Sergio Romano, Corriere della Sera 25/1/2009, 25 gennaio 2009
Caro Romano, perché, e in quale clima culturale, nel 1975 si decise per l’abbassamento della soglia della maggiore età da 21 a 18 anni? Io, che di anni ne ho 29, opterei per un ritorno ai 21
Caro Romano, perché, e in quale clima culturale, nel 1975 si decise per l’abbassamento della soglia della maggiore età da 21 a 18 anni? Io, che di anni ne ho 29, opterei per un ritorno ai 21. Il diritto di voto è una delle numerose questioni che mi rendono incline a questa ipotesi: mentre di tanto in tanto sia in Italia che all’estero si sente parlare di diritto di voto esteso ai sedicenni, che siano politiche o amministrative, a me sembra che la percentuale di giovani tra 16 e 20 anni (la generalizzazione è feroce, me ne rendo conto) sia largamente ignorante di politica o di «vita adulta», il che non è necessariamente una colpa quanto piuttosto un dato di fatto che mi limito a rilevare. Se negli anni precedenti al 1975 si pensò che l’italiano medio fosse più adulto che ragazzino a partire dai 18 anni, io ad ogni modo commenterei che oggi, con l’articolazione e la complessità che contraddistinguono la nostra società, anche 21 sono pochi per essere cittadini responsabili e consapevoli. Fabio Gagliardi fabio.akbar@libero.it L’abbassamento della età elettorale a 18 anni ebbe l’effetto di rendere elettori gli studenti dell’ultima classe della media superiore e di politicizzare ulteriormente le scuole: un rischio che, a mio avviso, sarebbe stato meglio evitare. Ma la misura era iscritta nei programmi di tutti i governi europei ed era diventata ormai «politicamente corretta». Le segnalo che l’Austria ha recentemente abbassato l’età elettorale a sedici anni e che è questo il problema con cui dovremo fare i conti d’ora in poi. Altro che tornare ai 21 anni.