La Stampa 27/1/2009, 27 gennaio 2009
LUIGI GRASSIA
L’Italia fa acqua. Per colpa delle falle nei tubi, o a causa dei prelievi abusivi, in cinque anni in tutto il Paese se n’è persa per un ammontare di 2,1 miliardi di euro. E la fattura in denaro è ancora prudente, perché è calcolata sulla media delle nostre tariffe nazionali, che sono basse rispetto alla media europea (grazie a Dio, l’acqua in Italia costa poco, e forse è l’unico bene di cui questo possa essere detto). Se la valutazione del danno idrico venisse fatta sulla base dei costi medi europei, i miliardi persi sarebbero di più.
Il dato bimiliardario emerge da una grande ricerca su costi, la qualità e l’efficienza delle società comunali di servizio svolta dall’ufficio studi di Mediobanca per conto della Fondazione Civicum. L’indagine riguarda anche l’igiene urbana, il settore elettrico, il trasporto pubblico locale e gli aeroporti. Ma in assoluto il dato che colpisce di più è quello degli 800 milioni di metri cubi d’acqua persi ogni anno, in un Paese in cui le geremiadi sulla carenza d’acqua ci accompagnano fin da bambini.
Purtroppo, c’è pure da segnalare che chi spreca di più pretende anche tariffe tra le più alte: l’Acquedotto Pugliese perde addirittura un incredibile 50,3% (dato del 2006) a fronte di un costo di 0,86 euro per metro cubo (sempre nel 2006, mentre la tariffa è scesa a 0,60 euro nel 2007). Quest’amara constatazione rischia di lasciare senza argomenti chi propone di aumentare le tariffe per finanziare gli investimenti idrici e ridurre in questo modo le perdite.
L’Acquedotto Pugliese ha anche la perdita maggiore per abitante: 183 litri al giorno. In percentuale, dopo il suo 50,3% viene il 35,4% dell’Acea di Roma. Invece le perdite più basse sono di MM a Milano (10,3%), Cap Gestione nell’hinterland milanese (19,7%) e Arin a Napoli (19,4%) a dimostrazione che al Sud le cose possono funzionare.
In soldoni, i mancati introiti fra il 2003 e il 2007 ammontano a 930 milioni di euro per l’Acquedotto Pugliese, 362 milioni per l’Acea, 264 milioni per l’Hera di Bologna, 201 milioni per la Smat di Torino, 131 milioni per l’Arin di Napoli, giù giù fino ai 10 milioni di perdite della milanese MM.
L’Italia, col 30,1% di acqua buttata via, fa peggio di Francia (26%), Spagna e Gran Bretagna (22%), Svezia (17%) e infinitamente peggio della virtuosa Germania (7%). La scarsa attenzione ci pone, quanto a sprechi, al livello dei Paesi dell’Est, che oscillano dal 31% della Romania al 50% della Bulgaria.
Fra gli altri comparti esaminati si può citare qualche dato curioso relativo all’illuminazione stradale: Roma capitale risulta una delle città più buie, avendo solo 59 punti luce per 1.000 abitanti, mentre Milano e Torino ne hanno 100 (record a Brescia e Bergamo con 185). Non solo: a Roma ci vogliono in media 9,5 giorni per cambiare una lampada spenta, contro gli 1 o 2 giorni nelle altre città.
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