Andrea Silvuni, Panorama, 29 gennaio 2009, 29 gennaio 2009
ANDREA SILVUNI PER PANORAMA 29 GENNAIO 2009
Fiat, la riscoperta dell’America. Dietro l’accordo con la Chrysler Un’azienda sull’orlo del fallimento, il governo Usa pronto ad aiutare chiunque salvi l’industria dell’auto, la tecnologia giusta al momento giusto. Ecco come è nato l’accordo con il colosso. E in che modo trasformerà il Lingotto.
Il caso ha voluto che Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, scegliesse il momento in cui tutti i riflettori erano puntati sugli Stati Uniti, con l’ingresso di Barack Obama alla Casa Bianca, per annunciare il ritorno della casa torinese in America attraverso la Chrysler. Un progetto esaminato da anni al Lingotto (Panorama ne aveva già parlato nel 2007) e che ha trovato nell’andamento negativo del settore il catalizzatore ideale per essere alla fine definito. Due gli elementi che hanno permesso di passare alla fase esecutiva: il forte deprezzamento della Chrysler e il contributo varato dal governo Usa a favore delle aziende che, negli Stati Uniti, si impegneranno a progettare e produrre auto a basso impatto ambientale e con consumi ridotti (circa 25 miliardi di dollari).
Quest’ultimo aspetto chiarisce che, per il momento, non ci saranno ricadute positive sulla produzione di vetture complete in Europa o comunque fuori dagli Stati Uniti. Ma è anche evidente che questa joint-venture, ruotando attorno alla fornitura di tecnologie, motori, componentistica e pianali, influirà invece rapidamente sulla Fiat e sulle aziende del gruppo (come Fiat Powertrain Technologies e Magneti Marelli) che sono la merce di scambio più appetibile per il management di Detroit.
Marchionne ha giocato questa partita, come altre, senza esborso di denaro: il 35 per cento iniziale della Chrysler (con la possibilità di salire al 55) sarà infatti la contropartita di forniture, come la tecnologia Multiair che gli esperti paragonano all’invenzione (sempre torinese) del sistema Common rail. La Fiat potrà anche contare, per la realizzazione degli impianti di sperimentazione e montaggio negli Usa, sui fondi del dipartimento dell’Energia.
Una volta avviata l’attività negli Usa, che potrebbe prevedere da subito la costruzione in loco della 500, seguita da un modello di dimensioni leggermente superiori, derivato dalla futura low cost brasiliana, l’alleanza Fiat-Chrysler potrebbe coinvolgere anche la Tata, che ha un ruolo sempre più importante nella galassia del gruppo Fiat e potrebbe offrire all’alleanza Fiat-Chrysler una gamma unica, di grande interesse per i mercati emergenti.
Sempre che funzioni (ricordate il divorzio con la Daimler?), l’accordo con la Chrysler dovrebbe poi far ripartire nel segmento delle berline sportive il programma di rinnovo della gamma Alfa Romeo e lo sbarco di questo marchio negli Stati Uniti. Un nuovo pianale condiviso tra Fiat-Alfa-Dodge-Chrysler potrebbe servire per l’erede dell’Alfa 159.
Infine il mercato dei 4x4: la Chrysler è proprietaria della Jeep e un’alleanza Fiat-Chrysler-Tata può creare un colosso nel settore dei fuoristrada, con ampie possibilità di integrazione e l’opportunità per l’Iveco di partecipare, come azienda americana, alle gare per la sostituzione della Hummer nelle forze armate Usa.