni tanto, con qualche accorgimento».
Una sera spararono al suo amico Marco Biagi mentre scendeva dalla bicicletta, e la vita cambiò. Si scoprì che Ichino era un «bersaglio prioritario» di Nadia Lioce e delle sue nuove Br. Gli diedero la scorta che era stata colpevolmente negata al giuslavorista bolognese. Lui scrisse sul Corriere
una lettera aperta ai terroristi che rimase senza risposta. Nel 2006 arrivò poi il Partito comunista-politico militare fondato da Alfredo D’Avanzo. « un bersaglio umano, non gli puoi far nient’altro che farlo fuori» dice un brigatista in un’intercettazione. Uno degli uomini più minacciati d’Italia. Lui,il professore che studia il mercato del lavoro, capace di aggressività solo davanti a una scacchiera. «Ho sempre ammirato Bobby Fischer, preferivo la sua inventiva alla regolarità di Spasskij e della scuola russa ». La bicicletta in città, il cinema all’ultimo spettacolo e il ristorante alla fine del film. La possibilità di uscire all’ultimo momento, di non programmare il tempo libero. Tutti ricordi. « una mortificazione avere due agenti alle costole anche in Università, davanti allo studio, nell’aula in cui facevo lezione. Incide sul rapporto educativo tra me e gli studenti. Quei poliziotti significano che le cose che insegno sono così mostruose che qualcuno le ritiene degne della pena di morte. Anche ieri hanno voluto lanciare un messaggio. Agli studenti, a tutti: attenti, non credetegli, le sue idee sono pericolose come la peste. Ma non voglio fare vittimismo. Non ci penso proprio. Ora devo preparare con anticipo ogni movimento fuori di casa. La vita è fatta di limitazioni. Capitano malattie, menomazioni. A me è toccata questa e me la tengo. Nel 2003 affrontai la questione con mia moglie e le mie figlie. Se volete, dissi, andiamo all’estero, posso fare il visiting professor. Risposero che non se ne parlava: anche loro non hanno voluto darla vinta ai terroristi».
In uno degli scaffali più alti della sua libreria c’è una copia de «Il collocamento impossibile». Nel ’82, la pubblicazione di questo libro, che per la prima volta attaccava il monopolio statale del collocamento e il sistema della Cassa integrazione senza limiti di tempo, inaugurò la sua carriera di eretico di sinistra. «Io mi sento semmai un po’ troppo giacobino nelle mie proposte di riforma, non certo un conservatore. Mi batto per il superamento del precariato, per dare ai lavoratori un sistema di garanzie di tipo scandinavo. Credo nella necessità di un profondo cambiamento. Quei brigatisti si dicono di sinistra solo perché si riempiono la bocca di operaismo. In realtà i veri conservatori sono loro. Gli estremi difensori dello status quo. Per questo odiano i riformatori come Gino Giugni, Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona, Marco Biagi. Temono la forza delle loro idee. E reagiscono come i mafiosi, tappando la bocca a uno perché altri cento stiano zitti».