Paolo Baroni, La Stampa 25/1/2009, 25 gennaio 2009
Quando a separarsi è una coppia normale al massimo si litiga per il cane, per la tv presa a rate, una collezione di libri o qualche ricordo dei giorni passati assieme: insomma, dal punto di vista economico, roba da poco
Quando a separarsi è una coppia normale al massimo si litiga per il cane, per la tv presa a rate, una collezione di libri o qualche ricordo dei giorni passati assieme: insomma, dal punto di vista economico, roba da poco. Quando invece a lasciarsi sono personaggi come l’ultima «lady Mondadori» e «mister Idrolitina» si finisce dritti dritti in tribunale, perchè in ballo ci sono diversi milioni di euro. Piccolo grande tesoro A tanto ammonta la mini-collezione d’arte contemporanea, un pacchetto di 13 tra quadri e disegni firmati Picasso, Modigliani, Brancusi, Klee, Klimt, Man Ray, Max Ernst, Marini, Wool e Rossetti, una scultura in bronzo ed un tavolino in noce «del 1600, veneziano», al centro della contesa. Solamente «regali» sostiene «lei» sventolando tra l’altro due lettere, una del 2001 e l’altra del 2006, in cui «lui» le confermava la volontà di lasciarle casa, gioielli e quadri che le aveva donato in dieci anni di convivenza. «Tutta roba mia, pagata da me» ribatte l’ex compagno davanti ai giudici, arrivando in un primo momento addirittura ad insinuare l’appropriazione indebita. Lei è Katherine Price Mondadori, una affascinante americana, amica della famiglia Kennedy e regina dell’interior design, che in seconde nozze ha sposato nell’89 Leonardo Mondadori. I due si separarono nel 1994 dove aver messo al mondo due figli, Francesco (25 anni) e Filippo di 23. Attivissima (ma molto riservata al punto da frequentare pochissimi salotti, molto selezionati), «Kpm» si divide tra New York, dove possiede un appartamento con vista mozzafiato su Central Park, Milano e gli Emirati, dove ora sta arredando un grattacielo di 37 piani (e 330 appartamenti) in via di ultimazione a Dubai Marina e che in omaggio alla sua bravura prenderà il suo nome: «Kpm-Dubai». Lui, invece, è uno degli industriali e degli uomini di finanza più noti in Italia: è il cavaliere del lavoro Giuseppe Gazzoni Frascara, classe 1935, un tempo patron della «Gazzoni 1907 spa» (Idrolitina, Dietor, Pasticche Re Sole) azienda ceduta a metà degli anni ’90 alla svizzera Sandoz in cambio di 200 miliardi di lire. Per diversi anni presidente degli industriali di Bologna, Gazzoni è da sempre al centro di una fitta rete di relazioni che l’hanno portato ad essere, tra l’altro, azionista e consigliere di amministrazione di Generali, Pirelli, Camfin, Falck e Banco di Roma. E ancora: presidente di Nomisma, delle Officine Rizzoli di Bologna, proprietario ed azionista del Bologna calcio sino a 2005. Ed in seguito grande accusatore di "Calciopoli". Amico di Cesare Romiti, socio di Marco Tronchetti Provera e di Piero Gnudi, oggi presidente dell’Enel e suo commercialista di fiducia. Dimenticando il tradizionale fair play oxfordiano Gazzoni, il 4 maggio 2006, assistito dagli avvocati milanesi Emidia Zanetti Vitali e Romualdo Richichi, si è rivolto al Tribunale civile di Milano per ottenere la restituzione (o in alternativa il rimborso) di tutte le opere d’arte che a partire dal ’96-’97 aveva donato alla compagna: regali di Natale, di San Valentino, di compleanno, doni che celebravano la festa della donna come il loro primo incontro. Due mesi dopo la prima udienza, nel settembre 2006, Gazzoni accusa l’ex compagna di aver messo in vendita un Picasso intitolato «Nude with raised armas», il pezzo più pregiato di tutta la «galleria» (acquistato per 615 mila dollari nel ’98 da Guggenheim Asher Associates), ed un acquerello di Paul Klee da 360 mila dollari. «Kpm» si oppone e querela, ma il giudice in via cautelare decide di congelare tutto il «tesoretto». E per prudenza fa scattare un altro sequestro di beni e quote societarie per un ammontare di 3 milioni di euro. Tanto era stimato l’insieme delle opere. In tribunale come testi sfilano il gallerista milanese Giulio Tega e gli inglesi John Morton Morris e Alexis Kugel, il giovane Filippo Mondadori, alcuni collaboratori della Price. Ed ovviamente vengono ascoltati più volte i due protagonisti della vicenda. Gazzoni in molti casi è in possesso delle fatture d’acquisto ma la sua memoria mostra diverse lacune, Katherine Price controbatte coi bigliettini scritti da lui («dì a Stella di rimettere il Klimt al 5° piano, ma se ti fa piacere puoi tenerlo...E’ un San Valentino in ritardo»), oppure mostra le dediche: «Happy Valentine 2004» si legge sul retro del Modigliani e di un’opera di Dante Rossetti. La festa annullata Il 29 dicembre 2008 il magistrato del Tribunale di Milano, Lucia Elena Formica, stila la sua sentenza accogliendo appieno la tesi dell’avvocato Adriana Boscagli di Roma che difende la signora Mondadori: il giudice accerta infatti che «i doni in questione erano certamente ricchi e generosi, ma non smodati rispetto alle potenzialità» di Gazzoni Frascara. E questo vale per tutti i quadri contesi, anche per il Picasso da 600 mila dollari, donato alla Price «insieme ad un prezioso gioiello per lenire tangibilmente il disappunto conseguente all’annullamento improvviso di una festa» organizzata da Katherine per il suo amato, come per il Klimt (valutato 600 mila euro), un Brancusi da 450 mila, ed il ritratto di Leopold Zboroski di Modigliani da 120 mila. Regali solo regali. Commenta l’avvocato Boscagli: «Insomma, per il giudice le donazioni sono valide senza che ci sia bisogno che le parti si rechino dal notaio per sottoscrivere un atto pubblico». E a sua volta il magistrato nella sentenza depositata questa settimana scrive: «Anche i più costosi, in relazione alla capacità patrimoniale del dott. Gazzoni Frascara non erano tali da determinare il suo significativo depauperamento». Tanto più che lo stesso Gazzoni, in tribunale, non aveva potuto negare che la sua «capacità patrimoniale» all’epoca delle «dazioni» era «indubbiamente di ampiezza fuori dal comune, nell’ordine di alcune decine di milioni di euro». E così, dei 13 regali oggetto della contesa, 12 restano alla Price. A Gazzoni Frascara il Tribunale restituisce solamente il tavolino pieghevole in noce. «Che non è del 1600», sostengono i periti, ma probabilmente è un falso e vale dieci volte meno dei 60 mila euro pagati da lui all’epoca. In più «mister Idrolitina» si deve far carico del 90% di tutte le spese legali: 170 mila euro su un totale di 190 mila. Commenta soddisfatta l’avvocato Boscagli: «I regali non hanno l’elastico! Questa è una vittoria per le donne, ma anche per gli uomini...."gentiluomini"». Altro che guerra dei Roses, quella combattuta nei Tribunali di mezzo mondo dai vip dello show business. L’ultimo caso riguarda Madonna: dopo mesi di voci e smentite, recentemente la cantante ha lasciato (dopo 8 anni) il regista Guy Ritchie (con lei nella foto) e per avere seccature ha accettato di firmare un assegno di 100 milioni di sterline come risarcimento per la vita trascorsa insieme. Divorzio milionario anche per Roman Abramovich, il magnate russo considerato tra gli uomini più ricchi del pianeta: abbandonare la moglie Irina gli è costato la bellezza di 16 miliardi di euro, il pratica la metà esatta del suo patrimonio. Negli Stati Uniti, invece, la separazione tra la star americana del basket Michael Jordan e la moglie Juanita ha portato nelle casse di lei la bellezza di 150 milioni di dollari. Mentre Paul McCartney, baronetto dei Beatles, per lasciare la modella Heather Mills ha dovuto firmare un assegno da 60 milioni di dollari. Il tavolino Tra i pezzi di cui s’è discusso in Tribunale, anche un tavolino in noce del 1600 veneziano. In questo caso, il giudice ha stabilito che dovesse essere assegnato a lui. Peccato che secondo i periti si tratti di un volgare falso. Picasso e Modigliani Erano tredici i pezzi della collezione d’arte al centro della contesa tra Katherine Price Mondadori e Giuseppe Gazzoni: quadri e disegni firmati Picasso, Modigliani (nella foto in basso una sua opera), Brancusi, Klee, Klimt, Man Ray (foto in alto), Max Ernst, Marini, Wool e Rossetti, oltre a una scultura in bronzo. Il giudice ha stabilito che dodici di quei pezzi debbano andare alla Price in quanto regalati in 10 anni di convivenza. A riprova di ciò, la Price ha mostrato due lettere scritte nel corso degli anni dal suo ex in cui lui le confermava che si trattava di doni.